Lo sanno molto bene, i
personaggi pubblici, con una notorietà grandissima o anche molto
limitata, ed a qualsiasi ambito appartengano. Non importa se
scrittori o cantanti, musicisti o attori, conduttori o altro: nella
corrispondenza che ricevono, sia essa copiosa o ridotta, ma
comunque esistente, spesso ci sarà la richiesta, da parte di chi
scrive, di poterli, almeno una volta, incontrare.
Magari non sarà una
richiesta perentoria, magari sarà la garbata esternazione di un
desiderio, magari oltre che garbata sarà anche timida, ma è un
fatto veramente comune. Capita più o meno a tutti, e non da ora. Se
è vero che, nell'era tecnologica che viviamo, la comunicazione
diretta è facile e veloce, anche in passato non era impossibile, ne'
inconsueto, entrare in contatto con le celebrità del tempo. Alla
apparente freddezza della posta elettronica (apparente perché non
conta tanto il mezzo, quanto il contenuto, che può essere glaciale o
incandescente, o tiepido, anche se si usano carta e inchiostro) basta sostituire una missiva
tradizionale vergata a mano, in bella e chiara grafia, e il gioco è
fatto.
Certamente a mano avrà
scritto l'appassionata e colta francese Henriette D'Hussieres, una
delle tante ammiratrici che volle entrare in contatto epistolare,
indovinate con chi? Niente meno che con Lord Byron, e certamente a
mano, a meno che non avesse, ma non erano ancora tempi, una scrittura
poco leggibile, e anche in tal caso il galateo non lo avrebbe
permesso, scrisse a Italo Calvino una aspirante, e a quanto pare
promettente, giovanissima scrittrice di Sulmona. Diversi i tempi,
diversissimi i personaggi in questione, diverse le estimatrici,
accomunate dal desiderio di conoscere personalmente, l'esponente più
noto del secondo romanticismo inglese, e il grande e riservato
scrittore italiano. Entrambi risposero, ciascuno secondo la propria
indole e le proprie convinzioni.
Propongo entrambe le
risposte, prima quella di Byron e poi parte di quella di Calvino. Non
ci è dato conoscere le missive delle ammiratrici. La lettera di Lord
Byron è datata 8 giugno 1814, quella di Calvino è del 22 aprile
1964.
A Henrietta D'Hussieres
A parte i vostri
complimenti (che sono scusabili solo perché non mi conoscete) voi
scrivete come una donna intelligente, ragion per cui spero che non
ne abbiate minimamente l'aspetto – ne ho conosciuta una sola del
vostro paese – Mme de Stäel –
ed è terrificante come un precipizio. Poiché venirvi a far visita
mi sembra poco pratico – non potete fare in modo di venire voi a
trovare me? dicendomi in anticipo l'ora perché mi trovi sul vostro
percorso – e se questo colloquio condurrà al «tuffo nel
Serpentine»* cui
accennate, - possiamo fare il salto insieme – sarete in ottima
compagnia – poiché io nuoto come un'anatra – una delle poche
cose che faccio bene) e voi dite che il vostro genitore vi ha
insegnato la stessa utile perizia. – Mi piace soprattutto la vostra
educazione – per qualche verso assomiglia alla mia – poiché i
primi dieci anni della mia vita furono trascorsi in gran parte tra i
monti – e avevo anche una tenera e autoritaria genitrice che
talvolta mi concedeva delle vacanze e ogni tanto uno scapaccione. –
Se farete la mia conoscenza – vi prometto di non farvi la corte a
meno che la cosa non vi vada a genio – e anche in tal caso non
avrete motivo di riceverne più di quanto vi farà piacere: –
dovete tuttavia farmi due favori – il primo è di non confondermi
con S** – che è un uomo eccellente – ma con il quale non ho
l'onore di avere la minima (non voglio dire la più piccola, perché
ha la circonferenza di un assessore comunale) somiglianza – e il
secondo é di ricordarvi che «come nessun uomo è un eroe per il suo
valletto», così io non sono un eroe assolutamente per nessuno – e
non trattatemi con un tanto offensivo rispetto e timore reverenziale
– che mi fa sentire come se avessi il busto. - Sarete un'eroina
tuttavia se preferite e io sarò e sono
il
vostro umilissimo servitore
B
P.S. «Sorpreso»? oh! no! - io non mi sorprendo di nulla - se non del fatto che vi disturbiate tanto per uno che non lo merita. […]
*il
lago artificiale a Hyde Park, meta di suicidi (ci si sarebbe
annegata, anni dopo, anche la moglie di Shelley)
**Forse
un altro poeta, Southey?
Gentile
Signorina
ho
letto la sua lettera e i Suoi racconti. I Suoi racconti nella loro
«giovanilità», testimoniano l'occhio sensibile e senza diaframmi
letterari con cui Lei guarda il mondo. Tutto quel che si può dire è
che Lei è «su una buona strada». È poco? È moltissimo.
La
sua lettera pone un problema che credo si riproponga ogni volta che
un lettore vuole conoscere l'autore d'un libro che gli è piaciuto.
Prova sempre una delusione. Perché l'autore non esiste: cioè esiste
solo nelle sue opere; al di fuori di quelle (se non è un dannunziano
o altro genere di trombone) è un tipo qualsiasi che si guarda bene
dall'«identificarsi» con un personaggio ideale. Io, come molti
della mia generazione, ho una possibilità in più d'aver rapporti
con il prossimo – oltre a quella dell'autore (che si può
realizzare solo attraverso le opere) e quella dell'individuo (che si
realizza nel tran-tran della vita quotidiana): sono uno che lavora
(oltre che ai propri libri) a far si che la cultura del suo tempo
abbia un volto piuttosto che un altro. Credo molto in questo aspetto
della mia vita e mi dispiace che lei si senta respinta se persone
come […] o il sottoscritto s'interessano al Suo lavoro da questo
punto di vista. Non c'è sotto nessuna Macchinazione Misteriosa
dell'Industria Culturale per soffocare l'Umanità, mi creda.
Amici
come prima e un cordiale saluto
Il
tema della conoscenza con l'autore è affrontato anche in un'altra
lettera, posteriore alla precedente solo di qualche giorno, di
risposta a una studentessa di Padova che intendeva fare una tesi su
di lui.
Gentile
signorina, se vuole un consiglio, non cerchi mai di conoscere di
persona gli scrittori. Uno scrittore, se vale, è nelle sue opere. La
conoscenza della persona non aggiunge nulla. Per di più, gli autori
sono i meno autorizzati a parlare della propria opera. Proprio per
questo gli studi letterari riescono molto meglio quando trattano di
autori morti che di autori vivi. […] Scusi se sono brusco ma questo
studio dei contemporanei nelle Università è una cosa che non mi va
giù, e ogni volta che ne sento parlare mi arrabbio. Probabilmente
nessun contemporaneo italiano resisterà nella memoria dei posteri. E
quasi certo che tra cinquant'anni quando sapranno che si facevano
lettere su x
o y,
o su di me, scoppieranno a ridere.
Due
stili molto diversi, due toni molto diversi. Galanteria e tono
brillante e mondano nel primo caso, ironia, leggerezza e giocosità.
Asciuttezza, riservatezza e fermezza nel secondo. In entrambi
correttezza ed educazione.
Due
posizioni distanti, ma non del tutto. Neppure Lord Byron, in fondo,
ha un grande desiderio di incontrare l'ammiratrice, ma neppure lo
esclude. Gioca, recita il ruolo di se stesso.
La
vita, la società, i costumi, gli strumenti a disposizione, sono
molto mutati dai tempi di Byron e lo sono anche da quegli anni
sessanta in cui Calvino esprimeva le proprie convinzioni.
Dunque:
conoscerli direttamente, incontrarli, questi personaggi che ci
interessano, ci attraggono, ci affascinano, ci suscitano emozioni,
rappresentano forse un altrove nel quale rifugiarci, oppure limitarci
alla conoscenza che di essi ci fornisce la loro opera, letteraria,
musicale, figurativa o di qualsiasi altro tipo? Un conto è
l'artista, un conto la persona. Con l'artista si può entrare in
contatto, di questi tempi, perfino in tempo reale, se ne possono
conoscere le opinioni e i pensieri, se l'artista in oggetto utilizza,
e lo fanno veramente in tanti, anche se non tutti allo stesso modo,
gli strumenti che lo consentono. Ci si può anche incontrare, nelle
sedi opportune, cioè quelle in cui l'attività artistica o pubblica
trova la sua realizzazione, e che prevede anche (non sempre) uno
spazio e un momento dedicato all'incontro con gli estimatori. Non è
detto che, come dice Calvino, l'incontro possa aggiungere altro alla
ricchezza che abbiamo raggiunto tramite la fruizione dell'opera.
Anzi, potrebbe pure togliere, nel senso che potremmo rimanere
scontenti, o delusi, o amareggiati. Potremmo anche rimanere molto
colpiti, tornare a casa felici e custodire un bel ricordo, e magari
potremmo rinverdirlo in molte occasioni successive, questo ricordo.
Siamo nella sfera della soggettività, e quindi della estrema varietà
dei punti di vista. In teoria niente è impossibile: ci sono
ammiratori che hanno instaurato un bel rapporto personale con i loro
beniamini, qualche volta sono nate delle amicizie e in casi non
isolati anche degli amori. Niente di strano e niente di male: solo
che le cose nascono se ci sono le condizioni, se scatta quel quid
che le fa accadere, e questo vale sempre nelle relazioni tra persone,
note o comuni
che siano. Pertanto non esiste un comportamento giusto e uno meno
giusto, almeno non in maniera troppo rigida o schematica. Esistono l'affetto, la curiosità, l'entusiasmo, ma anche la
discrezione, il rispetto, il buon senso e la buona educazione: è
dentro il giusto equilibrio tra questi elementi che ci si dovrebbe
muovere, anche se non sempre è facile.
...Per tornare un momento a Calvino. Son passati cinquant'anni e a nessuno verrebbe in mente di scoppiare a ridere, davanti alla mole di tesi e studi di cui è stato oggetto.
Per chi come me, fosse interessato a conoscere la persona dentro l'autore, anche attraverso le lettere:
George Gordon Byron, Vita attraverso le lettere, a cura di Masolino D'Amico, Torino, Einaudi, 1989
Italo Calvino, Lettere, 1940-1985, a cura di Luca Baranelli, Milano, Mondadori, 2000
...Per tornare un momento a Calvino. Son passati cinquant'anni e a nessuno verrebbe in mente di scoppiare a ridere, davanti alla mole di tesi e studi di cui è stato oggetto.
Per chi come me, fosse interessato a conoscere la persona dentro l'autore, anche attraverso le lettere:
George Gordon Byron, Vita attraverso le lettere, a cura di Masolino D'Amico, Torino, Einaudi, 1989
Italo Calvino, Lettere, 1940-1985, a cura di Luca Baranelli, Milano, Mondadori, 2000
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