Questa notte son volata sulla luna
per carpire i segreti
della sua fortuna.
Cos'è che ti rende così amata
o luna gentile,
e tra le belle la più cantata?
Solo a te lo confido:
un po' di mistero
seduce anche l'uomo più altero!
In fondo mi fido
ma tu, se un po' vuoi colpire,
impara da me:
ogni tanto scompari
ecclissati
fatti inseguire!
Fa' un po' la preziosa
e te lo assicuro
qualcuno, la notte, per te
già più non riposa.
Mi sono messa in testa di fare un lavoro folle: leggere tutte le canzoni di Mimmo Locasciulli allo scopo di verificare in quante di esse fossero presenti i suoi "topoi", o per usare un termine meno ostile e pretenzioso, le sue tematiche ricorrenti. Intendo parlare di luna, stelle, cani, occhi, della notte che può anche esplodere in un fandango e del tempo, che implacabile s'arrotola sul domani. Mi sono perfino messa ad annotare quante volte ricorressero questi elementi, e posso tranquillamente sostenere che si fa prima a dire in quante canzoni non ne appaia almeno una volta, almeno uno, che non quante volte appaiano nelle altre: in alcune è possibile trovarli tutti contemporaneamente. A un certo punto del lavoro, pur animata da grande buona volontà, mi sono fermata e mi sono rifiutata di continuare in un'operazione noiosa e poco divertente, utile solo per fini statistici. Una cosa fredda e computistica, che è quanto più lontano possibile dal mio modo di essere. Allora lasciamo da parte i freddi dati, e non diamo numeri. Limitiamoci a ribadire che sono davvero poche le canzoni in cui non compaia almeno uno di quei "topoi" cui abbiamo fatto riferimento prima. Molto presenti sono anche il viaggio, le luci, le finestre e le porte, aperte e chiuse, i caffè, i lunapark, gli uccelli, siano essi aquilotti o cornacchiette o uccellini che pescano col becco la carta della fortuna, che insieme con gli uomini che li accompagnano, ormai abitano solo nell'immaginazione del Nostro. La pioggia bagna spesso le sue canzoni, rese umide anche da brume e nebbie; vi si respirano atmosfere malinconiche di locali un po' retrò, l'allegria casareccia e sensuale delle balere con l'orchestrina, il calore delle case, le fiamme dei camini. Una trattazione a parte meriterebbero gli occhi: occhi aperti, chiusi o socchiusi, con dentro un lampo di magia o un soffio di follia. Una canzone bellissima, che tutti noi conosciamo, si intitola appunto Gli occhi, ed è difficile dichiararsi insensibili a quella riuscitissima immagine degli occhi che pagano da bere, per non restare soli a chiacchierare, come per qualcuno è difficile non sentire i propri, di occhi, inumidirsi nell'ascoltare questa canzone. Io li avrei i numeri per contare le stelle che mi dai, ma ho deciso di non utilizzarli, e di lasciarle in un vago mucchio, dove riesco a distinguere quelle piccole, di vetro, d'argento, e siccome sono veramente tante me ne porto via due tasche: senza procurare danni eccessivi, anche se ne ho fatto cadere qualcuna, ne è rimasta una gran quantità. Io però questo scritto, in particolare, vorrei dedicarlo alla luna, grande amica di Mimmo, che con lei ha un vero feeling, e ne subisce il fascino, al pari di quello della notte, che della luna è sorella. Un certo numero di canzoni è intitolato alla luna, (Cala la luna, Stupida luna, Luna vagabonda) ma numerosissime sono quelle in cui la misteriosa sorella della notte è citata almeno una volta.
Mimmo non è il solo sedotto dalla luna; da che mondo è mondo, tutti i poeti di qualsiasi tempo, cultura, lingua e latitudine l'hanno cantata; non solo i poeti, tantissimi autori di canzoni fanno della luna uno dei temi ricorrenti: ma come mai tanto interesse per la luna? La luna è femmina e di molte femmes fatales ha le caratteristiche: è misteriosa, incostante nella sua constanza, o costante nella sua incostanza, come preferite; mutevole, capricciosa, impenetrabile, muta, sfuggente, fulgida tonda e materna, ma anche snella e androgina, algida e altera come una regina e pettegola come una comare. Fa compagnia, rischiara con la sua presenza, è complice di incontri amorosi e un po' ruffiana, ma anche capace di grande riservatezza: talvolta si assenta, stanca di far bella mostra di sé, si mette un velo nero addosso e per un po' lascia la notte sua sorella nella disperazione più cupa. Poi le viene di nuovo voglia di danzare e di vestirsi di bianco, di pizzi e di veli chiari. C'è una bellissima parola in dialetto napoletano, 'nzallanuto, (inselenuto) che sta ad indicare un uomo cui la luna (Selene) abbia rubato la capacità di pensare. Io non la conoscevo questa parola: l'ho imparata leggendo un libro di Domenico Starnone, Prima esecuzione. Chissà se nel dialetto abruzzese c'è una parola simile. Il termine non lo conoscevo, ma il concetto è chiaro e diffuso: si riconosce alla luna la capacità di suscitare fascinazione al punto tale che per lei si può anche impazzire, come per una donna fatale, appunto.
Mimmo riserva alla luna tanti aggettivi e tante espressioni: stupida, vagabonda, gobba malandrina e complice, crocerossina del cielo, fiaccola di mezzanotte; in mezzo al cielo è un buco giallo, o un buco a mezza strada nel cielo; è oggetto di scambio (ti dò pure la luna per un'ora d'amore) la sua falce illumina la sera, ma quando si assenta si può cogliere l'occasione per contare le stelle, finalmente senza concorrenti, (e conterai le stelle nella notte senza luna). E non bisogna scoraggiarsi se è un po' difficile da raggiungere, perchè la luna è bella pure quaggiù. Perchè lo ispira tanto bisognerebbe chiederlo a lui. Sarà lunatico, Mimmo? Ci saranno dei momenti un cui è meglio stargli alla larga e non rivolgergli la parola? Ce ne saranno altri in cui invece è molto molto disponibile? Molti artisti lo sono, un po' umorali, intendo: un momento non ti guardano nemmeno, poi come per magia diventano affettuosi e gentili, per tornare immediatamente dopo inavvicinabili. Come sia davvero quest'uomo, io non posso saperlo. Trasmette l'impressione di una persona equilibrata, ma non ci metterei la mano sul fuoco: siamo tutti delle scatole cinesi e spesso ciò che appare non corrisponde all'essenza di una persona, che è un altro mistero inafferrabile, talvolta oscuro anche alla persona stessa.
Per rendere omaggio al nostro artista, che di questo son certa, ha una bella personalità in cui coesistono concretezza e determinazione ferrea da un lato e aspetti più aerei di sensibilità e passione dall'altro, desidero pubblicare Stupida luna, (Adesso glielo dico, 1989) dove forse è possibile trovare anche una risposta al perchè la luna lo attragga tanto: E qualche volta ci hai mai pensato/Che in fondo in fondo ti somiglio un poco/E sto a parlarti come se fosse un gioco/Ma un gioco non è stato mai/E lo so che un giorno mi risponderai/Che questo gioco è tutto quello che hai/E ti consoli a raccontare di te/Come quando ti parlo di me. Certo, la canzone è di vent'anni fa, e siccome tutto cambia e scorre, magari i motivi che lo legano alla luna oggi sono altri, chi può dirlo!
Perchè la canzone di Mimmo avesse degna compagnia, ho convinto due poeti a dare il consenso per la pubblicazione su queste pagine di una loro poesia dedicata alla luna. Il primo poeta si chiama Marià Manent, (Barcellona, 1898-1988) il secondo Antioco Casula, (Desulo, 1878-1957) noto con lo pseudonimo di Montanaru. L'uno è catalano, l'altro sardo di Barbagia. Non a caso ho evitato di inserire qui poesie di nomi molto più noti. Essi sono espressione di due culture e di due lingue importanti, ma minoritarie, e come tali da salvaguardare: i Catalani mi pare lo facciano molto bene, i Sardi hanno tanto da imparare. Le pubblico in lingua originale e in traduzione.
Per avermi fatto conoscere la poesia di Marià Manent ringrazio Esther Surinyach, che ne ha curato una bella traduzione.
STUPIDA LUNA
Testo e Musica di M. Locasciulli
© 1989 Edizioni Musicali Piccola Luce/ BMG Ricordi
Stupida luna vagabonda del cielo
Perché non mi rispondi mai
Ce l’hai qualcuno che ti può sentire
E che gli dici quello che hai
Ore e ore così lontana
Chiusa negli affari tuoi
Nessuno conosce i tuoi segreti
Nessuno sa quello che vuoi
E conti i giorni o conti le notti
O il tempo lo consideri
Solo una stagione che cambia
Solo un istante che va
E non ti viene mai paura
Di ritrovarti vecchia e sola
Prigioniera dentro una malattia
Che ti consuma e ti si porta via
Stupida luna che sali e che scendi
Come un cameriere di hotel
E ti trascini qualche sogno perduto
Che ognuno reclama per sé
In quante lingue hai sentito cantare
E in che lingua scrivi poesie
E dove vai quando ti lasci andare
Nei ricordi e nelle fantasie
Dimmi se qualche lacrima
Ti è caduta sopra qualche nuvola
E rotolando è diventata pioggia
Per queste notti di malinconia
Dimmi se qualche lacrima
Ti è scivolata sulla ferrovia
Quando è passato il treno dell’amore
Che il mio amore s’è portato via
Dammi una mano a resistere
Io non voglio cadere più giù
Dammi una mano a non perdere
Voglio solo tirarmi su
Stupida luna non te ne frega niente
Di tutti i problemi che ho
Chiusa nella palla della tua esistenza
Non mi ti fili nemmeno un po’
Forse sei timida e silenziosa
E allora è pure meglio così
Perché non rischi di essere ferita
Dai criminali che si incontrano qui
E qualche volta ci hai mai pensato
Che in fondo in fondo ti somiglio un poco
E sto a parlarti come se fosse un gioco
Ma un gioco non è stato mai
E lo so che un giorno mi risponderai
Che questo gioco è tutto quello che hai
E ti consoli a raccontare di te
Come quando ti parlo di me
Dammi una mano a resistere
Io non voglio cadere più giù
Dammi una mano a non perdere
Voglio solo tirarmi su…
Aiutami tu
Siamo come le lucciole
Piccoli fuochi nell’oscurità
Lontani mille e mille chilometri
Ma randagi nella stessa città
E ognuno con le sue favole
Dietro alle stesse nuvole
Siamo vagabondi su un cavalcavia
Che fischiando se ne volano via
Dammi una mano a resistere...
Lluna de gener
A fora fa una nit d'argent molt clara
i jo arraulit vora del foc mesquí;
la lluna està vetllant com una mare
el llogarret, l'alzina, l'estany que s'adormí.
Prou sento com un desig amara
el meu cor, i em voldria deixondir,
i caminar sota la lluna clara,
pels senderons on brilla, gebrat, el romaní.
Però m'estic a la vora del meu foc mesquí.
Marià Manent (1898-1988).
Luna di gennaio
Fuori c'è una notte argentata molto chiara
e io sono rannichiato vicino al fuoco modesto
la luna fa la guardia come una mamma
sul paesino, la quercia, lo stagno che si e' addormentato.
Sento benissimo un desiderio che impregna
il mio cuore, e mi vorrei dare una mossa,
e camminare sotto la luna chiara,
nei cammini dove luccica, ghiacciato, il rosmarino.
Eppure rimango vicino al fuoco modesto.
Est una notte 'e luna
Est una notte 'e luna
de cuddas lunas de atonzu giaras
chi candu tue t'acciaras
a la ider andare
isperas novamente in sa fortuna.
Hat piopidu tantu
tottu sa die, pariat sa terra
in s'adde e in sa serra
tra sos fenos siccados
bestida de antighissimu piantu
Ma ecco in su serenu
avanzare sa notte; giaru chelu
risplendere; e che velu
de isposa, sa luna,
bestit de biancore onzi terrenu.
Antioco Casula "Montanaru"
E' una notte di luna
E' una notte di luna
di quelle chiare d'autunno
che quando tu ti affacci per vederla vagare
nuovamente speri nella fortuna.
E' piovuto tanto
tutto il giorno, pareva la terra
nella valle e sul monte,
tra fieni disseccati,
rattristata da antichissimo pianto,
Ma ecco nel sereno
avanzare la notte, chiaro cielo
risplendere, e la luna,
candida come velo di sposa,
riveste di fulgore ogni terreno.