Qui parlo di fatti miei: di tanto in tanto mi capita, ma forse questa volta son stata troppo lunga, e mi avete mollato. Parlo di fatti miei, però il Cantante ha sempre il suo spazio. Lo evidenzio, lo spazio in cui parlo di lui, e lo tingo di rosso, così balza agli occhi. Chi legge salti pure i fatti miei e passi ai suoi.
Ieri sera ero senza connessione: niente internet; in termini pratici e legati alla mia attività di agiografa, questo significa che non ho potuto eseguire il consueto accesso rituale nella casetta di Mimmo. Avevo qualche ora libera e mi son messa a scrivere un raccontino. Io non desidero fare la scrittrice, o meglio già a modo mio, umilmente, lo sono, ma non me ne importa niente di pubblicare. Scrivo quando mi pare e piace, non spenderei neanche un centesimo per pubblicare a spese mie una mia opera, e men che meno mi sono mai spinta a inviare a un editore più o meno noto una raccolta di racconti, o un romanzo. A parte che sarebbe tempo perso, e che di scrittori e aspiranti tali, bravi e non ce n'è fin troppi, avere la fortuna di pubblicare un libro di successo, ammesso di avere talento e una buona dose di circostanze a favore, significherebbe entrare in un sistema che mal si combina col mio modo di essere. Non è solo la "gloria" o il piacere di scrivere, quando sei sotto contratto devi produrre, diventa un lavoro, e puoi soffrire molto della sindrome della pagina bianca. Essendo già io assai sofferente di molte sindromi, non ne vorrei aggiungere un’altra alla lista. Credo ne sappiano qualcosa tutti gli scrittori, i più bravi e quelli mediocri, e anche le ormai note scrittrici della mia regione che, ne sono felice, tanto successo hanno ottenuto e ottengono in questi anni recenti: gli editori sono implacabili, se puntano su uno scrittore, questo deve sfornare e rispettare le scadenze, a volte a discapito di ispirazione e qualità.
Un piccolo peccato però l’ho commesso anche io. Per un anno circa ho giocato con i concorsi letterari, ma non quelli importanti, quelli piccoli, minori, gratuiti, in cui non devi stare a tediarti e a inviare per raccomandata dieci copie, ma basta inviare un file word e qualcuno te lo legge e poi se ti va bene inserisce il tuo raccontino in rete. Avrò scritto e inviato dieci racconti, nel periodo compreso tra il 2007 e il 2008. Li ho scritti senza pensarci troppo; camminavo per strada, mi veniva un’idea e nella mia testa prendeva corpo il racconto. Una volta a casa accendevo il computer e scrivevo. Spesso non era neppure necessario correggere. Un piccolo miracolo. Scrivevo tutta contenta e tutta contenta inviavo. Il primissimo racconto è stato pubblicato, insieme con molti altri, in una raccolta che credo non sia mai finita in libreria e nemmeno in edicola. Questi signori gentili e seri, che nel corso degli anni hanno visto il loro concorso letterario diventare da minuscolo e misconosciuto, più grande e noto, hanno inserito in un’altra raccolta anche un altro mio racconto. Era divertente andare in internet a caccia di bandi e giocare, spinta dal desiderio di comunicare a di esprimermi, che è più o meno ciò che accade qui. Non ho mai vinto, ma anche se mi fosse capitato, credo che la gloria non sarebbe mai arrivata, ne’ a me, ne’ ai vincitori che francamente non mi sembrava avessero sempre scritto racconti bellissimi. In una occasione ho partecipato a un concorso della mia città, questo si, importante. Qui ho provato un brivido; ho scritto un racconto, una storia d’amore, in forma di lettera, perché ho una passione per la comunicazione epistolare. Ho anche cambiato sesso, essendomi calata nei panni del protagonista, una specie di Werther anziano dei giorni nostri. Mi sono liberamente ispirata a una storia vera (nella realtà per fortuna non imita Werther, solo nella mia finzione). Un racconto è un racconto, non è un resoconto cronachistico. Mutatis mutandis, potevano essere riconoscibili la storia e i personaggi, per chi naturalmente fosse al corrente. Il destino, che talvolta è beffardo, fece in modo che uno dei componenti della paludata commissione, fosse uno dei protagonisti del racconto. Non ne ero a conoscenza, ma dentro di me avevo fantasticato su questa possibilità, divenuta poi inaspettatamente realtà. Con questa persona ci conosciamo bene. La cosa non mi ha per niente preoccupato, ma molto stimolato e divertito. So con certezza, senza averne la certezza, che lo ha esaminato proprio quella persona, che lungi dall’esserne stata infastidita, è stata gratificata dall’essere stata protagonista di un racconto, seppure di una scrittrice inedita. Con me ha mantenuto il più stretto riserbo con le parole, ma i suoi occhi mi hanno raccontato tutto.
A un certo punto mi sono stancata di inviare raccontini; la cosa non mi divertiva più. Mi si è seccata anche la vena, non mi sono venute più idee, che prima fioccavano. Senza rimpianto un periodo piacevole si è concluso. Continuavano ad arrivarmi e-mail con i bandi, e le eliminavo neppure senza aprirle. Non so neppure bene perché due giorni fa, ho aperto l'e- mail che mi annunciava la scadenza imminente del concorso letterario, proprio quello di quei signori che hanno inserito i miei raccontini nelle due raccolte. Qualcosa è scattato, Non so bene cosa, so solo che ho letto il bando e ieri pomeriggio mi sono messa a scrivere questo racconto. Forse lo manderò, ma sento che non ricomincerò; sarà una piccola eccezione che non condurrà da nessuna parte, un altro momento ludico senza secondi fini.
La stessa sera, forse proprio mentre scrivevo, il mio cantante, e ancora una volta mi trovo di fronte a una delle tante coincidenze che hanno contrassegnato il mio cammino qui dentro, decideva di pubblicare sulla sua pagina un suo racconto breve intitolato I giorni del nonno. Qualcuno gli ha chiesto dove e quando fosse stato pubblicato e da questo fatto è scaturita la sua decisione di regalare, con il consueto timido garbo che caratterizza i suoi rapporti con gli estimatori virtuali, (di fatto reali) il racconto anche a loro. Io conoscevo I giorni del nonno non per averlo letto nel libro indicato da Mimmo, (Favole per un anno, Roma, Proimez, 1990, di cui non sapevo l'esistenza, che non è ormai più in commercio) ma per averlo trovato, gradito dono, insieme con altre P-rose, (non dimentichiamo che eravamo in un giardino) in quel libretto che mi era piaciuto tanto, Il giardino incantato, appunto, a cui non dedico una parola di più perché ne ho già parlato fin troppo. Spero solo, perchè la speranza non bisogna abbandonarla, che Mimmo prima o poi ci torni su e apporti le modifiche che ritiene opportune, perchè lui di quel libro, non è soddisfatto.
Ripeto solo che, quando sembrava per me impossibile riuscire a possederlo, (le cose arrivano quando ormai le hai date per spacciate), potendolo avere a disposizione solo per un periodo di tempo limitato, poiché lo dovevo restituire alla biblioteca abruzzese che lo aveva prestato, essendo stata conquistata dallo stile pulito e un po’ fuori moda, scolastico, nel senso nobile del termine, del racconto, lo avevo trascritto. Ce l’ho ancora, insieme a molte altre vestigia che riguardano Mimmo, salvato sul mio computer. Per molti forse sarà una novità; io da grande sostenitrice di Mimmo scrittore, sarei felice se lo leggessero e gli inviassero la loro affettuosa opinione. Mi incuriosisce sapere quali sensazioni potrebbe suscitare in altri che magari lo conoscono solo nelle vesti di cantautore, e neppure tanto bene.
Chi sarà quell’amico che gli ha chiesto notizie sul libro dove fu pubblicato il racconto? E se per una volta provassi a farmi i fatti miei? Chi sia quell’amico, non lo so e forse non ha molta importanza. Chi sia il suo amico che stasera andrò a vedere a teatro, invece lo so molto bene. Vediamo, fornisco un indizio: canta anche, e la colpa è di Mimmo, e, di quando sono stati qui insieme (così narrano le cronache) io che ancora non avevo ricevuto la chiamata definitiva, non conservo alcun ricordo. Quante cose mi son persa... ma quante altre sorprese mi aspettano ancora!
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