Intanto,
Finché il giorno splendea, tessea la tela
Superba, e poi la distessea la notte
Al complice chiaror di mute faci.
Omero, Odissea, libro II
Finché il giorno splendea, tessea la tela
Superba, e poi la distessea la notte
Al complice chiaror di mute faci.
Omero, Odissea, libro II
Così Penelope nella sua Itaca.
Folgorata nell’angolo estremo dell’Isola più grande che la ospita, procede, per
non essere irriverente nei confronti della regina, nel senso opposto. Tesse di
notte, illuminata da piccole luci, e disfa sul far del giorno, quando l’Aurora dalle dita di rosa, o come
preferisce qualche purista, che ha per
dita delle rose, cancella con le sue carezze il nero che tinge il cielo e lo
colora delle più variegate sfumature di rosa e arancio. Fuor di metafora, mi
accade sovente, da luglio in particolare, di essere colta da ispirazione, in totale
autonomia, o di esprimere le mie riflessioni partendo da quelle del Cantante.
Mi metto con entusiasmo alla tastiera, spesso di notte: le parole scorrono copiose, mi sento soddisfatta perché mi pare di aver scritto bene e di aver
bene espresso le mie opinioni e i miei
sentimenti, senza infingimenti, perché cerco di essere sempre autentica e
sincera; pubblico. Ci dormo su e poi al risveglio, al rito irrinunciabile del
primo caffè, si aggiunge quello della collocazione del pezzo tra le bozze, perché
non ho cuore di gettare via per sempre i miei figli fatti di parole: li
conservo. Non mi sembrano però più adatti a essere sottoposti all’attenzione di
un potenziale pubblico, neppure di quello dei fedelissimi muti invisibili e onnipresenti che scostano la
tendina, e ormai conoscono il mio modo di muovermi tra le parole e tra i
sentimenti. Non è evidentemente una questione di lettori, forse è un mio preciso piccolo ostacolo interiore, non del tutto
peregrino... Non avendo ancelle malfidate a divulgare i miei segreti, li esterno da me.
Ora è pieno giorno e la mia
piccola opera al telaio è completata: ho presuntuosamente imitato Penelope agendo alla luce del sole.
Vediamo se riuscirà a sopravvivere al tramonto. Non vorrei in ogni caso fosse percepita come il classico velo (telo) pietoso. Penelope tesseva il lenzuolo funebre per il vecchio Laerte, ma con le ardite emulazioni non intendo procedere.
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