Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

venerdì 31 agosto 2012

ULTIMA USCITA D'AGOSTO




Di tanto in tanto, anche se non con la frequenza e il trasporto degli inizi, in cui tutto era una eccitante novità, continuo a svolgere le mie ricerche sul Cantante. Gli archivi dei giornali (ne ho già parlato più volte), sono una preziosa miniera che nasconde ancora qualche filone inesplorato. Per chi si occupa di qualcuno, anche in termini diversi dai miei, in maniera, potrei dire, non tanto più seria, quanto finalizzata a un progetto di studio vero e proprio, possono costituire una fonte inesauribile. Non mi riferisco soltanto ad articoli dedicati,  recensioni  o interviste, ma perfino a piccoli trafiletti che pubblicizzano spettacoli, concerti, recital. Si possono ricavare notizie interessanti anche per svolgere un’indagine di costume sul periodo esaminato. Attraverso la lettura di uno di questi trafiletti, ad esempio, ho scoperto che a dicembre del 1983, nel pieno della popolarità dei fortunati album "Intorno a trentanni" e "Sognadoro", rispettivamente del 1982 e del 1983, Mimmo si esibiva al Teatro dei Satiri per quattro giorni consecutivi. Se vogliamo parlare di aspetti spiccioli, il costo del biglietto era di cinquemila lire. Non so bene come si svolgessero i suoi concerti allora, se amasse intrattenere il pubblico come fa ora tra una canzone e l'altra, o se la comunicazione fosse tutta affidata solo alla musica. Se penso che proprio in quei giorni passai da Roma, ignara di tutto, mi coglie una rabbia retroattiva nei confronti della me stessa di allora, che evidentemente, pur essendo ascoltatrice compulsiva di "Sognadoro", non aveva la mentalità del partire per seguire il concerto di chicchessia: Mimmo non faceva eccezione.

…Volevo saperne di più su "L’attesa", e una ricerca casuale mi ha aiutato: tra le canzoni di "Idra" è una di quelle che mi è rimasta dentro fin dai primi ascolti. Mi aveva sfiorato un dubbio, circa il significato più profondo di questa canzone, che mi pareva andasse oltre un momento di riflessione un po’ malinconico di un uomo alle prese con un bilancio della sua vita. Già in un breve scritto Mimmo, che ama utilizzare la metafora della corriera, così si esprime E così un giorno, quasi senza rendermene conto, mi sono trovato a salire su questa specie di corriera. Adesso mi affaccio al finestrino e vedo, pur se ancora in lontananza, una stazione di arrivo, e alle spalle tutte le mille curve del mio bellissimo viaggio…

E ancora in “Qualcosa farò” E adesso le strade alle spalle si allungano/Quelle davanti ai miei occhi si accorciano/Ma non ho paura e mi faccio coraggio da me/Faccio i conti col vivere/ Ho ancora dei sogni da spendere…

In numerose occasioni ha fatto riferimento all’autostrada alle spalle, e a una strada più breve e più stretta ancora da percorrere. Una immagine simile, da quando ho parvenze da vecchia senza però essere divenuta adulta, mi attraversa spesso la mente.

Ne “L’attesa” però c’è qualcosa di più, e che cosa lo faccio dire al Cantante stesso, riportando uno stralcio di un’intervista rilasciata in occasione del concerto palermitano di febbraio 2012. Se potesse raccontare la sua storia soltanto con tre canzoni, quali sceglierebbe e perché? «”L' attesa”, perché affronto per la prima volta il problema di non esserci più. Sono un laico ma mi chiedo se esista un ritorno da qualche parte. Poi salverei "Natalina", apparentemente la storia di un partigiano e della guerra ma, in realtà, è la mia speranza di esserci già da prima di nascere, in un tempo che è prima, dopo, durante e sempre. Infine, "Aria di famiglia", il cui testo è di Ruggeri. Eravamo a Mosca e gli chiesi di descrivere il conflitto fra genitori e figli adolescenti».

La domanda se ci possa essere, al di là di una fede conclamata e certa,  un ritorno da qualche parte, e aggiungerei con quali forme, non intendendo forme fisiche evidentemente, si coniuga molto bene con la speranza di esserci già prima di nascere, in un tempo che è prima, durante  e sempre. L’eternità, che di fatto non è un tempo infinito, ma la compresenza di tutti i tempi, in cui lo spirito vaga libero e vede tutto con estrema chiarezza. Un concetto molto presente e ricorrente nel mondo ideale di Mimmo, che ne costituisce uno degli aspetti per me più affascinanti e condivisibili.  

De L’Attesa, non qualche frammento, ma tutto il testo.
Non posso profanarla scegliendone solo una parte. 

Guardo l'erba che s'illumina
Con la luce della notte
E sento in fondo sulla strada
Qualche macchina passare
Appoggiato contro un albero
Soffio dentro la mia armonica
Chiudo gli occhi e qualche lacrima
Nascosta viene giù

Aspetto che si faccia giorno
Per raccogliere i pensieri
Sparpagliati tutt'intorno
Dal principio fino a ieri
Gli appunti della mia vita
Per ripercorrerne i sentieri
Per trovare il filo logico
Che mi lega qui

Tutto passa in fretta ma scorre lentamente
E dura solo un attimo ma resta qui per sempre

Ho incastonato i sogni
Negli anelli della memoria
Senza conoscere la storia
Di chi ha cantato la sua resa
Dentro il caldo della mia casa
Con tutte le luci accese
E la porta sempre chiusa
Senza uscire mai da qui

Tutto passa in fretta ma scorre lentamente
E dura solo un attimo ma resta qui per sempre

C'è qualcuno che mi aspetta
Per un lungo viaggio insieme
Lascio la porta aperta per quando tornerò
Lascio la casa aperta per quando tornerò


venerdì 24 agosto 2012

LACRIME DI GIOIA

Ve la ricordate Dolce vita, la canzone di Mimmo di tanti anni fa, per la precisione ventinove, quella dove parla in maniera abbastanza esplicita di sé, quella che sembra una canzoncina leggera e invece al di là del motivetto allegro e orecchiabile, non lo è così tanto? Ora, (la sento in sottofondo) come tanti anni fa,  vedo il Cantante che sorseggia il suo cappuccino, seduto al tavolino di un bar, solo e contento di esserlo, mentre magari scrive su un taccuino i versi di una canzone, o è perso dentro il suo mondo ideale. Non so bene perchè, ma fra tutte le immagini che la canzone può richiamare, vedo la tazza del cappuccino con la schiuma, e, forse influenzata da una pubblicità di anni recenti, scopro le tracce di questa schiuma intorno alla bocca. Di quella canzone, inserita all'interno di Sognadoro, uscì l'anno successivo, come accadeva ancora in quegli anni, il 45 giri, con Bon voyage come lato B. Il disco si fa ricordare anche per la copertina, allegra e colorata, che richiama un fumetto, di cui è autore Pablo Echaurren. 

In qualche occasione Mimmo ha rinunciato alle classiche foto di copertina, a favore di disegni di professionisti (Echaurren appunto, o Enotrio in Quello che ci resta, o ancora il noto disegno della copertina di Intorno a trentanni, che nasce dalla mano di Roberta De Tuddo, traendo spunto da una foto e dalle copertine dei Gialli Mondadori) o di ...futuri artisti (la piccola amica autrice del disegnino di Sglobal). Gli piacciono i colori, i futuristi e i neo futuristi, la pop art, i fumetti, forse gli piace Ligabue e gli piace Van Gogh, (sto inventando, ma potrebbe essere), ma io non voglio parlare di pittura. 

Per farla breve, (fa un caldo da morire, e davanti a questo schermo rischio il colpo di calore) ho scoperto (Si, va bene, voi lo sapevate già: io no!) che Dolce vita è stata la sigla della edizione italiana di una telenovela brasiliana, Intitolata Cavalos amarelos, andata in onda nel paese d'origine nel 1980. Nel nostro paese fu trasmessa qualche anno dopo, col titolo Lacrime di gioia - così narrano le cronache - e ad annunciarla e ad accomiatarla c'era Mimmo con la sua Dolce vita. Che attinenza ci sia tra le lacrime di gioia e i cavalli gialli io non arrivo a capirlo, ma farò ulteriori ricerche degne di Folgorata al fine di comprenderlo. 

Tra tutte le notizie che potevo immaginare di trovare, questa era l'ultima. La canzone all'epoca era nota, orecchiabile, mandata spesso in radio. Sicuramente poteva fungere da richiamo per i telespettatori. Quali potessero essere eventuali nessi tra l'argomento del testo e i temi della telenovela, mi sfugge. Ammesso che ce ne fossero, e che la scelta sia caduta su Dolce vita per altri motivi. 

Tanto per sgombrare subito il campo da equivoci, sono una di quelle che prima di lasciarsi andare a dire che una cosa fa schifo, a parte casi di conclamata ripugnanza istintiva, prima la assaggia, poi eventualmente esprime valutazioni negative. Non ho atteggiamenti di superiorità nei confronti delle telenovelas, anzi mi è capitato pure di seguirne distrattamente qualcuna, quando erano in auge, ma non serbo ricordo alcuno di quelle lontane Lacrime di gioia.  In genere l'esperienza non ha lasciato tracce dentro di me, a parte nel caso di una, la prima forse, intitolata Anche i ricchi piangono, una delle cose più brutte che abbia mai visto, ma di cui ricordo perfettamente i personaggi, in particolare la protagonista, certa Mariana, buona, povera e rozza, a cui nella versione italiana facevano parlare uno strano idioma, un misto di vari dialetti centro-meridionali. In corso d'opera, Mariana diventa una signora buona, ricca e raffinata e parla come Tina Lattanzi. Io incatenata davanti alla TV, vittima del fascino dell'abiezione, ma forse anche della novità, anche se le telenovelas, con tutti i loro intrecci, colpi di scena, sviluppi improbabili, possono considerarsi parenti strette del romanzo d'appendice, e hanno i loro antenati perfino in una produzione narrativa classica, greca e latina, in cui intrecci e colpi di scena si susseguono a ritmo incalzante. Due tra gli esempi più noti sono,  Le avventure pastorali di Dafni e Cloe, per la letteratura greca e L'asino d'oro di Apuleio per quella latina. Queste citazioni hanno l'evidente  scopo di riabilitarmi e di attribuirmi arie di donna di cultura a tutto tondo, come non può non essere definita chi ne sa di telenovelas, di Harmony, di Lucio che deve affrontare una lunga serie di peripezie per tentare di abbandonare le sembianze asinine, e - si rende conto - ancora pochissimo del suo Cantante, come dimostra la scoperta di oggi. 

Magari scopro che è uno dei massimi esperti mondiali di telenovelas, non solo, che è stato pure il protagonista di una, notissima in Brasile, ma mai trasmessa In italia, un ricchissimo fazendero, proprietario di decine di migliaia di cavalos amarelos, sprezzante e crudele, che si invaghisce dell'umile moglie del fattore, ma lei è fedele e lo rifiuta, e gli fa capire quali sono i veri valori della vita. La vicenda finisce col fazendero cattivo che diventa buono e dona tutti i suoi averi, compresi i cavalos amarelos, ai poveri, e si chiude in un eremo a scrivere canzoni. 

Come mi galoppa la fantasia quando c'è di mezzo Mimmo... tuttavia sono anche in grado di attenermi ai fatti, e alle fonti. Scava e ancora scava, ho trovato qualche altra piccola curiosità, ma per suscitarne altre nei lettori, rinvio alla prossima puntata, che arriverà presto. Non sempre il detto "Agosto, Mimmo mio non ti conosco" corrisponde a verità.

domenica 12 agosto 2012

UN BEL SITO

Sono contenta perché il mio piccolo pezzo di ieri ha resistito indenne al tramonto e ha anche superato le difficili ore della notte. L'alba, di solito molto persuasiva, non mi ha convinto a cancellare l'ammissione delle mie piccole difficoltà. 
Oggi ritorno brevemente all'oggetto del mio blog. Ho continuato a precorrere i suoi sentieri: questa volta col maglione e con un bel paio di scarpe comode,  sono tornata virtualmente a Roccacaramanico. Sono entrata nel sito dell'Associazione Roccacaramanico,  http://www.associazioneroccacaramanico.it/ che invito a visitare,  perché così ci si possa informare direttamente a non attraverso un  mio  riassunto, sul borgo e sulla iniziativa dell'11 di agosto, ormai trascorsa, e ho trovato una serie di belle immagini. Le ho guardate tutte, ma qui fornisco l'accesso per vedere (spero) direttamente quelle del concerto, e non solo, di Mimmo durante la sua partecipazione all'iniziativa dello scorso anno.  
Evito, ormai da molto tempo, di "appropriarmi" di foto non mie, e di pubblicarle perché ho sempre timore di far danni, possibili anche citando la fonte e non avendo nessuna intenzione di trarne alcun profitto. Non sempre è facile prendere contatti per chiedere una eventuale autorizzazione, per cui metto in condizione chi lo desideri di andare a curiosare. Quelle in questione ci mostrano non solo Mimmo e compagni all'opera, ma anche scorci di panorama, e dell'antico borgo. 
Quest'anno, come ci ha raccontato lui stesso, non ha suonato, ma ha partecipato con il suo stand di vini. Un bel modo di esserci che sicuramente avrà consolato lui e chi con i suoi vini e con lui, ha fatto conoscenza. 
Oggi la manifestazione musicale in Calabria, di cui a onor del vero non so molto, e poi agosto e settembre inaspettatamente fitti di appuntamenti, tutti tra Abruzzo, sud e Sicilia. "Ma qui non vieni mai" gli domanda qualcuno, e non sempre è vero, perché anche in quei luoghi, magari, c'è stato relativamente di recente. Io non gli chiedo di tornare qui, dove è stato ormai ben più di un anno fa, e neppure se quella piccola esperienza gli abbia lasciato un ricordo, anche se, va da sé, ne sarei ben lieta: un artista prima di tutto va dove lo invitano, poi dove ha un pubblico che lo segue, e non ultimo, dove si trova bene. Instancabile, magari oggi non ha neppure dormito. Vero è che l'energia e la voglia di fare nascono dagli interessi e dalle passioni, che non ci fanno sentire la stanchezza.
La mancanza di interessi e di passioni induce all'apatia, alla stanchezza e allo sconforto.
Diversi e variegati, musica, vino, qualsiasi cosa: l'importante è che sia vita e passione, altrimenti si sfiorisce e spesso, si muore dentro. Ora la pianto di pontificare, che poi mi pento e mi acchiappa la tentazione di cancellare. Meglio che vada a innaffiare qualche altra passione, ma non vi racconto di cosa si tratta. 

sabato 11 agosto 2012

ARDITE EMULAZIONI


Intanto,
Finché il giorno splendea, tessea la tela
Superba, e poi la distessea la notte
Al complice chiaror di mute faci.

Omero, Odissea, libro II

Così Penelope nella sua Itaca. Folgorata nell’angolo estremo dell’Isola più grande che la ospita, procede, per non essere irriverente nei confronti della regina, nel senso opposto. Tesse di notte, illuminata da piccole luci, e disfa sul far del giorno, quando l’Aurora dalle dita di rosa, o come preferisce qualche purista, che ha per dita delle rose, cancella con le sue carezze il nero che tinge il cielo e lo colora delle più variegate sfumature di rosa e arancio. Fuor di metafora, mi accade sovente, da luglio in particolare, di essere colta da ispirazione, in totale autonomia, o di esprimere le mie riflessioni partendo da quelle del Cantante. Mi metto con entusiasmo alla tastiera, spesso di notte: le parole scorrono copiose, mi sento soddisfatta perché mi pare di aver scritto bene e di aver bene espresso le mie opinioni e i  miei sentimenti, senza infingimenti, perché cerco di essere sempre autentica e sincera; pubblico. Ci dormo su e poi al risveglio, al rito irrinunciabile del primo caffè, si aggiunge quello della collocazione del pezzo tra le bozze, perché non ho cuore di gettare via per sempre i miei figli fatti di parole: li conservo. Non mi sembrano però più adatti a essere sottoposti all’attenzione di un potenziale pubblico, neppure di quello dei fedelissimi muti invisibili e onnipresenti che scostano la tendina, e ormai conoscono il mio modo di muovermi tra le parole e tra i sentimenti. Non è evidentemente una questione di lettori,  forse è un mio preciso piccolo ostacolo interiore,  non del tutto peregrino... Non avendo ancelle malfidate a divulgare i miei segreti, li esterno da me.
Ora è pieno giorno e la mia piccola opera al telaio è completata: ho presuntuosamente imitato Penelope agendo alla luce del sole. Vediamo se  riuscirà a sopravvivere al tramonto. Non vorrei in ogni caso fosse percepita come il classico velo (telo) pietoso. Penelope tesseva il lenzuolo funebre per il vecchio Laerte, ma con le ardite emulazioni non intendo procedere. 

venerdì 3 agosto 2012

DECISIONE FULMINEA

Dopo aver visto le nuove foto del Cantante, e averle esaminate con cura nei minimi dettagli, ho deciso, dandogli un'ora di preavviso, di liquidare senza rimpianti e nessuna spiegazione, il giovane crepuscolare con gli occhi bassi, per assumere un signore più anziano che ha capito tutto della vita. Gli ho conferito a tempo indeterminato l'incarico di guardiano del desktop. Non sono molto sicura che adempia al suo compito con diligenza, perché molto impegnato in altro, però l'ho ingaggiato ugualmente: si vede che si sta divertendo troppo, e a me serve proprio uno che comunichi divertimento, ebbrezza e gioia pura. Io l'ho sempre detto che il vino è la sua prima autentica vocazione, e questi sono i risultati. Vederlo in veste di produttore che vende il suo vino, in uno stand bene allestito, (mi dispiace non riuscire a capire bene in cosa consistano gli assaggi) e se lo beve pure, è stato molto divertente. Vorrei aggiungere che ai miei occhi attenti sempre a caccia di particolari frivoli (e questo non lo è tanto) non è sfuggito un considerevole calo ponderale. Ci deve essere dietro un bravo dietologo, che naturalmente gli ha concesso il vino. 
Promossi dietologo e paziente. 
Da questo momento il bevitore inizia il suo compito di guardiano.

mercoledì 1 agosto 2012

SALDI ESTIVI: DUE AL PREZZO DI UNO


                                                    
                                       
                                       OSTAGGIO DEL PASSATO


Mi gira in testa il titolo di un breve brano musicale di Mimmo, Son tornati i capelloni. Mi risuona la musica, che porta in sé il rimpianto per qualcosa di lasciato e perduto: parte cautamente, poi esplode e racconta in questa esplosione che forse non sempre quel che lasci lo perdi per sempre, perché può tornare, magari sotto altre forme, oppure anche se non dovesse tornare, potrebbe scatenare una forma di nostalgia struggente e dolce al contempo. Lo ascolto in sottofondo mentre scrivo: finisce e ricomincia, questo vecchio pezzo tratto da Sognadoro, e io per un po’ non lo interrompo.

Mi estraneo, e lascio vagare liberi i pensieri. Non so bene per quanto tempo Son tornati i capelloni mi abbia fatto compagnia, ma ora è il momento del commiato, per lasciare spazio alla riflessione. Senza un apparente motivo, davvero da qualche giorno ho in mente questo pezzo solo musicale, uno dei pochi che Mimmo abbia inserito nei suoi lavori, e gli dedico più di un pensiero. Veramente da sempre, fin da quel lontano 1983, mi sono domandata il perché, di quel titolo, e a tutt’oggi non ho soddisfatto questa piccola curiosità. Non è detto che debba esserci per forza un motivo, a volte i titoli vengono così, altre, invece traggono spunto da qualcosa di preciso. Qualcuno sostiene che voler svelare troppo, voler dare una risposta a tutto, non aggiunga niente al piacere dell’ascolto, così come niente, al piacere della lettura, sapere se le storie raccontate nei romanzi siano autobiografiche. Non c’è bisogno di cedere alla tentazione un po’ greve di guardare dal buco della serratura.

Concordo spesso con quei qualcuno: è vero, non aggiunge niente, ma proprio non riesco a contenermi, e a evitare di cadere nel morboso, vittima di un tarlo malefico che da tempo immemorabile non mi dà pace: dove erano stati, i capelloni? Con chi, a far che? Tornati dopo quanto tempo? Si nascondevano? Erano ostaggio di un gruppo di calvi invidiosi e incarogniti? Temevano un passaggio obbligato al salone del barbiere? Ho chiesto in giro, ma nessuno ne sa niente. “Saranno stati affari loro” - mi son sentita rispondere  - “Smettila di impiacciarti”.

Non so se sia stato il titolo, con quel tornati, a suggerirmi l’idea della nostalgia, (proprio nel significato etimologico di dolore, sofferenza legato a un ritorno sofferto o difficoltoso: vedi l’esempio classico di Ulisse;  vedi anche un altro esempio più vicino al nostro tema: il protagonista di Canzone a mio nonno)  prima dolorosa e poi in fondo dolce, sta di fatto che l’ascolto della musica mi suscita proprio le sensazioni che ho descritto in apertura.

Ancora una volta, nell’occuparmi di Mimmo, cedo alla tentazione di frugare dentro il passato, usando (e questo mi accomuna a tanti) le sue canzoni come madeleinette per ritrovare intatti ricordi, situazioni, profumi del passato. Sono le sue canzoni le chiavi che aprono meglio le porte d’accesso alle stanze del tempo perduto. Non ne so spiegare razionalmente il motivo, so che è così. Non so neppure bene perché sento irresistibile il richiamo di andare a ritroso negli anni, dato che ero molto più irrequieta e irrisolta di adesso, e non sono neppure incline  a idealizzare la giovinezza, sia che si tratti della mia, sia che la si consideri come tempo mitico in assoluto. Mistero. Chissà se tra vent’anni mi capiterà la stessa cosa con la produzione dell’ultimo decennio, quella che ho divorato con l’ingordigia dell’affamato, per recuperare il tempo perduto, e che fin dai primi ascolti ho sentito familiare, perché pur cogliendo i mutamenti propri della sua evoluzione artistica, mi son sentita gioiosamente a casa: Mimmo è sempre Mimmo, o meglio, la sua musica è sempre la sua musica.

                                                   VECCHIE FOTOGRAFIE

Prima della diffusione del CD non avevo molta simpatia per il vinile, compravo cassette. Le osservo, le ho qui davanti; l’ultima volta in cui le ho ascoltate è stato tre anni fa, forse due, ma credo sia stato il canto del cigno. Mi soffermo sulle foto del cantante e noto come sempre dei particolari frivoli, che con la musica non c’entrano niente. Nella foto di Sognadoro e in quella di Mimmo Locasciulli, sembra vestito allo stesso modo, solo che nella prima ha un aspetto, e una posa, da uomo molto vissuto, un po’ sgualcito, mentre nell’altra sembra quasi un catechista.

Ho quasi sempre comprato cassette, forse mi sembravano più pratiche - si potevano sentire anche  in macchina - ma ora sarei contenta di avere i dischi, con quelle belle copertine che riservano sorprese, foto sul retro e all’interno. Le cassette hanno in genere un corredo cartaceo, di testi e immagini, ridotto, ma non tutte sono così povere; tra quelle che possiedo io, Adesso glielo dico e Uomini, sono dotate di piccolo pieghevole con testi e immagini, foto e disegnini. Nel primo c’è, ad esempio, la foto che ricorda la giornata con i Cetra; in Uomini, tra l’altro, il muso allungato di un cane e il volto del  cantante in versione duro inavvicinabile, parente stretto di quello di prima, ma senza sorriso.

Non avendo, o non avendo più (non più di due, ormai andati perduti per sempre) i dischi, sono andata a cercarmeli nel sito della Discoteca di stato, dove non solo sono puntigliosamente schedati, ma anche fotografati: si possono visionare tutte le immagini di copertina e anche le altre a corredo del disco. Ho fatto delle scoperte bellissime. Sul retro della copertina di Sognadoro c’è una foto di cui è autore lo stesso cantante: vediamo l’interno di un autobus urbano, con due soli passeggeri, colti fuggevolmente. Una foto molto moderna, che nel soffermarsi velocemente sui due, induce chi guarda a domandarsi cosa ci sia dentro i loro pensieri.

 Il retro di Intorno a trentanni ci mostra un signore che cammina, di cui non si vede il volto, ma la mano sinistra in evidenza, e il passo ne rivelano con certezza l’identità. Essere ritratto o  ripreso in bianco e nero, in pose dinamiche, con indosso un cappotto scuro, in scenari urbani, gli piace ed è una costante che lo accompagna nel tempo, ad esempio nel video di Scuro.

Infine ci sono altre due immagini che mi hanno colpito: la prima si trova all’interno dell’album del 1985 che porta il suo nome, e rappresenta il gruppo di musicisti-amici che suonava sempre con lui, il gruppo storico di quegli anni, quello che si porta nel cuore e a cui dedica commossi e grati pensieri. 

L’altra, il retro di Clandestina, rappresenta un bel primo piano del cantante, colto, sembra, in un momento di riflessione o di semplice disagio davanti all’obiettivo, perché lo sguardo è rivolto verso il basso e obliquo. Forse semplicemente esegue le indicazioni del fotografo, ma l’effetto è naturale, e c’è tutta la sua vena crepuscolare, lì dentro, anche se magari sotto sotto se la ride. Bella immagine – intensa – come banalmente si usa dire in questi casi. L’ho salvata, e l’ho usata, come altre in altri momenti, come sfondo del desktop, tanto al mio computer dedicato, non accede altri che me. Qualcuno è a conoscenza di queste presenze ma per il momento rinvia la segnalazione perché l’autorità preposta provveda al ricovero coatto. Questione di tempi: prima o poi accadrà, e un ingombrante veicolo a sirene spiegate si fermerà sotto il portone di casa mia. Sarà inutile opporre resistenza.

Non mi permetteranno di portare con me un computer, ne' di ascoltare musica. Mi faranno iniezioni di oblio, e quando, tornata a casa  accenderò il computer, non essendo in grado di cogliere il legame tra volto e musica,  esclamerò: “Che ci fa questo sconosciuto qui dentro? Chi lo ha fatto entrare?" Senza la musica la sua presenza non avrà alcun senso: un paesaggio autunnale tinto di rosso e di croco prenderà definitivamente  il suo posto.


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