Da diversi anni, ormai, vado poco al cinema. Non ho voglia di stare chiusa in un luogo chiuso, mi sento in gabbia. Non mi piacciono le multisala, dove, certo, è tutto nuovo, si può acquistare il biglietto da casa, si sta comodi, ma sono in periferia o fuori città, spesso dentro i centri commerciali, luoghi che amo ancora di meno, e che cerco di frequentare solo se strettamente necessario. Sono il prodotto deteriore dell'omologazione e della globalizzazione; e poi, quella profusione di pop corn e bibite gassate, quei bicchieroni pieni e pencolanti nelle mani, spesso non sospette, di quelli che hai davanti, quel continuo masticare e parlottare. Ormai non ricordo più quando chiuse, nella mia città, l'ultimo cinema in centro, dove spesso andavo allo spettacolo delle 16,30, da sola o con un'amica con i miei stessi gusti, che poco hanno a che vedere con grandi produzioni piene di effetti speciali, o con fantasy e fantascienza. Questione di gusti, niente più, non è detto che i miei siano migliori. Io mi annoio dove altri si divertono da matti, e altri si annoiano da matti, dove io sono in corrispondenza d'amorosi sguardi con quanto mi arriva dallo schermo. Vedo i film a casa, talvolta da sola, sempre per il discorso dei gusti di cui sopra. Certo non è la stessa cosa: il grande schermo ha tutto un altro fascino.
Ieri sera ho visto Gli equilibristi, un piccolo film che racconta una vicenda purtroppo assai frequente, le difficoltà e la disperazione di un uomo sui quarant'anni, molto ben interpretato da Valerio Mastrandrea, con una bella famiglia, un piccolo appartamento, (e relativo mutuo) un lavoro niente di speciale, ma pur sempre la garanzia di uno stipendio, che unito a quello della moglie gli permette di vivere senza lussi, ma dignitosamente. La famigliola quasi perfetta a un certo punto scoppia, i coniugi si separano e inizia per l'uomo, che deve lasciare la casa, cercarsi un altro alloggio e passare una quota in famiglia, una discesa infernale; si trova a vivere esperienze che fino a poco prima gli sarebbero sembrate quanto di più distante dal suo mondo, e invece erano lì, dietro la porta di casa. A volte sembra che certi fatti possano riguardare solo gli altri, finché non ci troviamo dentro noi stessi. A volte ci sembra che certi fatti, poiché non li abbiamo mai vissuti, non siano poi così gravi, finché non capitano a noi.
Tutto questo lungo preambolo per arrivare al dunque: ieri ho visto Gli equilibristi; oggi, è qui davanti a me, vedrò This Must Be the Place. Ho accettato il consiglio di Mimmo, come spesso mi accade, e son convinta che tra i mille motivi per cui lui lo consiglia, ce ne sarà più d'uno che sarà il mio motivo. Lo guarderò anche cercando di capire quale possa essere il suo motivo. Anche questo è un modo per proseguire nel tentativo di conoscenza, per continuare un viaggio affascinante, fatto di canzoni, di parole scritte, lanciate nel vento, di altre parole acciuffate in corsa, di immagini, di piccole intuizioni e di labili indizi, dentro e intorno al mondo di uno sconosciuto che mi è diventato familiare, e caro.
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