Esco, dunque qualche giorno fa, e trovo una copia (unica) del libro su Stefano Rosso. Lo apro subito per scoprire dove sia il Cd, che a tutta prima non svela tracce di sé, e lo trovo nella sua custodia di cartone in mezzo alle pagine. Mi metto a curiosare: la parte più strettamente giornalistica, a cura dell’autore di Sognadoro e altre storie – nota biografia di Mimmo che ha avuto il suo imprimatur - a cui evidentemente le storie piacciono molto, perché compaiono anche in altri titoli dedicati ad altri autori: anche nel libro su Rosso c'è un capitolo intitolato Lo spinello e altre storie (più o meno disoneste). C’è tutta la discografia di Stefano opportunamente commentata dall’autore, ci sono le notizie biografiche e artistiche essenziali date con sobrietà, perché l’autore proclama la sua distanza da chi, nello scriverne, fa le pulci ai cantanti.
Infine i contributi degli amici, produttori, giornalisti, musicisti e cantautori che lo hanno conosciuto e frequentato, tranne uno, Lolli, che personalmente non lo ha mai conosciuto, ma riesce a scrivere su di lui un pezzo sobrio e coinvolgente. Ciascuno degli amici ne ricorda le caratteristiche, gli aspetti salienti e una serie di episodi vissuti insieme.
Mimmo esce un po’ da questi schemi e ci mette di fronte a una possibile serie di scatti fotografici o di sequenze di film che raccontano una canzone di Stefano. Ricorda l’amico senza citare ricordi comuni, in un modo a lui congeniale. Avrei riconosciuto che era un pezzo suo anche se fosse stato anonimo.
Ecco, questo potrebbe essere il soggetto di un film, o la trama di un romanzo. È invece lo svolgimento di una poco conosciuta canzone di Stefano Rosso. Ma è un po’ come la sua vita. Metteteci attorno una erre moscia che stona dentro un parlare “romanaccesco”, una tonnellata di tic, una sotterranea genialità, una barbetta confusa su una faccia a metà tra lo zingaro e il cortigiano della Roma papalina, uno sbattere ritmico e continuo di ciglia, una fragile vulnerabilità, il vino, un disorientato talento umano, i lupini, le coppie, Via della Scala, “mio padre diceva…non ricordo più”, due amici la chitarra e lo spinello, la continua urgenza di qualcosa, l’odore delle osterie, gli anni Settanta, chissà cos’altro ancora e voilà: “A Ste’, ma che fai, parti?”.
Infine l’ascolto del Cd. Canzoni che non avevo mai sentito prima, come la canzone dei mesi, che in realtà s’intitola Canzone per un anno, tema che attrae i cantautori, oppure la canzone nata in una pensione milanese, scaturita dalla provenienza di strani rumori dalla stanza a fianco (Gina blues). Poi quella in cui racconta con sincerità e ironia di un periodo non proprio positivo della sua vita, quella dei medici burloni*** (Neurologico Reggae). Le altre più note, qualche pezzo non suo. Qualche piccolo racconto di Stefano tra una canzone a l’altra, con quella sua voce così facilmente riconoscibile, al pubblico convenuto al Folkstudio nel 1993, epoca della tarda maturità del locale che chiuse l’attività nel ’98, ma che è rimasto sempre aperto nella testa e nel cuore dei ragazzi che lì si sono incontrati e hanno in molti casi mantenuto rapporti e legami; spesso il collante è stata proprio l’esperienza comune vissuta lì dentro.
Ecco il testo di Odio chi
Odio chi va al mare la domenica, io neanche il lunedi
odio chi va a spasso con la moto mentre io rimango qui
odio chi ha il proiettore in casa per veder film svedesi
odio chi si compra un'automobile una volta ogni sei mesi.
Odio chi compra i calzoni come i miei ma a molto meno
odio chi quand'è che parto sta a fregarmi il posto in treno
odio chi ha una bella moglie che gli smania delle voglie
e siccome l'ha il mio amico, cosa faccio e che le dico?
Odio chi prende a calci i cani e a casa ha il pesciolino in vasca
odio chi si sposa e da una mano al cuore e l'altra sulla tasca
odio chi continua a raccontarmi che si è fatto la casetta ma così..."
mangiare poco e stare attento ad ogni sigaretta".
Odio chi va a messa la domenica e poi picchia i figli
chi in finestra sta a sparlare mentre sta innaffiando i gigli
odio chi mi dice quando che mi incontra per le scale
"non ti vedo tanto bene, ma che c'hai, ti senti male?".
Odio chi sta sempre a raccontarmi tutti i film prima visione
odio chi fa sciopero perchè l'ha detto la televisione
odio chi è un tipo serio solo quando sta telefonando
odio chi mentre sganascia un pollo "poverino il terzo mondo".
Odio chi fischia a un concerto, chi impazzisce per la moda
odio chi ha il passato incerto e chi ha il gatto senza coda
odio chi ha un miliardo in banca o un futuro senza rischi
chi è tranquillo sulla panca e chi non compra i miei dischi
*** Si tratta di una mia evidente imprecisione: questi "medici burloni" che mi sono tanto piaciuti si trovano in "Canzone per un anno".