Da quando abito un'altra casa e un'altra vita, che della precedente è la naturale, inevitabile prosecuzione, ma che se ne discosta alquanto, ho ascoltato pochissime volte musica e solo in due occasioni, musica di Mimmo. La prima è stata una mattina di marzo, quando ho cercato compagnia in Piano piano, con l'orecchio teso verso altri suoni che di lì a qualche giorno non avrei più potuto sentire. La seconda, qualche giorno fa, quando, rientrata prima del previsto, ho accompagnato un inconsueto impegno in cucina (nell'altra vita nutrivo, in questa in genere sono nutrita) all'ascolto di Delitti perfetti, perché sentivo l'esigenza di un ripasso. L'impegno in cucina è stato più lungo del previsto, per cui ho chiesto a Mimmo il bis. Ho riflettuto, mentre lavavo e affettavo carote, sedano, verza e pomodori e melanzane, sulla esigenza dell'artista (non solo il Nostro, essendo un fenomeno alquanto diffuso), di rivisitare le sue canzoni, di non lasciarle imbalsamate e immutate per sempre, ma di cantarsele e suonarsele in modo diverso da quello originale. In Delitti, per alcune canzoni, questa rivisitazione fu abbastanza estrema. A detta di alcuni troppo. Penso ad esempio a Intorno a trentanni... a Una vita che scappa, a Il treno della notte. Penso a quel 25 settembre che mi sono segnata sul calendario, seppure solo mentale e non materiale, e mi domando cosa ci riserverà, e quali saranno le sorprese, al di là di alcune sorprese annunciate, o parzialmente svelate, o intuite. Forse quel 25 settembre potrebbe diventare un 25 dicembre, e non ci sarebbe alcun problema, anzi sarebbe un bel regalo di Natale. A quel punto, forse, tornerei, almeno per un po' ad ascoltare in maniera intensiva e anche un po' compulsiva, perché tutto a un certo punto ritorna, anche se mai esattamente allo stesso modo.
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