Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

domenica 31 marzo 2013

GIGANTI D'ABRUZZO

Sull'ultimo numero di "Bibenda", (N.44, marzo 2013) ho letto un articolo dedicato a un argomento che sta molto a cuore a Mimmo: il Montepulciano d'Abruzzo. L'autore: Daniele Maestri; il titolo: Montepulciano, il gigante d'Abruzzo. La foto a corredo dell'articolo: un primo piano delle zampone di un esemplare di Orso Bruno Marsicano, un altro gigante d'Abruzzo, terra ricca di giganti, ad esempio il Gran Sasso, o ad esempio... Mimmo. L'articolo, lungo e dettagliato, fornisce molte informazioni sulla storia del vitigno; cita diverse fonti bibliografiche, a partire da quelle più antiche, su questa eccellenza d'Abruzzo, e ne tratteggia l'evoluzione fino a giungere ai giorni nostri. Il discorso diventa via via più articolato, si allarga e partendo dal vino, racconta molti fatti sulla regione di Mimmo e su altri prodotti del territorio. 
Qualche settimana fa nella mia città, in pieno centro, è stato inaugurato un bel negozio, uno "spazio del gusto" dove ho trovato, tra gli altri, anche dei prodotti abruzzesi, ad esempio la pasta di uno storico pastificio di Roseto degli Abruzzi e una ottima birra artigianale di Spoltore: Roseto e Spoltore sono due luoghi noti e cari a Mimmo.
Ho pensato, visitando il negozio, che proprio su quegli scaffali mi piacerebbe trovare allineate le sue etichette, nel caso decidesse prima di tutto di farle circolare un po' di più, e poi di farle sbarcare nell'Isola. 
Insomma, come recita il proverbio, tutte le strade portano a Mimmo. Anche tutte le vie fluviali:  ho nuotato in fiumi di vino, ed essendo a tratti le acque un po' agitate, ho bevuto molto, uscendone salva, ma ebbra. Vado a recuperare un po' di sobrietà.

domenica 17 marzo 2013

IL TRENTA PER CENTO DEI SUOI PENSIERI É FATTO SOLTANTO...DI BIANCONERI

FOLGORATA PERDE OGNI RITEGNO E SPROLOQUIA DI CALCIO.

L'avevo già detto agli inizi che a me del calcio importa meno di zero. Nella scelta delle frequentazioni maschili, devo dire che mi è andata bene: ho avuto naso, fortuna, ho preso informazioni, non so che altro ancora. Non sono mai stata nemmeno amica, non sono andata nemmeno ad invaghirmi di un fanatico, non mi sono mai capitati fissati-dipendenti dal calcio, ma neanche gente almeno moderatamente appassionata del pallone. Un interesse moderato si può tollerare, ma mettere il calcio al centro della propria vita, come fanno molti, mi pare eccessivo. Ricordo conciliaboli il lunedì mattina, al lavoro, da scappare a gambe levate. Ricordo dibattiti e confronti accalorati, nel migliore dei casi, e nel peggiore risse sfiorate. Sono andata solo una volta allo stadio, per una "partita del cuore", cioè con fine benefico. Ricordo vagamente la presenza di una giunonica madrina che diede il calcio d'inizio, e poi riuscii a vedere davvero pochissimo. Non vedevo l'ora che finisse. Non essendo una marziana e nemmeno così integralista, qualche partita intera l'ho vista anch'io, in particolare in occasione dei Mondiali. Mi hanno anche spiegato qualche regola, ma, come dire, non riesco ad appassionarmi. La conoscenza delle regole però è da considerarsi un fatto di cultura generale. Negli anni d'oro della squadra della mia città, che vinse uno scudetto che qui è diventato mitico, emblematico di qualcosa che c'è stato e mai più ci sarà, a casa mia arrivò un ragazzo, che poi divenne marito della mia sorella maggiore, molto appassionato. Non so come, ma questa passione contagiò una parte insospettabile della famiglia: ho questo lontano ricordo di mia mamma che stirava, la domenica pomeriggio, in attento ascolto di Tutto il calcio minuto per minuto. In giro per le vie del centro, solo, serio e riservato, capita di incontrare il grande campione del tempo, che ha onorato la  nostra città della sua permanenza, per tutti questi anni. Gli vogliono bene, lo salutano, qualcuno lo ferma. Lui risponde, con un cenno del capo, un blando sorriso, un movimento della mano, e procede imperturbabile, con l'unica compagnia della sua sigaretta. Io so con certezza che non lo importunerò mai.
Del calcio mi importa quel che ho detto, ma soprattutto non mi piace che abbia perso il suo aspetto ludico e sia diventato un crogiolo di interessi economici, un mare dove nuotano somme spropositate di denaro, senza parlare di partite truccate, di doping. Dov'è il sano spirito competitivo, dov'è l'essenza stessa dello sport, la lealtà del gioco, il rispetto dell'avversario? Certo sono aspetti che non riguardano solo il calcio, ma lì il fenomeno sembra aver assunto proporzioni gigantesche.
Giungiamo al dunque. Al nostro Cantante. Ho scoperto in corso d'opera la sua fede juventina. Non so a che livelli di passione calcistica sia: per vedere una partita dei Bianconeri ha mollato Sanremo, ma questo non mi racconta molto. Ho visto che ha una grande stima di Baggio e di Del Piero, come sportivi e come persone, e posso condividere.  Spero dentro di me che non sia di quelli troppo fanatici, scalmanati che si accendono per motivi calcistici, o che si lasciano condizionare nell'umore per un giorno intero a causa di una mancata vittoria della squadra del cuore (si usa dire così, no?). Insomma, spero che il calcio assorba soltanto il trenta per cento dei suoi pensieri. Non di più.

Ecco qui l'inno ufficiale della Juventus. Mi sono documentata e ho scoperto che l'arrangiamento (non il testo) è di un componente storico della Nazionale cantanti. Cercatevi il nome.
Metterei anche il link per poter ascoltare l'Inno, ma tanto è una guerra persa. Cercatevelo,  anche questo, fate prima.

Certo se avessi scoperto che l'autore dell'Inno era Mimmo... forse mi sarei messa a studiare con impegno la storia della Juve (che un po' conosco, rispetto a quella di altre società: sarà un segno?).

Simili a degli eroi, abbiamo il cuore a strisce
Portaci dove vuoi, verso le tue conquiste
Dove tu arriverai, sarà la storia di tutti noi
Solo chi corre può, fare di te la squadra che sei. 

Juve, storia di un grande amore 
Bianco che abbraccia il nero
Coro che si alza davvero, per te
Portaci dove vuoi, siamo una curva in festa 
Come un abbraccio noi, e ancora non ci basta
Ogni pagina nuova sai, sarà ancora la storia di tutti noi
Solo chi corre può, fare di te quello che sei.
Juve, storia di un grande amore 
Bianco che abbraccia il nero
Coro che si alza davvero, solo per te
E' la juve, storia di quel che saro'
Quando fischia l'inizio
Ed inizia quel sogno che sei
Juve, storia di un grande amore 
Bianco che abbraccia il nero
Coro che si alza davvero
Juve per sempre sara'
Juve, storia di un grande amore 
Bianco che abbraccia il nero
Coro che si alza davvero
Juve per sempre sara'
Juve, juve per sempre sara'
Juve, juve per sempre sara' 

lunedì 11 marzo 2013

QUELLI CHE BENPENSANO


Mimmo cita sempre questa canzone come esempio di testo profondo, intelligente, moderno, diretta espressione del tempo vissuto da chi lo ha scritto; ne loda la forma e il contenuto, così come manifesta sempre la sua stima incondizionata e il suo affetto all'autore.
M. non è di quelli che si sottrae di fronte alla possibilità di lodare colleghi più giovani di lui di cui ha stima, e se qualcuno gli dicesse che è generoso, forse risponderebbe che non si tratta di generosità, che la generosità non c'entra nulla, ma che  semplicemente esprime  ciò che pensa. 
Se non ricordo male, quando F. era stato suo ospite, in una delle quattro serate al Teatro Golden  (30 marzo-2 aprile 2011) avevano cantato insieme questa canzone, e per un po' era girato in rete il video. Mi ricordo di Mimmo col megafono, che cantava il ritornello, o magari me lo sono semplicemente immaginato. Non se se devo preoccuparmi, ma talvolta confondo sogno e realtà, non so se qualcosa sia accaduta nella realtà, o solo nei miei sogni, o nella mia testa.
In ogni caso, ho cercato disperatamente quel video, evidentemente artigianale, girato da qualche spettatore, e non l'ho più trovato. Se mai c'è stato, non c'è più.
Per una che si occupa di Mimmo, con mille dubbi e risultati incerti e discutibili,
sembra doveroso rendere omaggio a questa canzone che Lui ama tanto. Lo faccio con un certo ritardo, ci pensavo da tempo.
Non sono proprio una  ardente estimatrice di F., a dire il vero non ritengo di conoscerlo in maniera adeguata, ma condivido il giudizio su "Quelli che benpensano." Mi sembra molto bello anche il video ufficiale.
Non cediamo alla tentazione di tirarci fuori dal mucchio di "Quelli che benpensano", In molti casi siamo noi a far promesse senza mantenerle mai, e non solo. Insomma, per intenderci, è sempre valido il vecchio discorso della pagliuzza e della trave, però tra le categorie enumerate nella canzone, quelli da da cui prendo maggiormente le distanze, che proprio non sopporto, sono quelli arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti.
Ho messo il link del video, spero parta cliccandoci sopra, (a volte non accade, almeno a me...) altrimenti è facilissimo trovarlo. 


http://www.youtube.com/watch?v=vrpJB7ucC5Y



Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi a far promesse senza mantenerle mai se non per calcolo, il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile, la posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere e non far partecipare nessun altro, nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro: niente scrupoli o rispetto verso i propri simili perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili. Sono tanti arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti, sono replicanti, sono tutti identici guardali stanno dietro a maschere e non li puoi distinguere. Come lucertole si arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano. Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno, spendono, spandono e sono quel che hanno. 
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio... 
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio... 
...e come le supposte abitano in blisters full-optional, con cani oltre i 120 decibels e nani manco fosse Disneyland, vivon col timore di poter sembrare poveri, quel che hanno ostentano e tutto il resto invidiano, poi lo comprano, in costante escalation col vicino costruiscono: parton dal pratino e vanno fino in cielo, han più parabole sul tetto che S.Marco nel Vangelo e sono quelli che di sabato lavano automobili che alla sera sfrecciano tra l'asfalto e i pargoli, medi come i ceti cui appartengono, terra-terra come i missili cui assomigliano. Tiratissimi, s'infarinano, s'alcolizzano e poi s'impastano su un albero, boom! Nasi bianchi come Fruit of the Loom che diventano più rossi d'un livello di Doom... 
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio... 
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio... 
Ognun per se, Dio per se, mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica, mani ipocrite, mani che fan cose che non si raccontano altrimenti le altre mani chissà cosa pensano, si scandalizzano. Mani che poi firman petizioni per lo sgombero, mani lisce come olio di ricino, mani che brandiscon manganelli, che farciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli. Quelli che la notte non si può girare più, quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan la tv, che fanno i boss, che compran Class, che son sofisticati da chiamare i NAS, incubi di plastica che vorrebbero dar fuoco ad ogni zingara ma l'unica che accendono è quella che dà loro l'elemosina ogni sera, quando mi nascondo sulla faccia oscura della loro luna nera... 
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio... 
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio...


FRANKIE HI-NGR MC
QUELLI CHE BENPENSANO, 
DALL' ALBUM LA MORTE DEI MIRACOLI (1997)

mercoledì 6 marzo 2013

MIMMO METALLARO


Nell'attesa che il futuro carico di doni di Mimmo, arrivi, per fornirmi nuovi spunti (Il futuro sembra lì, ma non arriva mai) io continuo imperterrita a saccheggiare il passato. L'altro giorno in maniera del tutto fortuita, (in mille occasioni ho utilizzato i giornali come strumento di ricerca finalizzata a Mimmo, sto lavorando a un pezzo che ricostruisca la sua carriera attraverso i titoli di quattro testate, ma il caso ha voluto che al lavoro mi imbattessi, per altri motivi, in un volume rilegato de La Repubblica dell'aprile 1985) ho trovato questo vecchio articolo, corredato di foto (una foto utilizzata i molte occasioni, Mimmo alle tastiere, maglietta bianca, giacca scura e jeans, e, intuisco, molte spillette sul bavero: forse era la mise del momento) che desidero proporre. Pubblicato su La Repubblica del 17 aprile 1985, ci racconta di un gremito concerto di Mimmo al Teatro Olimpico. L'autore è Gino Castaldo.

QUANTA GRINTA IL 'NUOVO' LOCASCIULLI ANCHE TROPPA

Incredibile, ma vero: quello che una volta era il timido, impacciato cantautore Mimmo Locasciulli, si è trasformato in uno scatenato intrattenitore. Chi ha seguito passo passo la sua carriera, ha certamente provato un piccolo shock quando sul palco del teatro Olimpico si è cominciato a levare del fumo (sì, proprio il fumo che si usa nei concerti rock), sonorizzato da un suono elettronico basso e inquietante. Molti hanno pensato di aver sbagliato teatro, ma i dubbi sono stati dissipati quando, accolto da uno sfarfallìo di fari colorati, è apparso Locasciulli, regalando al pubblico di fans che gremiva l' Olimpico una verve insospettabile, un' energia da vendere e, soprattutto, l' inedita capacità di fare spettacolo. Se, dunque, nei concerti del passato, il cantautore sembrava imbarazzato e a disagio, quasi volesse scusarsi col pubblico di essere lì a rubare l' attenzione della gente, ora ha assunto un imperioso tono affermativo, la convinzione del suo ruolo di musicista. E così, sotto questa nuova luce, abbiamo ascoltato Locasciulli riproporre le sue migliori canzoni, accompagnato da un quartetto di solidi e vigorosi solisti, capaci di spingerlo fino ai limiti del più sonoro rock. Eccitata da questa base piena di forza, la sua voce, che è tra le più belle e ricche di espressione della nuova canzone italiana, si è liberamente mossa tra la delicata ispirazione de Gli occhi ("...perchè per dormire devo fingere di sognare, di sognare che gli occhi sono navi lanciate nel mare" e il giocoso country di Pixi dixie fixi, tra l' ironia di Buoni propositi, e i doppisensi di Il treno della notte e la dolce sensualità di Piccola luce, uno dei suoi pezzi più noti e riproposto, tra l' altro, nel nuovo album appena pubblicato da Locasciulli, dal quale abbiamo ascoltato alcuni pezzi, tra cui Caterina (dovuto alla firma di De Gregori) e Buona fortuna, il pezzo che era stato presentato a Sanremo. Definitivamente, Locasciulli ha voluto vestire i panni del rocker, cercando raucedini alla Tom Waits e piccole trasgressioni ai clichè della canzone d' autore. Ha anche suonato come un forsennato, svisando sulle sue tastiere, incitando i suoi compagni a scatenarsi in assolo. Tutto bene, se non fosse che questa imprevista liberazione è andata spesso oltre le righe, svalutando talvolta questa nuova sorprendente padronanza del palcoscenico. Come un timido che si libera delle sue inibizioni, ma finisce per esagerare, Locasciulli ha dimenticato strada facendo la misura di questo nuovo corso, suonando troppo rock, e alla fine in modo ripetitivo, e soprattutto troppo in assoluto, concedendosi al suo pubblico osannante per più di due ore, e senza intervallo. Il pubblico, certo, non si è tirato indietro, ma il pubblico è per natura vorace e insaziabile. Sta al protagonista dello spettacolo trovare la misura per non creare inutili indigestioni. Unica pausa è stata la presentazione di Roberto Kunstler che ha avuto spazio per due canzoni, perpetuando un meccanismo che a suo tempo nei concerti di De Gregori era servito a lanciare lo stesso Locasciulli. Ad un certo punto, dopo che il cantautore era passato nientemeno che alla chitarra elettrica, rinforzando l' intenzione rock del gruppo, dalla platea si è levato un grido: "Mimmo metallaro!", detto con grande affetto, ma con ironica preoccupazione.




lunedì 4 marzo 2013

IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI?

In questi giorni uso la ragione come mai nella mia vita. E penso, penso e penso ancora. Mi stupirò di me stesso, credo...


La frase di Mimmo che ho appena riportato, mi ha immediatamente richiamato alla mente la celebre incisione di Goya, Il sonno della ragione genera mostri. Questa associazione mi ha portato a darmi la seguente risposta: M. usa la ragiona come non mai, perché è ben conscio di come il sonno della ragione possa generare mostri, soprattutto in tempi come quelli attuali, in cui, per molti, la ragione sembra essere stata soppiantata da una congerie di atteggiamenti e comportamenti che ne sono l'assoluta negazione. L'uso della ragione come dovere morale e assunzione di responsabilità, dunque.

Questa è una prima ipotesi, forse troppo razionale. Sarà davvero così avvertita e intenzionale, così razionale, questa attitudine a usare la ragione? Sarà scaturita da una decisione meditata, da una assoluta necessità? Sarà astratta, o sarà invece legata a qualcosa di contingente, che inevitabilmente lo porta a privilegiare la scelta dell'utilizzo e della supremazia della ragione, per giungere a una qualche soluzione, di cosa non è dato sapere? 

Spesso io stessa vorrei farmi pensiero, per poter entrare inosservata e autorizzata nei pensieri della gente. In questa caso la curiosità è forte. Di che ordine saranno, questi pensieri? Sarà una mera speculazione sull'ordine delle cose, avrà a che fare con l'uomo nel nobile atto di interrogarsi sull'universalità dei suoi comportamenti, pur nella particolarità? Avrà un legame più stretto con ciò che accade intorno o ciò che avviene dentro? Non lo so, so solo che non potrò mai farmi pensiero per entrare nei pensieri di un altro, e che qualsiasi pensiero gli possa attribuire, esso sarà sempre condizionato più dai miei pensieri che non da quelli dell'altro, per quanto io possa pensare di avere un intuito particolare per coglierli, e l'altro possa mettermi a disposizione una buona serie di indizi.

Mi sono posta delle domande sul senso della frase, ma poi mi soffermata a riflettere sull'uomo pensoso, ritratto in una occasione formale. Ne ho osservato l'espressione, pensosa, appunto, e ancora vagamente malinconica, ma sorge il dubbio che si tratti di lieve disagio davanti all'obiettivo, oppure di una piccola burla, perché sotto sotto aleggia un sorriso. Ne ho osservato con frivola attenzione i particolari esteriori, (lo faccio sempre quando pubblica una nuova foto: ma quella camicia nera con gli inserti d'oro???) i dettagli, i gemelli da polso, perfettamente in sintonia con l'ambiente raffinato e luminoso. Dov'era? Sembra quasi un prima o un dopo di una occasione conviviale, un momento di quiete prima che arrivi qualcuno, o subito dopo il saluto dell'ultimo ospite... Forse tra un po' le luci si faranno più smorzate, la cravatta verrà allentata, e i pensieri inizieranno a rincorrersi, giocosi, lievi, caotici e armonici a un tempo, e intrecceranno una danza a tratti lenta a tratti sfrenata, diventeranno parole, forse di una lettera che non verrà mai spedita, forse di una poesia, forse di una canzone.

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