Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

sabato 30 settembre 2017

ANNIVERSARIO

Oggi è il compleanno di Folgorata. Compie otto anni. Ne ha combinato di tutti i colori, come si evince dal primissimo post, copiato e incollato, che è appunto verde, notoriamente colore della speranza, dell'erba, dello smeraldo e della bile. 
Ecco qua lo stile della giovane folgorata, che si domandava perché, e di questo suo domandarsi rendeva partecipi mondo e cantante. Ignara di tutto, non sapeva che esistevano già allora gli avvisi di google, pertanto Mimmo fu da subito informato della spada di Damocle che da quel momento in poi sarebbe stata sospesa sulla sua testa. Mamma, Romano R. ha cambiato sesso e mi perseguita in forma più moderna e tecnologica... Mi son posta spesso il problema, in particolare nei primi tempi,  ma  non solo, quando l'entusiasmo e l'incantamento di cui ero caduta vittima potevano farmi uscire un po' dalle righe,  di essere invadente, inopportuna, molesta, esagerata, eccessiva, sopratutto in relazione alle caratteristiche del soggetto che avevo, in maniera un po' avventata, scelto di vivisezionare, ma da tempo ho fatto pace con me stessa, e credo che da tempo anche Mimmo abbia capito che da me non gli sarebbe arrivato nessun nocumento. 

                                                          Perché


Un blog monotematico dedicato a Mimmo Locasciulli, dunque. Sono, non dico una fan della primissima ora, che nel 1975, quando uscì il suo primo album ancora non lo conoscevo, ma sicuramente lo sono dal 1982. L'ho seguito con assiduità e interesse per tanto tempo, poi, non so bene neppure io perchè, ho lasciato che la mia passione si assopisse un po', finchè quest'anno, in maniera del tutto inaspettata, e anche di questo non so darmi una spiegazione chiara, è riesplosa in maniera eclatante, forse un po' eccessiva, considerando che chi scrive è una signora di mezza età sufficientemente seria, e non un'adolescente degli anni ottanta alle prese con i Duran Duran, o una tredicenne di oggi che spasima per i Tokyo Hotel. Ancor più serio è l'oggetto di tale passione, non certo un divetto televisivo o da stadio che strappa scene isteriche alle ammiratrici urlanti. Questo blog che vede la luce oggi, 30 settembre 2009, vuole essere insieme un modo per rendere omaggio alla figura di quello che io considero un "grande" e nello stesso tempo un modo per permettere alla signora di mezza età che sono di prendersi un po' in giro raccontando in maniera spero ironica le sue avventure nel web e non solo sulle tracce di Mimmo. Lui non sa di questo blog, ma non lo sapevo neppure io: è un'idea di stamattina, palesatasi sotto forma di titolo, mentre bevevo il caffè. Non credo che glielo parteciperò, che voglio lasciarlo tranquillo, ne' credo che questo blog avrà un gran seguito; tuttavia se il protagonista involontario dovesse imbattersi in questo blog, e non dovesse gradire, si metta in contatto con l'autrice che provvederà a "sopprimere" i post. Ho intenzione di raccontarlo non seguendo uno schema fisso, o dividendo in paragrafetti troppo tradizionali vita opere e...miracoli, ma in maniera più sciolta e libera, magari partendo da notizie un po' curiose, che nel mio girovagare, fiutando come un cane da tartufi, ho scovato. Sono curiosa anch'io di vedere che cosa ne verrà fuori.

giovedì 28 settembre 2017

SOTTO IL CUSCINO

Finisce il giorno e ricomincia la notte
Mi sento il cuore ammaccato di botte
E poi la notte e dopo un'altra mattina
Dammi la mano e sto già meglio di prima.

Al tempo in cui questa canzone uscì, e anche se lo sappiamo tutti che si tratta del 1985, e che il titolo è Sotto il cuscino, e che l'album si intitolava ( e si intitola) M.L., essendo agiografa mi tocca ripeterlo, la canticchiavo sempre e in particolare canticchiavo questa strofa. Qualche volta lo faccio anche adesso. Sempre la stessa strofa.  Cantavo pure  E queste mani fredde chi me le può scaldare (Non voglio più, stesso album, stesso anno) e ancora mi capita di cantare quel verso. Io non vorrei più, ma quello si autodetermina, decide da solo. Desidera che io lo canti. 



Sono passati trentadue anni. Non voglio più alzarmi alle cinque del mattino, sono sempre morta di sonno e l'altro giorno, nella mezzora della pausa pranzo, mi sono messa davanti a un video di youtube, un video bellissimo di tanti anni fa in cui una brava cantante italiana autrice delle sue canzoni, che assomiglia un po' a Olivia, e un ballerino americano di un fascino smisurato (continuo a subirlo un po' anche adesso che sono anziana e gli uomini neanche li vedo più, e il ballerino non ha più il fisico atletico di un tempo e ha sessantuno anni), danzavano una danza amorosa sulle note di una vecchia canzone... Ho chiuso gli occhi e poi è stato come quella volta in cui ho fatto la gastroscopia e mi hanno dato il Valium e sono stata risucchiata in un vortice verde e mi sono persa nell'oblio. Dopo non so quanto tempo ho sentito una musica, che era diversa da quella iniziale, e ho incominciato a farmi delle domande: In che albergo sono? ma forse sono nella vecchia casa, no, in quella nuova, sono dentro una tenda in campeggio nel 1985, e solo dopo molto (così mi è sembrato, in realtà saranno stati pochi secondi), ho capito che ero al lavoro e che la mia pausa era finita. Mi sono alzata, mi sono rassettata, mi sono sentita molto vecchia e molto rintronata, e ho ucciso in fretta le ore che mi separavano dal mio ritorno a casa.

Alla fine, alle dieci di sera, sotto il cuscino ho cercato di trovare la pace, ma di fatto ho rischiato di soffocare. 

mercoledì 13 settembre 2017

L'ARMINUTA

... Sono rimasta a guardare la fiammella un po' tremolante, forse per il mio respiro vicino. Non pensavo a niente di preciso, ma avevo dentro, oltre le paure, una forza luminosa come quel piccolo fuoco.
Donatella di Pietrantonio, L'Arminuta, Torino, Einaudi, 2017, pag.109.

Ho seguito il consiglio di Mimmo, e ho comprato e letto il libro della sua concittadina. Se non avessi visto quella foto in cui sorridono vicini, lei con il disco di lui tra le mani, lui con il libro di lei, e questo mi racconta che l'incontro non è stato casuale, non sarei stata così precipitosa. In genere, ma non credo di essere originale in questo, nel senso che è una cosa abbastanza ovvia, i libri mi chiamano, e lo fanno a volte anni dopo la loro uscita e spesso non hanno preso premi. Ho seguito il consiglio e ho fatto bene. Intenzionalmente non ho letto recensioni o interviste all'autrice. Qualcosa avevo letto in passato. Mimmo e Donatella hanno in comune Penne, la riservatezza (quella di lei la intuisci guardandola, il suo aspetto te la suggerisce), studi impegnativi affini e una doppia vocazione. Entrambi amano la notte, che favorisce la concentrazione, e fa fluire liberi i pensieri, sia che diventino canzoni, sia che diventino libri.


Ho appena finito di leggere L’Arminuta. 163 pagine consumate molto in fretta, tra ieri pomeriggio e stamattina. 163 pagine non sono tantissime, ma mi sono sembrate anche meno, tanto la lettura è trascorsa lieve, attenta, partecipe e alla fine inumidita da un po’ di commozione. Nel libro ho trovato temi a me cari, calati nella realtà di un borgo di campagna abruzzese, in cui una famiglia numerosa vive una vita faticosa e promiscua, resa ancor più complicata dal ritorno a casa di una figlia affidata piccolissima a una coppia di lontani parenti, che l’hanno cresciuta come una figlia e che lei credeva i suoi veri genitori. La ragazzina, l’Arminuta, appunto, termine che significa colei che è tornata, ha vissuto i suoi tredici anni in un'accogliente casa di città, vicino al mare, figlia unica, amata e accudita, con una vita serena e ordinata, tra successi scolastici, danza e piscina, lunghe estati al mare, gite e svaghi. A un certo punto accade qualcosa che sconvolge totalmente la sua vita, e la riporta d’improvviso nel nucleo familiare originario, con un padre silenzioso e manesco, una madre sfatta dalla fatica e dalle gravidanze, una sorella minore sgrammaticata, ma sveglia e scafata a dispetto dell’età, dei fratelli più grandi (uno in particolare, Vincenzo, il maggiore, ha un ruolo importante nell'economia del libro), che hanno precocemente smesso di frequentare la scuola e sono un po’ allo sbando, un fratellino piccolo che manifesta segni di ritardo. Una casa dove lo spazio è insufficiente e i ragazzi dormono tutti nella stessa stanza, in condizioni igieniche sommarie e nella più totale promiscuità, dove ognuno si è ricavato la sua nicchia per cercare di sopravvivere, dove la miseria non permette all’amore di germogliare.

L’Abruzzo povero e rurale (ma potrebbe essere la Sardegna povera e rurale, quella di un paese dell’interno, o di un quartiere degradato di una città) della metà degli anni settanta, dove niente sembra essere mutato da secoli, si insinua prepotente tra le pagine del libro, personaggio non umano, che non si limita a fare da sfondo ai personaggi veri, ma è attore protagonista. Mentre leggi vedi, come fosse un film. Senti i rumori, i cigolii dei letti, il pianto dei bimbi, lo schianto della mano paterna sul volto del ribelle figlio maggiore, percepisci gli odori, la povera zuppa che cuoce sul fuoco, l’afrore dei materassi e quello dei capelli non lavati, e senti sulla tua pelle il dolore procurato dai frammenti di vetro che ti si conficcano dentro.

I temi sono quelli grandi e universali, seppur calati in una piccola realtà e in un piccolo mondo: quello della maternità e in particolare di chi sia madre, quella che ci ha partorito o quella che ci ha cresciuto e amato, entrambe o nessuna delle due,. quello dell’abbandono, dell’intesa complice e della solidarietà tra sorelle, dei turbamenti adolescenziali, della rabbia, del dolore, ma anche della compassione, delle vite segnate da un destino crudele e annunciato, della rassegnazione, ma anche della speranza. 

L’Arminuta da un giorno all’altro sbarca in un altro pianeta, e non capisce perché le sia toccata quella sorte, quale sia il vero motivo del suo allontanamento da quelli che credeva i suoi genitori e dalla sua vita comoda in città. Tutti intorno a lei sanno, ma tacciono, perché reputano che sia ancora piccola per capire e accettare. Alla fine (è rispettato il canone dello svelamento finale, e la scrittrice non asseconda il lettore che vorrebbe saper tutto subito), sarà la sua sorellina, che sembra conoscere benissimo come va la vita, pur avendo solo dieci anni, a svelarle cosa sia accaduto. L’autrice, nel suo stile asciutto ed essenziale, senza retorica, ha la capacità di esprimersi con schiettezza, ma al contempo sa trovare le parole giuste per raccontare situazioni non facili da raccontare, e lo fa con tocco lieve. Di tanto in tanto una frase in dialetto, perché così si esprime la maggior parte dei personaggi, un dialetto che mi è diventato negli anni di questa frequentazione a distanza vagamente familiare. C'è la natura, ci sono le tradizioni popolari, c'è il cibo, c'è un personaggio secondario veramente ben descritto, la ieratica, vecchissima magara, scura come il tronco d'albero al quale è appoggiata.
Ci sono anche i denti, deformazione professionale, perchè il primo lavoro della scrittrice è l'odontoiatra pediatrica, e non ha potuto fare a meno di mostraci la bocca spalancata della piccola Adriana, che nomina sua dentista personale proprio l'Arminuta, dimostrando una grande tempra e un grande coraggio. 
E ora che ho letto il libro e consegnato ai posteri i miei pensieri in libertà, posso dediarmi alla lettura di interviste e recensioni...


lunedì 4 settembre 2017

UN GIORNO QUALUNQUE






Un giorno qualunque di inizio settembre hai voglia di scrivere, ma capisci subito che nel caso decidessi di impiegare il tuo tempo in questa nobile attività, invece di stirare i due stenditoi di panni che asciugano fuori, con la complicità del maestrale, esprimeresti pensieri troppo personali per trovare qua la giusta collocazione. Mi limito a dire che non voglio più, davvero non voglio più, ma devo. 
Propongo Un giorno qualunque, a mio avviso, e non solo, una delle più belle canzoni di Mimmo, nella versione del suo ispirato autore, e in quella del suo amico attore.
E ora vado a stirare, non voglio più, ma devo.

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