Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

sabato 27 febbraio 2010

TELEFONATE, DIPENDENZA E INTERVISTE


Squilla il telefono nella notte ancora molto giovane. “Cosa fai” “Guardo l’intervista di Mimmo Locasciulli, quella prima del concerto in Calabria” “Sandra (qualcuno mi ricorda che non mi chiamo Folgorata) adesso stai esagerando, questa è una malattia: sei dipendente!” Ciascuno ha le sue, di dipendenze, anche chi pensa di non averne. La voce amica, che tiene a Sandra, ma incomincia a essere stanca e annoiata di folgorate e folgorazioni, dipende da quaranta sigarette al giorno. Ognuno ha le sue, e le dipendenze, che non sono mai un buon segno, ci illudono di aiutarci a placare le ansie, in alcuni casi, in altri ci aiutano a sentirci vivi. Io per il momento, malata e dipendente quanto si voglia, pur in fase di riflessione, e pienamente cosciente, non voglio ne’ curarmi, ne’ smettere. Il tempo e la naturale consuzione faranno la loro parte, se la faranno.

Come promesso dal Presidente del CJC, è apparsa su myspace la breve intervista che in nostro artista ha concesso prima del “memorabile” concerto in Calabria. Io potrei inserire di nuovo il link, che c’è già, in alcuni post precedenti e dire chi ne ha voglia se la guardi, ma come al solito preferisco dire la mia. Un’intervista breve, in cui si affrontano temi spesso già toccati, ma ogni intervista ha una sua personalità, si colgono sfumature diverse. Ad esempio, l’identità: Maestro (Eccoci!) Locasciulli, o Dottor Locasciulli, l’eterno dilemma! Mimmologasciulli risponde il nostro con quella gutturale sorda che scivola nella sonora, come America che diventa Ameriga; “Domenico è quello che sei veramente”, (invece io avrei detto l’ufficialità, l’istituzionalità) “Mimmo è un affettuoso modo di distorcere un nome, ma anche una password, un modo per presentarsi, per rendersi riconoscibile.” In effetti questo diminutivo simpatico, con tutte quelle emme richiama nel suono il termine mamma, trasuda affettività, morbidezza ed è curioso veramente come il nostro artista sia davvero spessissimo, da chi ne parla e chi ne scrive, identificato con queste due sillabe, senza cognome e senza titoli. Io per prima, curiosamente, quando ne scrivo e ne parlo (spesso ahimè per chi ascolta, quando non scappa lasciandomi intenta in un soliloquio) così lo chiamo, come fosse un amico carissimo che conosco fin da piccola, uno di casa, e non un signore di cui in realtà davvero bene conosco solo la voce e la musica.

Sorride Mimmo durante l’intervista, un’intervista condotta in piedi, velocemente, un po’ prima del concerto, già col cappello in testa, e con molta stanchezza, mi pare. Cosa c’è dietro un concerto? Contatti, preparazione, un volo aereo, chilometri e chilometri in macchina, come penso in questo caso, anche se abitare a Roma facilita di molto le cose, nell’un caso e nell’altro. Schemi fissi, routine, ma routine positiva, adrenalina, rituali. Cosa c’è dietro un’intervista? Ci si accorda brevemente sulle domande, lasciando un margine di libertà a chi intervista? Chi intervista ha la totale libertà? Un po’ e un po’, dipende dai casi? Mimmo mi sembra stanco, ha due occhiaie fonde, o forse non lo è, e le occhiaie ce le ha sempre. Certo se lo è, durante il concerto la stanchezza passerà, superata dal coinvolgimento, dalla tensione positiva, dall’interesse e dalla partecipazione del pubblico. C’è un altro breve video, su myspace, l’incipit del concerto, (due canzoni, Un po’ di tempo ancora e Aria di famiglia) che ricordiamolo, vede protagonisti Mimmo e Matteo: padre tenero, continuo a dirlo, perché io sono sempre sensibile ai padri teneri, di figlie femmine in particolare, che Mimmo non ha, e quindi nel suo caso di figli maschi: legame di sangue, ma anche di complicità e affinità, con la musica come collante.

Mimmo si prepara al concerto: una serie di rituali necessari, non scaramantici, non mi pare uno legato a questo genere di cose, Mimmo, razionale uomo del sud; la bottiglina d’acqua, il bicchiere da riempire, dei foglietti forse con i testi delle canzoni, o la scaletta, o non so cosa, che tira fuori dalle tasche della giacca. Le tasche sono come la borsa di Mary Poppins, contengono qualsiasi cosa, devono essere completamente sformate. Scommetto che più tardi avrà tirato fuori l’armonica, le carte no, quelle fanno parte del passato: forse Ballando non fa più parte dei concerti di adesso. Neppure più sigarette e accendini, anche quelli ormai relegati nelle stanze della memoria. Mimmo e la sua nuvoletta di fumo. Come poteva un fumatore così pervicacemente attaccato alla sigaretta trascorrere ore e ore in sala operatoria? Non faceva in tempo a togliersi guanti e mascherina e subito si fumava tre sigarette insieme? E ora, come sarà messo Mimmo con le dipendenze? Avrà anche lui le sue, ci sarà qualcosa di cui proprio non può fare a meno? Ecco, forse il mio limite maggiore è proprio questo: di un tema così, di un uomo così, io avrei dovuto trattare con più distacco e con un taglio più strettamente artistico e meno personale, più neutro, più controllato, ma a quel punto non sarei stata io. Io qui dentro, con qualche estremizzazione da un lato, con qualche necessario filtro dall’altro, ci ho messo me stessa. “Sii te stessa, ad essere sé stessi non si sbaglia mai” - si sente spesso dire. Io sono spesso troppo me stessa e a cinquant’anni quasi suonati mi pare che se recitassi un po’ di più e mi esponessi un po’ di meno, ci guadagnerei senz’altro. Vorrei, ma non sono capace.

Sono bravissima invece a scantonare, ad andare fuori pista. Parlavamo dell’intervista, di Mimmo secondo me stanco, che soprattutto alla fine consumava il pavimento, sorridente e impaziente. L’aspettava il suo pianoforte, l’aspettava il premio (Signor Presidente, mi avrebbe tanto fatto piacere vedere un video con la consegna del premio, è sempre in tempo per inserirlo) l’aspettavano una cena tardiva e un viaggio di ritorno in macchina. I concetti espressi sono già noti a chi segue l’artista. Non chiedeteglielo più a Mimmo, se è più medico o musicista, è come chiedere a un bambino se vuole più bene a mamma o a papà. Lui vuole bene a tutt’e due, la medicina e la musica: la prima è la moglie legittima, la seconda l’amante (fedele, non come il tempo che è un’amante infedele), la prima è amata ma è anche dovere disciplina sicurezza senza possibiltà di deroghe, la seconda è passione pura: non si rinuncia a nessuna delle due. Oltretutto Mimmo volendo potrebbe andarsene tranquillamente in pensione, dal lavoro in ospedale, perchè i suoi 35 anni di servizio ce li ha già quasi, se ha riscattato la laurea ne ha quaranta: se non lo fa, un motivo ci sarà.

Si toccano altri temi: il “suo” essere per la canzone d’autore, il “suo” essere appassionato di buona musica, al di là dei generi; il “suo” sentirsi cronista delle sue sensazioni; l’essere e sentirsi profondamente un uomo del sud, con tutto ciò che questo comporta; l’invito, quando gli si chiede cosa pensa della Calabria, a chi vive nel sud a riappropriarsi delle proprie radici e delle proprie peculiarità, evitando di rincorrere “qualcosa che non c’è”, intendendo con questa espressione tutto ciò che ha attinenza con gli aspetti deteriori della globalizzazione… Alla fine dell’intervista, si sente una voce che non è quella dell’intervistatore. “Posso fare una domanda?”- “Si” - risponde Mimmo con un cenno stanco e rassegnato, “Cosa è cambiato da quando hai iniziato?”- “Tutto ciò che mi gira intorno…tutto scappa, si dimentica più in fretta…ci si saluta più in fretta, le giornate sono di dodici ore e non di ventiquattro (e lui le vorrebbe di quarantotto) …io non sono pessimista, ma questo è un momento di freno, non c’è il turbo, non c’è l’entusiasmo…” Fine dell’intervista, meno male, perché mi sono immedesimata ed ero impaziente anch’io. Continua a consumare il pavimento, Mimmo, mentre si libera del microfono e continua a sorridere. Altre due battute fuori inquadratura: “Io sono una persona ottimista, ma è come quando si finisce la benzina, si, la macchina è stupenda, ma è finita la benzina.”
Peggio per chi si dimentica di fare regolarmente il pieno.
Guardatevela l’intervista, vale sempre la pena, almeno secondo me, anche se per contratto e per indole io tiro fuori il mio modesto spirito critico, lo guardo sempre volentieri e con affetto, Mimmologasciulli. Poi, con un nome così morbido, che a rigirarselo in bocca sembra di mangiare caramelle doppia panna, come si fa a non volergli bene, a Mimmo?

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