A Folgorata, Mimmo non concederà mai un’intervista. Un’intervista vera, intendo, di quelle in cui si abbia buona disposizione di spirito da entrambe le parti, tempo davanti, e non ci siano continui squilli di cellulare e lo sguardo annoiato non vaghi nel nulla o sullo schermo di un iPad, in attesa che il supplizio, o l’obbligo derivato dal ruolo, si concluda in fretta. Questo tipo di interviste di solito si concedono, o forse, meglio, si rilasciano, a giornalisti professionisti, possibilmente con buone competenze musicali, in grado di porre domande che non tedino l’artista e suscitino l’interesse del pubblico. In genere con questi giornalisti della stampa specializzata, gli artisti hanno un buon rapporto, talvolta sono amici, o almeno buoni conoscenti. Li stimano e in qualche caso, ne sono un po’ intimoriti.
Non me la concederà, quest’intervista, perché credo che siamo convinti entrambi che le le interviste, quelle vere, è bene che le facciano gli addetti ai lavori. Di certo io non lo implorerò perché ci sia una deroga a questa regola. Questione di ruoli: il mio, se di ruolo si può parlare, è quello di raccontare e gratificare, e di immaginare. Qui dentro gli ho posto indirettamente ogni genere di quesito, dai più seri, in questo caso spinta da reale curiosità, ai più frivoli, o anche bizzarri, in questo caso spinta dal desiderio di giocare e magari strappare un sorriso. Molte di queste curiosità le ho soddisfatte davvero, per altre ho fatto ricorso all’immaginazione, altre ancora non le ho espresse, e non ho intenzione di farlo. Sono gli aspetti più profondi, che in genere vado scrutando nella gente che a diverso titolo mi interessa - o come direbbe il cantante - mi intriga e che non è opportuno o necessario chiedere: spesso si intuiscono con la frequentazione, anche indiretta. Al massimo potrei dedicargli una intervista impossibile, genere che mi affascina molto.
L’intervista è un’ottima forma e insieme un ottimo strumento di comunicazione. Attraverso l’intervista ci si può promuovere, far conoscere, creare consenso, sollevare dibattito, fare opinione, provocare, offrire un’immagine di sé veritiera o una non corrispondente al vero, ma confezionata al solo scopo di raggiungere il gradimento del pubblico. Spetterà ad esso, che non è un’entità indistinta e omogenea, ma multiforme e variegata, recepire e mediare a seconda della sensibilità, e degli strumenti critici posseduti. Essere intervistati da “penne”, “voci” e “volti” noti e autorevoli, apparire su una rivista specializzata e prestigiosa, può costituire un punto d’orgoglio per l’artista stesso, in certi casi, il raggiungimento di una posizione di prestigio, una consacrazione.
C’è una canzone che è andata molto in radio in un recentissimo passato, di un giovane cantante che sembra riscuotere consensi, (ci martellano, con certe canzoni, dovunque: cambiamo stazione e le ritroviamo, sempre; ora è il momento di un brano di un cantautore molto amato, che ci ha annunciato il suo commiato dalle scene, per cui è d’obbligo approfittarne e saziarcene ora, quasi che i dischi spariscano anch’essi dalla circolazione) in cui il tema affrontato, è proprio quello delle interviste e delle domande che immancabilmente vengono poste, e inevitabilmente, sembrerebbe, annoiano.
Mi trovo davanti a due tipi di risposta; la prima è la seguente: ringrazia che ti prestino attenzione, pensa a quanto ti lamenteresti di più, se nessuno ti cercasse; la seconda: talvolta concordo, ma fattene una ragione; chi formula le domande spesso si muove nelle acque limacciose del banale e dello scontato, un po’ perché sa nuotare solo lì, un po’ perché quelle cose evidentemente interessano. A ogni cantautore, e anche Mimmo ne sa qualcosa, è capitato di sentirsi chiedere se scriva prima i testi o la musica, quando ha capito che la musica sarebbe stata il suo destino, se ha fatto i soldi, se ha mai assunto sostanze pericolose o meravigliose a seconda dei punti di vista, se frequenta gli amici di un tempo e se la notorietà lo ha cambiato o meno, o anche per cosa piange, se piange, che detto tra noi a me non sembra una domanda stupida. Un uomo che riesce a piangere, anche in pubblico, spesso denota capacità di manifestare sentimenti, e non debolezza o carattere poco fermo, come un certo modo convenzionale di intendere potrebbe far supporre. Con questo non intendo tessere l’elogio del piagnone, semplicemente dire che non mi fa scappare uno che esterna il suo dolore con un pianto liberatorio, o se la sua commozione gli inumidisce il ciglio. Nelle canzoni di Mimmo c’è qualche lacrima, e lui usa spesso la parola commozione, fuori dalle canzoni. Penso realmente che alla parola corrisponda uno stato d’animo autentico, non saprei dire se corredato di lacrime o asciutto.
A Mimmo fin dagli esordi, è stata posta in particolare, con costanza e assiduità, una domanda madre, provvista di tante figlie attaccate al grembo: ti senti più medico o cantante? Hai mai pensato di lasciare la professione? Ti hanno mai chiesto un autografo o di cantare una canzone nell’esercizio delle tue funzioni sanitarie? e altre simili. A me piacerebbe sapere se ci sono state invidie o pregiudizi, o mancanza di fiducia da parte di colleghi, ai quali magari poteva venir facile pensare che se uno vive intensamente la notte, (anche questa è storia vecchia: dorme poco, anche quando non si esibisce) il giorno dopo potrebbe non essere troppo concentrato per un compito delicato. Avrà dimostrato coi fatti che forse può essere meno affidabile uno con notti più insoddisfacenti e con più ore di sonno.
Chissà se in quella sua performance di domenica prossima, quella che terrà in una università di Tivoli (mi par di capire non università in senso tradizionale, ma piuttosto centro di educazione e formazione permanente per adulti, in particolare di una certa età) le domande e le sollecitazioni della giornalista, che si alterneranno ai momenti musicali, punteranno l’attenzione su aspetti inediti, o magari approfondiranno quelli editi o li guarderanno da un’altra prospettiva… chissà. Chissà se tutto sarà stato concordato o se ci sarà spazio per l’improvvisazione? Certe sono due cose: la prima è che la giornalista lo conosce, lo ha già intervistato diverse volte, e che Mimmo con lei si trova a suo agio. Questo è fondamentale, dal disagio non vengono fuori buone cose. La seconda è che non essendo una università tradizionale, anche il pubblico sarà diverso, e potrebbe rivelare piacevoli sorprese, senza contare che non ci saranno obblighi, ne’ crediti formativi, da parte degli spettatori, ma puro diletto. Ci sono dunque le premesse per la riuscita della serata. Riceverà un sacco di domande e di applausi. Racconto una cosa mia: abbiamo lavorato con queste università che di fatto sono centri culturali non solo di formazione, ma anche di incontro, in occasione di visite guidate o di veri e propri progetti formativi. I partecipanti, quasi tutti di una certa età, sono stati oltremodo vivaci e curiosi, in qualche caso anche un po’ indisciplinati, e sempre, al termine della conversazione, ci hanno gratificato con scroscianti applausi, strette di mano calorose, e anche qualche bacio. C’è mancato solo l’autografo.
Per me sarebbe divertente leggere o sentire Mimmo che intervista Mimmo e gli racconta cosa non vorrebbe mai sentirsi chiedere e che cosa invece vorrebbe raccontarci, ma non gliene danno mai la possibilità. E che dire di Mimmo che intervista Domenico, o di Domenico che intervista Mimmo?
Per eventuali interviste a Folgorata, parlatene con Sandra. Per eventuali interviste a Sandra, parlatene con Folgorata. Tempi di attesa lunghi, ma ne varrà la pena…
Non me la concederà, quest’intervista, perché credo che siamo convinti entrambi che le le interviste, quelle vere, è bene che le facciano gli addetti ai lavori. Di certo io non lo implorerò perché ci sia una deroga a questa regola. Questione di ruoli: il mio, se di ruolo si può parlare, è quello di raccontare e gratificare, e di immaginare. Qui dentro gli ho posto indirettamente ogni genere di quesito, dai più seri, in questo caso spinta da reale curiosità, ai più frivoli, o anche bizzarri, in questo caso spinta dal desiderio di giocare e magari strappare un sorriso. Molte di queste curiosità le ho soddisfatte davvero, per altre ho fatto ricorso all’immaginazione, altre ancora non le ho espresse, e non ho intenzione di farlo. Sono gli aspetti più profondi, che in genere vado scrutando nella gente che a diverso titolo mi interessa - o come direbbe il cantante - mi intriga e che non è opportuno o necessario chiedere: spesso si intuiscono con la frequentazione, anche indiretta. Al massimo potrei dedicargli una intervista impossibile, genere che mi affascina molto.
L’intervista è un’ottima forma e insieme un ottimo strumento di comunicazione. Attraverso l’intervista ci si può promuovere, far conoscere, creare consenso, sollevare dibattito, fare opinione, provocare, offrire un’immagine di sé veritiera o una non corrispondente al vero, ma confezionata al solo scopo di raggiungere il gradimento del pubblico. Spetterà ad esso, che non è un’entità indistinta e omogenea, ma multiforme e variegata, recepire e mediare a seconda della sensibilità, e degli strumenti critici posseduti. Essere intervistati da “penne”, “voci” e “volti” noti e autorevoli, apparire su una rivista specializzata e prestigiosa, può costituire un punto d’orgoglio per l’artista stesso, in certi casi, il raggiungimento di una posizione di prestigio, una consacrazione.
C’è una canzone che è andata molto in radio in un recentissimo passato, di un giovane cantante che sembra riscuotere consensi, (ci martellano, con certe canzoni, dovunque: cambiamo stazione e le ritroviamo, sempre; ora è il momento di un brano di un cantautore molto amato, che ci ha annunciato il suo commiato dalle scene, per cui è d’obbligo approfittarne e saziarcene ora, quasi che i dischi spariscano anch’essi dalla circolazione) in cui il tema affrontato, è proprio quello delle interviste e delle domande che immancabilmente vengono poste, e inevitabilmente, sembrerebbe, annoiano.
Mi trovo davanti a due tipi di risposta; la prima è la seguente: ringrazia che ti prestino attenzione, pensa a quanto ti lamenteresti di più, se nessuno ti cercasse; la seconda: talvolta concordo, ma fattene una ragione; chi formula le domande spesso si muove nelle acque limacciose del banale e dello scontato, un po’ perché sa nuotare solo lì, un po’ perché quelle cose evidentemente interessano. A ogni cantautore, e anche Mimmo ne sa qualcosa, è capitato di sentirsi chiedere se scriva prima i testi o la musica, quando ha capito che la musica sarebbe stata il suo destino, se ha fatto i soldi, se ha mai assunto sostanze pericolose o meravigliose a seconda dei punti di vista, se frequenta gli amici di un tempo e se la notorietà lo ha cambiato o meno, o anche per cosa piange, se piange, che detto tra noi a me non sembra una domanda stupida. Un uomo che riesce a piangere, anche in pubblico, spesso denota capacità di manifestare sentimenti, e non debolezza o carattere poco fermo, come un certo modo convenzionale di intendere potrebbe far supporre. Con questo non intendo tessere l’elogio del piagnone, semplicemente dire che non mi fa scappare uno che esterna il suo dolore con un pianto liberatorio, o se la sua commozione gli inumidisce il ciglio. Nelle canzoni di Mimmo c’è qualche lacrima, e lui usa spesso la parola commozione, fuori dalle canzoni. Penso realmente che alla parola corrisponda uno stato d’animo autentico, non saprei dire se corredato di lacrime o asciutto.
A Mimmo fin dagli esordi, è stata posta in particolare, con costanza e assiduità, una domanda madre, provvista di tante figlie attaccate al grembo: ti senti più medico o cantante? Hai mai pensato di lasciare la professione? Ti hanno mai chiesto un autografo o di cantare una canzone nell’esercizio delle tue funzioni sanitarie? e altre simili. A me piacerebbe sapere se ci sono state invidie o pregiudizi, o mancanza di fiducia da parte di colleghi, ai quali magari poteva venir facile pensare che se uno vive intensamente la notte, (anche questa è storia vecchia: dorme poco, anche quando non si esibisce) il giorno dopo potrebbe non essere troppo concentrato per un compito delicato. Avrà dimostrato coi fatti che forse può essere meno affidabile uno con notti più insoddisfacenti e con più ore di sonno.
Chissà se in quella sua performance di domenica prossima, quella che terrà in una università di Tivoli (mi par di capire non università in senso tradizionale, ma piuttosto centro di educazione e formazione permanente per adulti, in particolare di una certa età) le domande e le sollecitazioni della giornalista, che si alterneranno ai momenti musicali, punteranno l’attenzione su aspetti inediti, o magari approfondiranno quelli editi o li guarderanno da un’altra prospettiva… chissà. Chissà se tutto sarà stato concordato o se ci sarà spazio per l’improvvisazione? Certe sono due cose: la prima è che la giornalista lo conosce, lo ha già intervistato diverse volte, e che Mimmo con lei si trova a suo agio. Questo è fondamentale, dal disagio non vengono fuori buone cose. La seconda è che non essendo una università tradizionale, anche il pubblico sarà diverso, e potrebbe rivelare piacevoli sorprese, senza contare che non ci saranno obblighi, ne’ crediti formativi, da parte degli spettatori, ma puro diletto. Ci sono dunque le premesse per la riuscita della serata. Riceverà un sacco di domande e di applausi. Racconto una cosa mia: abbiamo lavorato con queste università che di fatto sono centri culturali non solo di formazione, ma anche di incontro, in occasione di visite guidate o di veri e propri progetti formativi. I partecipanti, quasi tutti di una certa età, sono stati oltremodo vivaci e curiosi, in qualche caso anche un po’ indisciplinati, e sempre, al termine della conversazione, ci hanno gratificato con scroscianti applausi, strette di mano calorose, e anche qualche bacio. C’è mancato solo l’autografo.
Per me sarebbe divertente leggere o sentire Mimmo che intervista Mimmo e gli racconta cosa non vorrebbe mai sentirsi chiedere e che cosa invece vorrebbe raccontarci, ma non gliene danno mai la possibilità. E che dire di Mimmo che intervista Domenico, o di Domenico che intervista Mimmo?
Per eventuali interviste a Folgorata, parlatene con Sandra. Per eventuali interviste a Sandra, parlatene con Folgorata. Tempi di attesa lunghi, ma ne varrà la pena…
Finalmente nella locandina una foto diversa! Quella usata fino allo sfinimento è si molto bella, ma occorre adeguarsi ai tempi, proponendo un'immagine ancora più piena di vita vissuta. Senza il cappello, strana scelta!!!
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