La foto ritrae una bambina degli
anni sessanta mentre posa accanto a Babbo Natale. Non so se accada ancora, ma
ai miei tempi, a scuola, una scuola ancora molto simile a quella descritta nel
libro Cuore, e ancora permeata, per alcuni aspetti, di retorica del ventennio,
capitava che arrivasse Babbo Natale. Molte bambine ci credevano, e la cosa
creava un certo scompiglio e una certa agitazione, e anche un po’ di
confusione. Ma come, Babbo Natale in giro, accompagnato da un fotografo, che
posa con i bambini? Non era inteso che dovesse arrivare la notte tra il 24 e il
25 e nessuno, ma proprio nessuno, lo dovesse vedere? Non tutte le domande hanno
risposte, e la maestra metteva a tacere le bambine dubbiose. “Su, veloci, che
dobbiamo riprendere a far lezione”. Iniziava la processione che partiva dal
banco, di quelli di legno, scomodissimi, alla lavagna. Processione silente.
Erano altri tempi, in cui durante l'ora di ricreazione si consumava la merenda in
classe, e si chiedeva il permesso per alzarsi in piedi e conversare, a bassa
voce s’intende, con le compagne preferite. Erano anche tempi in cui a scuola ci
facevano vedere Incompreso, che mi turba ancor oggi, figuriamoci allora.
La bambina della foto, una
bambina timida e molto diligente e disciplinata, almeno a scuola, che a casa
perdeva timidezza e freni inibitori, alla storia di Babbo Natale (o di Gesù
Bambino) non avrebbe creduto più proprio da quel Natale del 1967, perché la
mamma aveva dovuto raccontarle come stavano veramente le cose. “Mamma, spiegami
perché a Donatella, o Micaela, o Patrizia, Gesù Bambino ha portato dei
giocattoli bellissimi, e a me dei quaderni nuovi e un maglioncino, e un
bambolotto calvo, che non piange nemmeno. Le loro bambole hanno dei capelli
bellissimi, parlano, piangono e camminano. Hanno anche ricevuto delle nuove
borse di cavallino e il microscopio. Perché?” La mamma non sapeva come uscirne
e le parve giusto raccontare che in verità, Babbo Natale e Gesù Bambino, altro
non erano che i genitori o altri parenti dei bimbi. Le nostre possibilità di
spesa erano molto inferiori a quelle di certe compagne (bionde e con gli occhi
azzurri) e quindi dovevo accontentarmi di regali non proprio totalmente
voluttuari. Fine dell'età dell’innocenza.
Le compagnette ricche esibivano un gran numero di cappottini, di cappellini, di abiti da
Carnevale, e, come da copione erano francamente un po’ str…e. Non tutte, quasi.
La bambina dal sorriso in
evidente fase di assestamento, dalla posa un po’ rigida, che di lì a qualche
settimana non avrebbe più creduto a Babbo Natale, merita un risarcimento. Ora
che tanto tempo è passato, vuole crederci di nuovo, e gli ha dato un volto,
diverso da quello del signore buffo che la prende per mano, nella vecchia foto
di tanti anni fa. Eccolo qui, quello che lei immagina possa essere il vero
volto di un Babbo Natale particolare, che non si infila nei camini, e non
aspetta questo periodo per fare piccoli doni.
Non sono doni personali, sono per
chiunque decida di entrare nella sua casa virtuale sempre aperta, ma ciascuno
li può adattare al caso suo. Sono versi di canzoni, di poesie, riflessioni,
spunti per pensare o per permettere a chi li legge di esprimersi, foto,
disegni, ricordi e piccoli racconti, che testimoniano un desiderio di
condivisione, e un’indole che si sofferma sulle cose, che riflette, soppesa, pesca
dalla memoria, archivia e non butta via. Ogni volta è come scartare un
pacchetto regalo, come aprire una busta sorpresa, come trovare nella posta un
messaggio gradito o ricevere una telefonata in cui non speravamo. Una cosa
bella., una piccola gioia quotidiana, ed io mi nutro molto di piccole cose e
spesso le trasformo in piccole gioie.
Buon Natale. A Chiunque entri qui, non
solo per caso.