Sono una bottiglia come tante, di
vetro scuro. No, non vi preoccupate, non ho intenzione di raccontarvi la mia
storia remota, solo quella più recente. Proprio da lì voglio partire, dal mio
arrivo, insieme a un grande numero di sorelle, nella cantina di un signore che
fa il vino. Un tipo che ci tiene molto, a questa nobile bevanda, o alimento, se
preferite. Le uve gli arrivano dalla sua terra, l’Abruzzo e sono curate
amorevolmente da alcune persone di sua conoscenza, ma quando giungono nella
sua cantina, che si trova in un bel borgo laziale, è lui a dirigere le danze.
Prima lo faceva solo per sé e per gli amici, poi, a un certo punto, ha deciso di
allargare la cerchia e di metterlo in vendita. Un circuito limitato, si
intende, non è che vai al supermercato e lo trovi, e neppure in enoteca, se è
per quello, o al ristorante, a parte qualche eccezione nel territorio. Può
accadere di trovare il suo vino in qualche fiera, questo si, ma non è roba di
tutti i giorni. Se vuoi il vino di quel signore, che tra l’altro non vive della
sua vendita, lo devi andare a cercare. O ti presenti in cantina, o scrivi e
chiedi che te lo inviino; insomma devi essere veramente interessato, perché,
certo, ottimo vino ce n’è tanto ovunque, dietro l’angolo. So di qualcuno che
interessato lo era, e anche molto curioso, ma mai e poi mai, per una serie di
motivi che la riservatezza mi impone di non rivelare, ma in qualche maniera
hanno a che fare con riservatezza e pudore, mai e poi mai avrebbe bussato alla
porta della cantina e mai e poi mai avrebbe scritto o chiamato per ricevere a
casa un cartone con le diverse etichette disponibili. Questo qualcuno si era
messo il cuore in pace, non rinunciando però del tutto, in fondo ad esso, alla
possibilità che un giorno potesse accadere di fare un incontro con una
bottiglia.
Ecco, quella bottiglia sono io.
Sono stata riempita con un vino che si chiama Cardilloso, nome dal suono
ispanico che evoca boschi, trilli e cinguettii. Le uve sono quella della
vendemmia del 2011. L’intento dei sodali del vino era di produrne uno
d’eccellenza, con una gradazione alcolica alta, di un bel colore rubino,
profumato, forte e al tempo stesso gentile, come si dice della regione dalla
quale le uve provengono, con sapori di amarena, frutti rossi, frutti di bosco, mandorla e cuoio. Mi è stata
pure apposta una semplice etichetta, che non descrivo, perché potete vederla
nella immagine che vi accludo e che mi rappresenta: lo ammetto, sono vanitosa.
Siamo state scelte fra tante, io
e una mia cara sorella, e abbiamo fatto un lungo viaggio, vicine vicine per
farci compagnia e non avere timore. Non racconto le peripezie del viaggio, dico
solo che a un certo punto siamo giunte in una casa molto lontana dal luogo in
cui è avvenuto il matrimonio con quel vino forte e gentile, dove siamo state
accolte con gioia e sorpresa, ma solo poca, perché sembrava quasi che fossimo
attese. La cara sorella è stata custodita in un luogo oscuro, dove ha trovato
buona compagnia, mentre io ho avuto un altro destino. Non è trascorso che
qualche minuto e mi sono trovata un po’ più leggera, perché avevo perso il
tappo e anche parte del mio contenuto era finito dentro un bicchiere che mi è
sembrato quello delle grandi occasioni.
Non vorrei spingermi a raccontare
troppo, ma mi è parso di leggere negli occhi di chi sorseggiava il vino, una luce
particolare, come anche nel tono di voce che commentava colore, profumo e
sapori: si sentono proprio, la mandorla e i frutti rossi! Su quanto è accaduto
dopo, durante la cena, ho il dovere di tacere, perché sono vissuta in un
ambiente in cui la riservatezza è un valore importante.
Ora sono qui, completamente
vuota, e attendo che si compia il mio destino. Morirò e rivivrò molte altre
volte, ma non credo possa più capitarmi una storia così emozionante come quella
che ho vissuto.
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