Questo post è stato scritto il 18 di settembre nell'altro mio blog, A pesar de los pesares, perchè, pur essendo già folgorata, ancora non avevo pensato di dare voce in uno spazio autonomo e indipendente alla mia folgorazione. In A pesar c'è anche qualche altro scritto su Mimmo, o in cui lo cito. (Poveretto, quanti acufeni avrà avuto, in tutto questo tempo!) Per ora pubblico qui questo, proponendo una...cover di me stessa.
Un modo intelligente di spendere trenta euro
Almeno per me, che comprendendo in questa cifra anche le spese di spedizione, mi sono portata a casa delle emozioni. Ho acquistato Idra, l'ultimo album di Mimmo Locasciulli, e anche un libretto di cento pagine, intitolato Mimmo Locasciulli, Sognadoro e altre storie, di un giornalista che si chiama Mario Bonanno, dove posso trovare raccolte insieme notizie su uno dei miei autori italiani preferiti, se non il preferito, almeno in questo momento. A dire il vero mi sono talmente impegnata a studiare l'autore di canzoni e il musicista e entro i limiti del consentito, la persona, che Bonanno non mi ha raccontato nulla di nuovo, senza contare che il libro è del 2007 e Idra, di cui molto si è scritto, è uscito a maggio di quest'anno, ma mi è venuto ugualmente il desiderio di possederlo. Il libro contiene una bella breve nota introduttiva del giornalista Leonardo Lodato, nella quale mi sono pienamente riconosciuta, una conversazione con Locasciulli, il commento di Bonanno ai lavori di L., la discografia completa e una rassegna stampa degli articoli pubblicati in genere in uscita dei suoi album. Quanto al disco avevo tentato di comprarlo a Cagliari. Non l'ho trovato da nessuna parte. Sono andata a ordinarlo in quello che un tempo almeno, non so più oggi, era il negozio più fornito della città. Ci sono andata rubando un'ora, nel periodo più caldo, climaticamente e non solo del mio travagliato agosto, quasi per trovare uno spazio per me: mi sono sentita come una donna che va a trovare il suo amore clandestino di pomeriggio, ho dato a questa cosa banale un significato trasgressivo, perchè per me in quei giorni anche uscire un'ora per comprare un disco era un fatto straordinario, un di più. Di dischi di Locasciulli manco l'ombra. Lo ordino, ritorno qualche giorno dopo, sempre col sole a picco e con quell'aria da clandestina, e mi dicono che i distributori sono in ferie e bla e bla. Alla fine lo ordino online. Quando ti arriva un pacco è sempre bello, anche se sai cosa c'è dentro, lo apri con stupore, come se dovesse contenere anche altre sorprese: almeno per me è così, mi porterò ancora dentro la reminiscenza dei pacchi della nonna, di cui parlai tanto tempo fa. Ho ascoltato Idra, che il suo autore considera il lavoro più riuscito. Io non lo so, e non sono portata a fare classifiche. L'ho ascoltato con attenzione, conoscevo le due canzoni (Scuro e Idra) che si trovano integralmente in rete, e poi alcuni accenni delle altre, che si possono ascoltare sul sito di M.L. Le canzoni sono molto belle, alcune come spesso succede ti prendono subito, per altre c'è bisogno di tempo, di maggiore attenzione. Se dovessi mettermi a fare l'elenco delle canzoni di Locasciulli che amo di più e che sento di più, per i motivi più disparati (ricordi lontani, sfondo a momenti della mia vita, identificazione, piacere puro e semplice, capacità di suscitare in me delle emozioni) non la smetterei più, ma a parte i pezzi classici che ormai sono diventati patrimonio comune e che anche quelli che conoscono pochissimo il nostro autore, se gliele canticchi, ricordano, e parlo di Piccola luce e Intorno a trentanni, o Pixi Dixie Fixi, in questo ultimo periodo, ormai non brevissimo, perchè in maniera intensiva dura da qualche mese, ascolterei anche cento volte di seguito senza stancarmi: Come viviamo quest'età, che il nostro ha scritto, insieme con altre sei canzoni, udite udite, per Gigliola Cinquetti, Aria di famiglia, Che fine farò, scritta per Alessandro Haber, Non è stato facile, Hotelsong nella versione in cui c'è una parte cantata in tedesco, bellissima, e Odor di maggio, e cento altre che qui non cito per non esagerare. Poche sono le canzoni che non mi piacciono, anzi quasi non ce ne sono, ce n'è qualcuna, che considero meno riuscita, ma queste non le elenco. Cito invece un fatto che a me sembra curioso e non facilmente spiegabile; non riesco ad ascoltare l'album Clandestina, del 1987, non tutto di seguito almeno, mi procura strane sensazioni, non mi fa bene, come invece in genere la musica di L. che per me è anche un po' terapeutica, mi serve talvolta a lenire certe ferite, o anche a mettere l'accento su altre, ma è quel dolore malinconico e un po' struggente, che paradossalmente mi piace. Con Clandestina è diverso, e non so bene perchè, forse mi riporta a qualcosa legato al periodo in cui è uscito, e non voglio ricordare. Attendo ora di far sedimentare dentro di me le canzoni di Idra, del quale non mi metto a magnificare la raffinatezza musicale, ne' gli splendidi musicisti che vi hanno partecipato perchè una miriade di addetti ai lavori lo ha già fatto con cognizione di causa. Io ascolto e aspetto: mi piace molto quando all'improvviso, impegnata in tutt'altro, alcuni versi delle canzoni che mi hanno colpito, di Mimmo e non solo, mi attraversano i pensieri. So che tra breve mi capiterà anche con Idra, dentro un pullman affollato, mentre parlo con un utente in biblioteca, mentre spolvero i miei portauovo, e volerò lontano.
Questo è quanto scrivevo appunto il 18 di settembre. Strano rileggersi anche a distanza di così poco tempo: già oggi mi sarei espressa diversamente. In quei giorni probabilmente ascoltavo molto le canzoni che ho elencato: curioso evidenziare come quasi tutte siano frutto di collaborazioni con altri autori, con alcuni dei quali dà davvero il meglio di sè, Mimmo, ma ci mette la sua impronta inconfondibile, tanto che anche se non sono solo figlie sue le canzoni lo diventano totalmente. Oggi ho di nuovo ascoltato di seguito le tre diverse versioni di una canzone che stranamente non ho citato nel post riproposto oggi: Una vita che scappa, (scritta con Enrico Ruggeri, l'album è Adesso glielo dico, del 1989, quello che segna anche l'inizio della collaborazione con Greg Cohen) da quando la sentii per la prima volta, vent'anni fa, non ha mai smesso di essere per me una delle più trascinanti e coinvolgenti. La versione che prediligo è quella contenuta in Delitti perfetti (1992): da ascoltare in penombra, con gli occhi chiusi, oppure in piena luce, ballando, se si vuole: sprigiona una notevole carica di sensualità anche un po' prepotente, che mica si può stare troppo a corteggiarsi senza concludere quando c'è una vita che scappa. Nella terza versione, (in Aria di famiglia, 2002) a suonare la tromba è il grande artista sardo Paolo Fresu. Mi metto lì, me le ascolto, tutta contenta, tutte e tre di seguito, e poi ricomincio. Intanto i bambini piangono, il latte si versa, il telefono squilla, il bagno si allaga, il mondo crolla e io niente, rimbambita completamente: questa folgorazione deve aver danneggiato qualche fusibile, in maniera irreversibile.
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