Ho seguito una traccia, che mi ha portato dritta alla fonte: alcune pagine di Mimmo Locasciulli all’interno di una pubblicazione più ampia. Non anticiperò nello scritto odierno di che cosa si tratti, e neppure parlerò diffusamente del contenuto. Questo non tanto per suscitare curiosità e suspence nel mio minuscolo “parco lettori”, quanto perché ne verrebbe fuori un pezzo chilometrico. La prossima puntata del feuilleton svelerò traccia e fonte, che certe belle cose non sono da tenere solo per sè. Per ora mi limiterò a dire che, come sempre, l’aver recuperato una testimonianza non mediata, ma di prima mano, cioè uno stralcio di vita di Mimmo Locasciulli scritta da lui medesimo, mi ha dato qualche momento di felicità pura. L’ho già detto altre volte, ma mi piace rimarcare questa mia capacità di saper gioire di piccole cose: in certi casi ho le stesse reazioni di una bambina, non viziata, dei miei tempi, davanti a un dono lungamente desiderato.
Nel corso della mia attenta e rapita lettura, scopro che Mimmo al liceo era un asso in latino, aveva otto negli scritti, anche se un anno fu rimandato a settembre perché non studiava la letteratura. Aveva due: otto più due, la somma la sa fare anche una come me che aveva appunto, otto in latino, scritto e orale, ma due in matematica, fa dieci. Dieci diviso due fa cinque, (so fare anche le divisioni semplici) voto col quale sicuramente l’insegnante volle spronare lo studente discontinuo e poco disposto a soggiacere alle regole, anche allo studio della letteratura, rinviandolo a settembre.
Questa notizia mi ha dato lo spunto per divertirmi un po’. Mi è venuto in mente di assegnare tre versioni di latino all’Asso in questione, e ho pensato a tre autori, che potessero avere connessioni con tre aspetti della sua vita, tutti importanti. Mi sono messa a lavorare di buona lena, e ho individuato tre personaggi della letteratura latina molto noti, ciascuno per la sua sfera di competenza. Nessun autore poco conosciuto, o conosciuto solo da latinisti, nessuna ricerca di effetti speciali. Il primo è Aulo Cornelio Celso, vissuto nella prima età imperiale, erudito, enciclopedista, di cui ci è giunta un’opera che si intitola De medicina composta di otto libri. Se Celso fosse egli stesso medico, non è del tutto certo. Il settimo e l’ottavo libro trattano di chirurgia.
Nel corso della mia attenta e rapita lettura, scopro che Mimmo al liceo era un asso in latino, aveva otto negli scritti, anche se un anno fu rimandato a settembre perché non studiava la letteratura. Aveva due: otto più due, la somma la sa fare anche una come me che aveva appunto, otto in latino, scritto e orale, ma due in matematica, fa dieci. Dieci diviso due fa cinque, (so fare anche le divisioni semplici) voto col quale sicuramente l’insegnante volle spronare lo studente discontinuo e poco disposto a soggiacere alle regole, anche allo studio della letteratura, rinviandolo a settembre.
Questa notizia mi ha dato lo spunto per divertirmi un po’. Mi è venuto in mente di assegnare tre versioni di latino all’Asso in questione, e ho pensato a tre autori, che potessero avere connessioni con tre aspetti della sua vita, tutti importanti. Mi sono messa a lavorare di buona lena, e ho individuato tre personaggi della letteratura latina molto noti, ciascuno per la sua sfera di competenza. Nessun autore poco conosciuto, o conosciuto solo da latinisti, nessuna ricerca di effetti speciali. Il primo è Aulo Cornelio Celso, vissuto nella prima età imperiale, erudito, enciclopedista, di cui ci è giunta un’opera che si intitola De medicina composta di otto libri. Se Celso fosse egli stesso medico, non è del tutto certo. Il settimo e l’ottavo libro trattano di chirurgia.
Il piccolo brano scelto, tratto appunto dal settimo libro,La *chirurgia : libri 7. e 8. del De medicina / A. Cornelio Celso ; testo, traduzione, commento a cura di Innocenzo Mazzini. - Macerata : Università degli studi ; Pisa [etc.] : Istituti editoriali e poligrafici internazionali, 1999. - 385 p. ; 24 cm. ((Testo orig. a fronte. - Seguono appendici. riporta un elenco delle caratteristiche che un chirurgo debba possedere per esercitare al meglio la sua arte. Da allora la chirurgia si è molto evoluta, e al chirurgo per fortuna non si richiede più di essere adulescens…
Esse autem chirurgus debet adulescens aut certe adulescentiae propior; manu strenua, stabili, nec umquam intremescente, eaque non minus sinistra quam dextra promptus ; acie oculorum acri claraque; animo intrepidus ; misericors sic, ut sanari velit eum, quem accipit, non ut clamore eius motus, vel magis quam res desiderat properet, vel minus quam necesse est secet; sed perinde faciat omnia, ac si nullus ex vagitibus alterius affectus oriatur.
Il secondo brano è tratto dal Laelius: De amicitia di Cicerone. La scelta è caduta su quest’opera, perché il Nostro Amico da una grande importanza a questo valore e sentimento, e sicuramente in un rapporto di amicizia vero rivela doti di accoglienza e generosità e condivisione (non solo della cantina e della mensa, ma di piacevoli disquisizioni, di attenzioni, di cure, di ascolto, di rassicurazioni, di risate). Anche qui la parte selezionata è quella in cui l’illustre oratore enumera quali debbano essere le qualità di un buon amico. La versione è un po’ più impegnativa, il latino quello classico ciceroniano.
Firmamentum autem stabilitatis constantiaeque est eius, quam in amicitia quaerimus, fides ; nihil est enim stabile, quod infidum est. Simplicem praeterea et communem et consentientem, id est qui rebus isdem moveatur, eligi par est. Quae omnia pertinent ad fidelitatem ; neque enim fidum potest esse multiplex ingenium et tortuosum ; neque vero qui non isdem rebus movetur naturaque consentit aut fidus aut stabilis potest esse. Addendum eodem est, ut ne criminibus aut inferendis delectetur aut credat oblatis, quae pertinent omnia ad eam, quam iam dudum tracto, constantiam. Ita fit verum illud, quod initio dixi, amicitiam nisi inter bonos esse non posse. ...
Accedat huc suavitas quaedam oportet sermonum atque morum, haudquaquam mediocre condimentum amicitiae. Tristitia autem et in omni re severitas habet illa quidem gravitatem, sed amicitia remissior esse debet et liberior et dulcior et ad omnem comitatem facilitatem proclivior.
Infine, come non pensare, trattandosi di assegnare un compito a Mimmo, di rendergli il lavoro un po’ divertente, magari proponendogli di tradurre una ricetta tratta dal De re coquinaria di Apicio? Leggere quest’opera è un’autentica avventura che consiglio anche a chi non abbia alcuna confidenza con il latino. Ho scoperto il lavoro, rigoroso, e al contempo di piacevole lettura, di un autore che, guardacaso, oltre che storico é anche medico, e, guardacaso, è più o meno coetaneo di Mimmo, e ha studiato a Perugia. (Continuo a navigare nel mio mare di coincidenze.) Nel libro I *cibi di Roma imperiale : vita, filosofia e ricette del gastronomo Apicio / Gianni Gentilini ; con l'edizione critica del De re coquinaria. - Milano : Medusa, [2004]. - 608 p., [16] c. di tav. : ill. ; 25 cm. si ricostruiscono la vita e il periodo storico di Apicio, che visse verosimilmente nel primo secolo dopo Cristo, mentre il De re coquinaria che è pervenuto fino a noi è probabilmente un rifacimento del quarto secolo, di un’opera di molto anteriore.
Ci si immerge in un mondo molto diverso dal nostro per certi aspetti, e si rimane colpiti dalla grande varietà di pietanze e condimenti, alcuni certo poco adatti ai nostri gusti, e anche dal fatto che nel ricettario, compaiono molti piatti a base di animali, volatili in particolare, ma non solo, che oggi nessuno si sognerebbe di cucinare. Mi viene da pensare ai leggiadri fenicotteri che colorano di bellissime nuances di rosa i nostri stagni, poveretti, spennati spellati e sbollentati, e conditi con ogni genere di spezie e liquamina. Oppure ai ghiri. Certo dovevano essere piatti per classi alte, cibi per una ristretta cerchia, non per il popolo che come al solito si doveva accontentare di cibi meno rari e raffinati, anzi improntati a una certa semplicità e rusticità.
Per Mimmo ho scelto una ricetta di Ventricula, cioè stomaco di maiale ripieno. Roba per palati robusti, ma insomma, una ricetta abbastanza normale, paragonata ad altre. Spezie a parte, nel ripieno di alcune versioni della cima alla genovese ci sono ingredienti (carne trita, cervello, uova) comuni a quelli della ricetta di Apicio.
Ventricula
1) Ventrem porcinum : bene exinanies, aceto e sale, postea aqua lavas, et sic hanc impensam imples : pulpam porcinam tunsam tritam, ita ut enerviata commisceas cerebella tria et ova cruda, cui nucleos infundis et piper integrum mittis et hoc iure temperas. Teres piper, ligusticum, silfium, anesum, gingiber, rutae modicum, liquamen optimum et olei modicum. Reples acqualiculum sic ut laxamentum habeat, ne dissiliat in coctura. Surclas, ambas, et in ollam bullientem summittis. Levas et pungis acu, ne crepet. Cum ad dimidias coctum fuerit, levas et ad fumum suspendis ut coloretur. Et denuo cum perelixabis, ut coqui possit, deinde liquamine, mero, oleo modico temperabis, et cultello aperies et cum liquamine et levistico adponis.
2) Ventrem ut tostum facias, in cantabro involve, postea in muriam mittis et sic coque.
Nella cucina sarda dei pastori veniva preparato un piatto a base di stomaco di pecora riempito con il sangue dell'animale (‘entre ‘e samene in lacune zone, in altre frente, o zurrete) e formaggio pecorino fresco, menta, tocchetti di pane raffermo e, nella versione di lusso, gherigli di noce. Cucito a dovere, si faceva bollire. Si serviva tiepido, tagliato a fette. Mia madre racconta che era una vera prelibatezza. Credo che sia quasi del tutto caduto in disuso, forse riportato in auge in qualcuno di quei pranzi per turisti preparati dai pastori, che tanto successo riscuotono oggi, o riservato a occasioni particolari.
La Folgorata che ha deciso di mostrarsi senza pelliccia e senza occhiali da sole. Un po’ la faccetta da maestrina ce l’ha. Corre un rischio non da poco nel mostrarsi, perché Mimmo studente, seppur ricco di talenti, era un po’ discontinuo, e il suo profitto dipendeva anche dalla faccia dei professori: se non gli andava a genio, prendeva in antipatia la materia, rendeva poco. Qui si gioca d’azzardo, quindi F. non ha problemi a metterci la faccia, la faccia di una che ha una voglia matta di essere professoressa di latino per lo spazio di un post, e non di una classe scalmanata, ma di un allievo un pochino anomalo. Che bello per una volta vestire i panni di professoressa di latino di Mimmo, prof che, poverina, purtroppo non potrà mai sapere se l’allievo avrà intanto letto il compito assegnato, se lo avrà svolto, se avrà tradotto all’impronta o con l’aiuto del vocabolario, se avrà barato andando a cercare le opere con il testo tradotto, e soprattutto se avrà gradito la scelta, fatta dalla professoressa occasionale, in funzione dell’allievo un pochino anomalo. Chissà. Da queste parti su tutto aleggia il più cupo mistero, la più totale incertezza, e, brancolando nel buio, è facile andare a cozzare contro qualche spigolo. Lividi a parte, quanto però è più affascinante, ciò che è oscuro, incerto e misterioso!
Mimo .. ora l'hai vista .. non trovi che sia carinissima?!!! dai che una fan così non la trovi facilmente ... intelligente, carinissima, spiritosa, affezionata, imperterrita nel seguire le tue tracce che manco Poirot ... insomma cosa aspetti a invitarla a un tuo concerto con cena a tre a seguire? ( a tre perchè la tua fan è felicemente accasata)
RispondiEliminapennastilografica
Ciao, Penna, bentornato, e grazie per la valanga dei complimenti che mi ha travolto. Mi metti un pochino a disagio. Sono qui piena di ecchimosi, che si uniscono ai lividi del continuo brancolare nel buio. Sei americano che lo chiami Mimo, come il suo amico Greg? Si chiama Mimmmmmo, con tante emme.
RispondiEliminaLa bellezza è negli occhi di chi guarda, o nelle intenzioni di chi vuol consolare un'afflitta, e questo è il tuo caso, caro Penna consolatore di afflitte per contratto. A me sembra di essere alquanto bruttarella in quella foto, anche se non troppo diversa da come sono nella realtà, ma volevo ad ogni costo mettere la mia faccia, e quello è l'unico primo piano recente che ho.
Ti abbraccio, bentornato.
Bella dentro.
Cara Folgorata, in effetti la foto tessera è un pò troppo "statica" e forse Mimo (da quando sono stao negli USA -nel secolo scorso- oramai mi sento amerikano d'adozione!) avrebbe gradito qualcosina di più naturale e meno formale ... lo conosci com'è l'uomo no? ma se è quell'intelligentone che dici che sia di certo gradirà lo stesso, anche se continua a fare lo gnorri solo perchè se la tira un pochino.
RispondiEliminaDa quasta foto si vede benissimo che sei bellissima fuori e dentro.
E io non sono il consolatore degli afflitti ma solo l'annunciatore, e il custode delle persone a cui volgio un mondo di bene.
pennastilografica
E neppure io sono l'avvocato di nessuno, ma ti ricordo che Mimmo non mi ha cercato: sono io che l'ho messo sotto la lente d'ingrandimento, e davvero il gioco è fine a sè stesso, cioè senza secondi fini. L'ho già detto altre volte e lo ribadisco. Non guasta. Io credo che per lui i fans siano tutti uguali, nelle sedi giuste, maschi e femmine, belli e brutti. Meno invadenti sono, meglio è. I tributi gratificano tutti gli artisti, un po' di curiosità per la bestia strana che sono potrebbe pure esserci, che sono in fondo innocua spero si sia capito. Con ciò ho concluso. Quanto a noi due: sei un po' consolatore, perchè sai un sacco di cose mie, e molte, anche se mi conosci da quando sono nata, le stai scoprendo attraverso questa mia, per te, insospettabile, forse un po' estrema forma di comunicazioni in rete. Oh, Penna I love You!
RispondiEliminaCarissima folgorata anche io ho fatto la primina....e ho uno zio che aveva un cinema......
RispondiEliminasabina
I nati a gennaio sono giustificati, e li perdonaniamo anche se hanno frequentato l'Assunzione. Chissà quanti film gratis ti sei vista, durante la tua infanzia.
RispondiEliminaGrazie, mio tramite con la Bib. di Pescara.
Spero di avere altre occasioni per farti lavorare.