Mimmo (mi corre l’obbligo di dire che sto dando libero sfogo alla fantasia, ma il mio racconto potrebbe trovare riscontro nella realtà) indossa un paio di comodi pantaloni di velluto, una camicia di flanella a quadrettoni, un cappellaccio da brigante, e di buon passo (due passi al secondo, falcata lunga) va a cogliere i cascigni. Ne riempie due bei bustoni. Li porta a casa e ordina (con gentilezza) alla fantesca, quella che vorrei tanto sostituire quando andrà in pensione, o almeno affiancare come avventizia, di lavarli per bene. Esce di nuovo, questa volta con un bel cesto, e va nel bosco a cercare funghi. A lui piacciono molto gli spinaroli, che io non sapevo manco cosa fossero. Per quello devo ringraziare Guido Piovene, che nel suo Viaggio in Italia, ci racconta “Se ci spingiamo fra i monti, a Penne potremo mangiare quei cibi tradizionali che ormai scompaiono, i maccheroni alla chitarra, le minestre condite con erbe aromatiche inconsuete, ed i piccoli funghi spinaroli. Si scovano nelle montagne in cespi fitti nascosti da un velo di terra e segnalati dal rigonfio.” Piovene scriveva nel 1957: pare che ora gli spinaroli, così detti perché nascono in terreni dove crescono pruni e rovi, di cui sono simbionti, siano assai più rari di un tempo. Pare anche che inizino a nascere per San Giorgio, il 23 aprile, e quindi se Mimmo ci va in questa stagione, in giro per il bosco in cerca di funghi, penserà a quanto sarà bello per San Giorgio imbattersi in una famigliola di spinaroli (calocybe gambosa, o anche lyophillum/Tricholoma georgici) ma si accontenterà di altre varietà, altrettanto buone per condire gli spaghetti alla chitarra, che non è come potrebbe pensare qualcuno quella mitica comprata a Perugia, con la custodia di cartone, ma un apposito strumento di legno cui sono fissati dei fili d’acciaio, (o altro metallo?) sui quali si stende la sfoglia di pasta. Esercitando una pressione con il mattarello, si ottengono degli spaghetti a base quadrata da condire con ragù, in particolare di castrato, che a Mimmo piace molto, o con i funghi, o in altro modo. Io ad esempio, a Penne, ho mangiato gli spaghetti alla chitarra con zucchine e funghi. La pasta era squisita, ma i funghi erano, ahimé, champignons, che nei ristoranti dovrebbero essere vietati: meglio non preparare piatti a base di funghi quando si hanno a disposizione solo quelli coltivati. Allo stesso modo dovrebbe essere vietato utilizzare la cosiddetta polpa di granchio, o surimi, un impasto di scarti di merluzzo, latte e coloranti, nelle trattorie e ristoranti delle città di mare, la mia in testa. Io mi infurio sempre quando ordino un’insalata di mare, o un risotto alla pescatora, e mi trovo questo succedaneo tra gli ingredienti. Il ristorante è depennato dalla mia lista, ma così facendo, alla mia portata, ne restano sempre meno. Molti miei concittadini mangiano tutti contenti e si stupiscono della mia indignazione.
Tra una raccolta di cascigni, e una di funghi, e una mia digressione, si è fatto un po’ tardi. Mimmo deve rientrare: lo attende l’accogliente cucina, un certo numero di ospiti in carne e ossa, e poi noi, ospiti virtuali della sua mensa. Ve l’ho fatta desiderare, la zuppa, intenzionalmente, solo perché la possiate gustare di più.
E ora Mimmo, va benissimo rilasciare qualche lunga intervista, va bene avere tante idee in testa, ma ti imploro, vai oltre le dichiarazioni programmatiche, quaglia, produci: smuovi un po’ le acque, che mi servono spunti di scrittura. Altrimenti a questo punto, non mi restano che due vie: o continuare con le voci del dizionario, e sarò costretta a tirare in ballo pure il calcio, o raccontare la tua esistenza nel liquido amniotico; anzi, ora che ci penso, potrebbe essere un post davvero interessante…