Una come me non può che essere
attratta, colpita, affascinata, da intese profonde, affinità elettive che
portano due persone che scrivono, separatamene, ciascuno per la parte che gli
compete, una canzone, a immaginarsi lo stesso tipo di svolgimento della storia.
Di queste intese sotterranee, profonde e apparentemente labili mi nutro, e
gioisco ferocemente quando la sorte mi ci conduce.
L’album del 1989, che mi fece
compagnia durante una bella vacanza estiva in un borgo sul mare, contiene
tante delle tante belle canzoni della storia musicale di Mimmo. Dell’album nel
suo complesso e di molte di esse ho parlato in mille occasioni, in particolare di Una vita che scappa.
La versione dell’illuminato
quintetto durante l’esibizione svizzera di qualche anno fa, in cui ciascuno dei musicisti ha modo di esprimere il suo
talento, e il Cantante le sue doti interpretative, calandosi splendidamente in
un personaggio che, stando alla visione un po’ oleografica che di lui alberga
nell'immaginario collettivo, non dovrebbe assomigliargli per niente, è la mia
preferita… Non statemi a sentire, perché dico sempre così, quando ascolto la
canzone dai vari album che la contengono, oltre quello citato, ma anche quando
ascolto la versione live con Greg a Torino, o con Matteo da qualche altra
parte, o da solo, mi si dipinge sul volto un’espressione beata e beota. Per
fortuna non mi vede nessuno, si tratta di un gioco solitario e non condivisibile. In giro per il blog il video, riferito a un concerto del 2010, corredato delle mie considerazioni sempre appassionate, c'è già. Lo ripropongo ancora una volta, con immutato piacere.
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