Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

lunedì 28 dicembre 2009

La seduttrice del cielo




Questa notte son volata sulla luna
per carpire i segreti
della sua fortuna.
Cos'è che ti rende così amata
o luna gentile,
e tra le belle la più cantata?
Solo a te lo confido:
un po' di mistero
seduce anche l'uomo più altero!
In fondo mi fido
ma tu, se un po' vuoi colpire,
impara da me:
ogni tanto scompari
ecclissati
fatti inseguire!
Fa' un po' la preziosa
e te lo assicuro
qualcuno, la notte, per te
già più non riposa.



Mi sono messa in testa di fare un lavoro folle: leggere tutte le canzoni di Mimmo Locasciulli allo scopo di verificare in quante di esse fossero presenti i suoi "topoi", o per usare un termine meno ostile e pretenzioso, le sue tematiche ricorrenti. Intendo parlare di luna, stelle, cani, occhi, della notte che può anche esplodere in un fandango e del tempo, che implacabile s'arrotola sul domani. Mi sono perfino messa ad annotare quante volte ricorressero questi elementi, e posso tranquillamente sostenere che si fa prima a dire in quante canzoni non ne appaia almeno una volta, almeno uno, che non quante volte appaiano nelle altre: in alcune è possibile trovarli tutti contemporaneamente. A un certo punto del lavoro, pur animata da grande buona volontà, mi sono fermata e mi sono rifiutata di continuare in un'operazione noiosa e poco divertente, utile solo per fini statistici. Una cosa fredda e computistica, che è quanto più lontano possibile dal mio modo di essere. Allora lasciamo da parte i freddi dati, e non diamo numeri. Limitiamoci a ribadire che sono davvero poche le canzoni in cui non compaia almeno uno di quei "topoi" cui abbiamo fatto riferimento prima. Molto presenti sono anche il viaggio, le luci, le finestre e le porte, aperte e chiuse, i caffè, i lunapark, gli uccelli, siano essi aquilotti o cornacchiette o uccellini che pescano col becco la carta della fortuna, che insieme con gli uomini che li accompagnano, ormai abitano solo nell'immaginazione del Nostro. La pioggia bagna spesso le sue canzoni, rese umide anche da brume e nebbie; vi si respirano atmosfere malinconiche di locali un po' retrò, l'allegria casareccia e sensuale delle balere con l'orchestrina, il calore delle case, le fiamme dei camini. Una trattazione a parte meriterebbero gli occhi: occhi aperti, chiusi o socchiusi, con dentro un lampo di magia o un soffio di follia. Una canzone bellissima, che tutti noi conosciamo, si intitola appunto Gli occhi, ed è difficile dichiararsi insensibili a quella riuscitissima immagine degli occhi che pagano da bere, per non restare soli a chiacchierare, come per qualcuno è difficile non sentire i propri, di occhi, inumidirsi nell'ascoltare questa canzone. Io li avrei i numeri per contare le stelle che mi dai, ma ho deciso di non utilizzarli, e di lasciarle in un vago mucchio, dove riesco a distinguere quelle piccole, di vetro, d'argento, e siccome sono veramente tante me ne porto via due tasche: senza procurare danni eccessivi, anche se ne ho fatto cadere qualcuna, ne è rimasta una gran quantità. Io però questo scritto, in particolare, vorrei dedicarlo alla luna, grande amica di Mimmo, che con lei ha un vero feeling, e ne subisce il fascino, al pari di quello della notte, che della luna è sorella. Un certo numero di canzoni è intitolato alla luna, (Cala la luna, Stupida luna, Luna vagabonda) ma numerosissime sono quelle in cui la misteriosa sorella della notte è citata almeno una volta.



Mimmo non è il solo sedotto dalla luna; da che mondo è mondo, tutti i poeti di qualsiasi tempo, cultura, lingua e latitudine l'hanno cantata; non solo i poeti, tantissimi autori di canzoni fanno della luna uno dei temi ricorrenti: ma come mai tanto interesse per la luna? La luna è femmina e di molte femmes fatales ha le caratteristiche: è misteriosa, incostante nella sua constanza, o costante nella sua incostanza, come preferite; mutevole, capricciosa, impenetrabile, muta, sfuggente, fulgida tonda e materna, ma anche snella e androgina, algida e altera come una regina e pettegola come una comare. Fa compagnia, rischiara con la sua presenza, è complice di incontri amorosi e un po' ruffiana, ma anche capace di grande riservatezza: talvolta si assenta, stanca di far bella mostra di sé, si mette un velo nero addosso e per un po' lascia la notte sua sorella nella disperazione più cupa. Poi le viene di nuovo voglia di danzare e di vestirsi di bianco, di pizzi e di veli chiari. C'è una bellissima parola in dialetto napoletano, 'nzallanuto, (inselenuto) che sta ad indicare un uomo cui la luna (Selene) abbia rubato la capacità di pensare. Io non la conoscevo questa parola: l'ho imparata leggendo un libro di Domenico Starnone, Prima esecuzione. Chissà se nel dialetto abruzzese c'è una parola simile. Il termine non lo conoscevo, ma il concetto è chiaro e diffuso: si riconosce alla luna la capacità di suscitare fascinazione al punto tale che per lei si può anche impazzire, come per una donna fatale, appunto.



Mimmo riserva alla luna tanti aggettivi e tante espressioni: stupida, vagabonda, gobba malandrina e complice, crocerossina del cielo, fiaccola di mezzanotte; in mezzo al cielo è un buco giallo, o un buco a mezza strada nel cielo; è oggetto di scambio (ti dò pure la luna per un'ora d'amore) la sua falce illumina la sera, ma quando si assenta si può cogliere l'occasione per contare le stelle, finalmente senza concorrenti, (e conterai le stelle nella notte senza luna). E non bisogna scoraggiarsi se è un po' difficile da raggiungere, perchè la luna è bella pure quaggiù. Perchè lo ispira tanto bisognerebbe chiederlo a lui. Sarà lunatico, Mimmo? Ci saranno dei momenti un cui è meglio stargli alla larga e non rivolgergli la parola? Ce ne saranno altri in cui invece è molto molto disponibile? Molti artisti lo sono, un po' umorali, intendo: un momento non ti guardano nemmeno, poi come per magia diventano affettuosi e gentili, per tornare immediatamente dopo inavvicinabili. Come sia davvero quest'uomo, io non posso saperlo. Trasmette l'impressione di una persona equilibrata, ma non ci metterei la mano sul fuoco: siamo tutti delle scatole cinesi e spesso ciò che appare non corrisponde all'essenza di una persona, che è un altro mistero inafferrabile, talvolta oscuro anche alla persona stessa.



Per rendere omaggio al nostro artista, che di questo son certa, ha una bella personalità in cui coesistono concretezza e determinazione ferrea da un lato e aspetti più aerei di sensibilità e passione dall'altro, desidero pubblicare Stupida luna, (Adesso glielo dico, 1989) dove forse è possibile trovare anche una risposta al perchè la luna lo attragga tanto: E qualche volta ci hai mai pensato/Che in fondo in fondo ti somiglio un poco/E sto a parlarti come se fosse un gioco/Ma un gioco non è stato mai/E lo so che un giorno mi risponderai/Che questo gioco è tutto quello che hai/E ti consoli a raccontare di te/Come quando ti parlo di me. Certo, la canzone è di vent'anni fa, e siccome tutto cambia e scorre, magari i motivi che lo legano alla luna oggi sono altri, chi può dirlo!



Perchè la canzone di Mimmo avesse degna compagnia, ho convinto due poeti a dare il consenso per la pubblicazione su queste pagine di una loro poesia dedicata alla luna. Il primo poeta si chiama Marià Manent, (Barcellona, 1898-1988) il secondo Antioco Casula, (Desulo, 1878-1957) noto con lo pseudonimo di Montanaru. L'uno è catalano, l'altro sardo di Barbagia. Non a caso ho evitato di inserire qui poesie di nomi molto più noti. Essi sono espressione di due culture e di due lingue importanti, ma minoritarie, e come tali da salvaguardare: i Catalani mi pare lo facciano molto bene, i Sardi hanno tanto da imparare. Le pubblico in lingua originale e in traduzione.



Per avermi fatto conoscere la poesia di Marià Manent ringrazio Esther Surinyach, che ne ha curato una bella traduzione.



STUPIDA LUNA
Testo e Musica di M. Locasciulli
© 1989 Edizioni Musicali Piccola Luce/ BMG Ricordi

Stupida luna vagabonda del cielo
Perché non mi rispondi mai
Ce l’hai qualcuno che ti può sentire
E che gli dici quello che hai
Ore e ore così lontana
Chiusa negli affari tuoi
Nessuno conosce i tuoi segreti
Nessuno sa quello che vuoi
E conti i giorni o conti le notti
O il tempo lo consideri
Solo una stagione che cambia
Solo un istante che va
E non ti viene mai paura
Di ritrovarti vecchia e sola
Prigioniera dentro una malattia
Che ti consuma e ti si porta via
Stupida luna che sali e che scendi
Come un cameriere di hotel
E ti trascini qualche sogno perduto
Che ognuno reclama per sé
In quante lingue hai sentito cantare
E in che lingua scrivi poesie
E dove vai quando ti lasci andare
Nei ricordi e nelle fantasie
Dimmi se qualche lacrima
Ti è caduta sopra qualche nuvola
E rotolando è diventata pioggia
Per queste notti di malinconia
Dimmi se qualche lacrima
Ti è scivolata sulla ferrovia
Quando è passato il treno dell’amore
Che il mio amore s’è portato via
Dammi una mano a resistere
Io non voglio cadere più giù
Dammi una mano a non perdere
Voglio solo tirarmi su
Stupida luna non te ne frega niente
Di tutti i problemi che ho
Chiusa nella palla della tua esistenza
Non mi ti fili nemmeno un po’
Forse sei timida e silenziosa
E allora è pure meglio così
Perché non rischi di essere ferita
Dai criminali che si incontrano qui
E qualche volta ci hai mai pensato
Che in fondo in fondo ti somiglio un poco
E sto a parlarti come se fosse un gioco
Ma un gioco non è stato mai
E lo so che un giorno mi risponderai
Che questo gioco è tutto quello che hai
E ti consoli a raccontare di te
Come quando ti parlo di me
Dammi una mano a resistere
Io non voglio cadere più giù
Dammi una mano a non perdere
Voglio solo tirarmi su…
Aiutami tu
Siamo come le lucciole
Piccoli fuochi nell’oscurità
Lontani mille e mille chilometri
Ma randagi nella stessa città
E ognuno con le sue favole
Dietro alle stesse nuvole
Siamo vagabondi su un cavalcavia
Che fischiando se ne volano via
Dammi una mano a resistere...
Lluna de gener
A fora fa una nit d'argent molt clara
i jo arraulit vora del foc mesquí;
la lluna està vetllant com una mare
el llogarret, l'alzina, l'estany que s'adormí.
Prou sento com un desig amara
el meu cor, i em voldria deixondir,
i caminar sota la lluna clara,
pels senderons on brilla, gebrat, el romaní.
Però m'estic a la vora del meu foc mesquí.
Marià Manent (1898-1988).
Luna di gennaio
Fuori c'è una notte argentata molto chiara
e io sono rannichiato vicino al fuoco modesto
la luna fa la guardia come una mamma
sul paesino, la quercia, lo stagno che si e' addormentato.
Sento benissimo un desiderio che impregna
il mio cuore, e mi vorrei dare una mossa,
e camminare sotto la luna chiara,
nei cammini dove luccica, ghiacciato, il rosmarino.
Eppure rimango vicino al fuoco modesto.
Est una notte 'e luna
Est una notte 'e luna
de cuddas lunas de atonzu giaras
chi candu tue t'acciaras
a la ider andare
isperas novamente in sa fortuna.
Hat piopidu tantu
tottu sa die, pariat sa terra
in s'adde e in sa serra
tra sos fenos siccados
bestida de antighissimu piantu
Ma ecco in su serenu
avanzare sa notte; giaru chelu
risplendere; e che velu
de isposa, sa luna,
bestit de biancore onzi terrenu.
Antioco Casula "Montanaru"
E' una notte di luna
E' una notte di luna
di quelle chiare d'autunno
che quando tu ti affacci per vederla vagare
nuovamente speri nella fortuna.
E' piovuto tanto
tutto il giorno, pareva la terra
nella valle e sul monte,
tra fieni disseccati,
rattristata da antichissimo pianto,
Ma ecco nel sereno
avanzare la notte, chiaro cielo
risplendere, e la luna,
candida come velo di sposa,
riveste di fulgore ogni terreno.

martedì 22 dicembre 2009

"TU SEI UN CASO CLINICO."


Così mi ha detto stamattina una mia amica, alla quale ho confidato sottovoce, che sto leggendo, (alcune per la prima volta) o rileggendo, tutte le canzoni di Mimmo Locasciulli per una "cosa" che scriverò sicuramente, e che probabilmente dato il lavoro certosino che c'è dietro, pubblicherò (per smania di gloria, è evidente) sul mio blog di successo (siamo arrivati a quindici lettori accertati: è giunto il momento che a qualcuno venga in mente di aprire su Facebook una pagina su Folgorata, non gestita da lei, va da sé, ma dai più eletti tra i suoi fans). Si, sana sana non penso di essere, ma sono per una serie di circostanze quasi agli arresti domiciliari, anche se la mia fedina penale è immacolata, e espletate le attività necessarie, mi dedico anima e corpo a quelle superflue. In ogni caso la ricerca che sto svolgendo adesso potrebbe servire in futuro a qualche studentessa (non tanto perchè Locasciulli non possa interessare uno studente, quanto perchè certo tipo di studio minuzioso è tendenzialmente più adatto alle donne) che decidesse di preparare una tesi sulla canzone d'autore italiana, sviluppando uno studio su Mimmo Locasciulli scannerizzato in tutti i suoi anfratti. Ce ne sarà un'altra così, in tutta la penisola? Magari la troviamo nella Svizzera tedesca. Niente è da escludere. Caso clinico (o pietoso?) o meno, sono arrivata a L'inganno del tempo, (Uomini, 1995) e per oggi mi fermo. Desidero pubblicarla sul blog, intanto perchè l'ho centellinata con gusto e ne ho apprezzato tutta la bellezza, (talvolta riascolto queste canzoni che già ho sentito mille volte mentre magari preparo il minestrone o sono arrampicata su una scala a pulire un lampadario, e il pensiero mio vola più in alto per compensare l'umile lavoro, e le belle canzoni finiscono per essere un piacevole sottofondo di cui si perde gran parte dei versi) e poi perchè proprio oggi ho ricevuto da una persona gentile l'invito ad andare indietro nel tempo e a riesaminare un quinquennio della mia vita, quello che va dal 1974 al 1979, perchè i miei ricordi, insieme con quelli di molte altre persone, potrebbero tornare utili per un progetto di scrittura non mio. E io non mi faccio pregare, staccato con Folgorata vado a pescare nel mare a volte limpido a volte torbido dei ricordi, tanto ormai quelli non fanno più male. Il rischio di tutta questa attività scrittoria, che ha per condizione essenziale la sedentarietà, unita ad azzannamenti violenti di panettoni e quadrettoni da un etto di cioccolato, è che la taglia 42 salti presto alla 46: Folgorata-lievitata; Folgorata-mongolfiera. Dovrò prepararmi un bel vassoio di cruditées, carote in particolare, che sono dure e azzannandole scarico tutta l'aggressività repressa, che non riesco a scaricare con la scrittura. Certa è una cosa: dietro lo specchio di una vita normale (mica tanto) recita un tarlo che scava dentro e che ci fa star male.


L'INGANNO DEL TEMPO Testo e Musica di M. LOCASCIULLI
© 1995 Edizioni Musicali Piccola Luce


Sarà che adesso frughiamo spesso dentro al passato
Come si fruga dentro un soffitto abbandonato
E un'emozione nascosta dentro una fotografia
Prende i contorni della tenerezza e della nostalgia
Così a volte si plana sul tempo
Che ha il sapore di miele e di vento
Sarà che adesso dietro lo specchio di una vita normale
Recita un tarlo che scava dentro e che ci fa star male
Ci si difende con gli occhi duri e la filosofia
Ma sotto sotto spinge più forte la malinconia
Così a volte si cede a qualcuno
Che ci porta a volare lontano
Ed è un mistero che ci conquista
Una domanda una risposta
Un punto di certezza
Ti senti fuori da un temporale
Intorno è tutto più speciale
Almeno per un po' è così
Sarà che adesso a pensarci bene stiamo un po' più attenti
A non lasciare posti vuoti ad essere presenti
A non gettare niente a prenderci qualcosa in più
Perché più cose abbiamo e meno ci sentiamo giù
Ma tutto quello che vedo e che sento
Forse è solo l'inganno del tempo
E penso a questo carnevale
Che lascia sempre tutto uguale
Mentre cambiamo noi
Lascia sempre tutto quanto come prima
La notte il giorno la mattina
E un'altra ruga in faccia
Ti lascia sempre più lontano
In qualche posto fuori mano
Dove è raro che ci passi mai
Qualcuno

domenica 20 dicembre 2009

LE CITTÀ FANTASTICHE: VIAGGIO A MIMMOPOLIS E RITORNO



"Io sono al centro della scena
E vendo biglietti per la fortuna
Sotto un grande chiaro di luna
Solo trenta denari oppure trenta stelline
Per passare il confine
E svegliarsi in un'altra città."

Mimmo Locasciulli, L'interpretazione dei sogni, (Piano piano, 2004)

"E un uomo con il cappello che ti accompagna alla fermata
E tu che prendi la sua mano e pensi adesso si che sono innamorata
E non importa niente se capisci che non era vero,
C'è sempre tempo per un'altra mano e per un sogno ancora intero."

Francesco De Gregori, Stella stellina (Viva l'Italia, 1979)


Drin driin driiin! Acc chi sarà mai a quest’ora? (Il cuore in tumulto, uno sguardo alla sveglia: le tre del mattino.) Il campanello continua a squillare, io senza nemmeno indossare una vestaglia e le pantofole mi precipito giù per le scale e poiché sono ancora mezzo addormentata e non abbastanza lucida, apro direttamente senza neppure accertarmi di chi sia, a suonare a quest’ora di notte. Ohhh, finalmente! -Esclama lo strano personaggio che trovo davanti alla porta, seminudo: indossa una specie di tutina di lycra che gli copre le gambe e parte del tronco, lasciando però scoperte le braccia e il petto. Appoggiato sul petto molto, ma molto coperto di fitto pelame, ha un grande ventaglio bianco, fermato sulla schiena da alcuni nastri. L’uomo ha un’aria vagamente familiare, mi pare di conoscerlo: ci penso un momento e… Si certo, ma che ci fa qui Haber, sotto il portone di casa mia, che sembra la réclame ambulante del suo disco Haberrante, e anche un po’ inquietante, mi verrebbe da aggiungere? Folgorata, senti, perché sei tu Folgorata, vero? – Continua l’uomo-ventaglio - Spicciati, andiamo, che mica ho tutto questo tempo da perdere, sai: io lavoro, sai, se sono qui è perché sei stata proclamata vincitrice del grande concorso “Migliore fan di Mimmo Locasciulli 2009.” The winner is… Folgorata! Il premio consiste in quanto segue: stai bene attenta che non mi sembri particolarmente sveglia, tesoro. Allora, tu adesso vieni con me sul mio cocchio (c’è davvero un cocchio sotto casa mia) e già questo è un premio, che io sono abituato a ben altro, non certo a galline di mezza età...
Dammi un momento che m’infilo qualcosa - tento di dire io che indosso solo una maglietta, e sono morta di freddo. Insomma mi hai stufato, salta su e piantala, il cocchio è riscaldato, cosa credi. Non mi resta altro da fare che salire sul cocchio, trainato da strani esseri, due, che sono un po’ struzzi, un po’ draghetti, un po’ dinosauri: Haber li sprona ad andare veloci, perché sembra che abbiamo molta fretta. Scusi, signor Haber – tento timidamente di domandare – ma io non ho partecipato ad alcun concorso, è sicuro di non aver sbagliato? – Dicono tutte così. Hai partecipato, si che hai partecipato, e hai anche vinto. Un premio bellissimo: hai la facoltà di scegliere un cappello per quell’uomo straordinario che con il tuo blog delirante hai contribuito a promuovere nel mondo, e del quale hai narrato con impareggiabile maestria le gesta. – Grazie signor Haber – lei mi lusinga - Non sono io a lusingarti, chi ti conosce? È la giuria che così ha deciso; lo sai da chi è composta la giuria? - No, mi scusi - stavo preparando il pezzo sui fans di Mimmo - non ho avuto tempo, ho la giustificazione… -
Io il premio non te l’avrei dato. Va be’, ora te lo dico, ma non cadermi dal cocchio per l’emozione, che poi di devo anche raccogliere e ho mal di schiena: Ruggeri, Veltroni, Venditti, Bassignano, la Caposala del reparto di Day Surgery e il Mago Silvan. - I primi sono tutti amici di Mimmo, ma cosa c’entrano la caposala e il mago? – Sei proprio stupida! Le caposala sono fondamentali nella vita di un primario, Mimmo se la porta sempre dietro. – E il mago Silvan? – Non hai davvero un minimo di intuito: va dallo stesso parrucchiere di Venditti! Ringrazia che ci fosse! Ha truccato le carte. Senza di lui non avresti vinto. – A questo punto la curiosità ha il sopravvento: Cosa ho vinto? - quasi urlo! – Come cos’hai vinto; allora non mi stai a sentire, te l’ho appena detto! E poi, con tutte le arie di grande ricercatrice che ti dai non dirmi che non hai seguito le precedenti edizioni? – Mi scusi, sa, l’emozione, sono così confusa! No, il fatto è che non ho trovato notizie sul premio. – Tu faresti perdere la pazienza a un santo, tuttavia non voglio infierire, per cui te lo ripeto: il premio è che tu hai l’onore di scegliere un cappello nuovo per Mimmo: lo indosserà nel prossimo tour.
Ora ti porto in un bel negozio, tu scegli il cappello, e poi andiamo di corsa a Scanno, in Abruzzo, sede del premio, dove Mimmo è di casa e ci aspetta. Gli consegnerai il cappello, anzi lo poserai delicatamente sul suo capo, gli farai una riverenza, senza proferir parola, perché così prevede il rigido cerimoniale e poi con il mio cocchio ti dovrò ricondurre a casa.
Aiuto! La cosa si fa più complicata: come potrò entrare in un negozio vestita di una sola maglietta? Mi faranno indossare qualcosa per la cerimonia di consegna del cappello? - Non fare troppe domande, io glielo dicevo a Mimmo: questa è troppo curiosa, non prestarle attenzione. Devo dire che non mi son dovuto fare troppo pregare, non è che c’ha tempo da perdere. Apri bene le orecchie, ora, che ti spiego come sono andate le cose; sai la giuria è sovrana, ma ancor di più lo è il Presidente: Veltroni ha capito che sei un caso pietoso e ci ha messo una buona parola. Poi ha saputo che hai comprato e letto Noi, e che glielo hai recensito: insomma, si è fatto intenerire, lui è buono, lui.
Io sono sempre più infreddolita, nonostante il cocchio sia riscaldato, impaurita e perplessa: sarò all’altezza della situazione? Certa è una cosa: non voglio fare brutta figura, ce la metterò tutta. Dopo un lungo viaggio che sembra non finire mai arriviamo in un luogo fatato annunciato da un cartello che reca la scritta Mimmopolis. Accesso consentito solo agli autorizzati. Noi siamo autorizzati, è evidente. Un posto surreale; se sollevi gli occhi al cielo ci sono almeno dieci lune, lune vagabonde e no, lune calanti, lune stupide, e un certo numero di cani che abbaiano alla luna. Mi sembra un posto vagamente felliniano, ricorda anche il Paese dei balocchi di Pinocchio. Ci sono tanti treni, ma tanti, questa Mimmopolis ha tutta l’aria di una stazione, ci sono anche ombrelli, perché piove un po’, e taxi e lì in fondo mi pare di vedere l’ingresso a una stazione della metropolitana. Procediamo ancora di qualche centinaio di metri ed ecco un gigantesco lunapark. Guarda – mi dice il mio cocchiere - lì c’è il tunnel dell’amore, non ti illudere perché non ti ci porto, e non ti ci porta neppure Mimmo, che non ha lo scontrino.
Non mi bastano gli occhi per guardare, dove sono capitata? Da tutti gli angoli spuntano uomini con l’uccellino che ci invitano a comprare la carta della fortuna, giocolieri e circensi di tutti i tipi. C’è un museo del tempo all’aperto, in questa città strana, ci sono strumenti musicali dovunque, ma quello che mi colpisce è un altro cartello che recita: Riserva. Limite invalicabile. Ti piacerebbe entrarci, nella Riserva, vero Folgorata? Mi dispiace non è possibile! Ora andiamo a scegliere il cappello che davvero ho perso un sacco di tempo a far la guida turistica a te.

Questo è il negozio. Mai in vita mia ho visto qualcosa di simile: va bene che io sono una provinciale e nella mia città il massimo per chi voglia acquistare un cappello è andare da Martello, un bellissimo negozio vecchio stile. Chilometri e chilometri di scaffalature piene di copricapo d’ogni sorta. Qui c’è da perdersi, questo non è un negozio, è la città del cappello, una città nella città di Mimmopolis. Abbiamo lasciato fuori il cocchio e io e Haber giriamo con dei monopattini elettrici. Forza scegli, che il tempo a nostra disposizione sta per scadere. Io sono disperata, qui c’è da perdere la testa, come posso scegliere in due minuti? Alla fine quando il mio accompagnatore sta per perdere la pazienza, arraffo senza neppure guardarlo il primo cappello a portata di mano, colpita dal colore e mi avvio verso l’uscita. Ho le lacrime agli occhi, mi sembra di aver scelto davvero male, ma quell’uomo era così incalzante… Mi rigiro tra le mani questo cappelluccio rosso fuoco, a falda stretta, con una striscia di gros-grain nera e una piuma bianca da ufficiale alpino. Adesso ci facciamo ricamare la scritta con la dedica - mi dice l’uomo col ventaglio. - Forza andiamo che devo mettere benzina. E così dicendo spalanca le fauci dei draghetti e gli fa ingollare un bidone di carburante.


Aiuto aiuto! Mamma aiuto aiuto! Adesso questi ci incendiano, aiutooooo! Sono seduta sul letto, il cuore batte all’impazzata, non riesco a capire dove mi trovo. Finalmente mi rendo conto di essere a casa mia nel mio letto, un po’ sconvolta, ma viva: ma, il cocchio, Mimmopolis, l’enorme negozio di cappelli? Non riesco a credere che sia stato solo un sogno. Accendo la luce. Caccio un urlo spaventoso: sul mio divano un cappello rosso, con un nastro di gros-grain su cui è stata ricamata questa scritta: A Mimmo forever. Folgorata.

mercoledì 16 dicembre 2009

Questa ha coinvolto pure me nel suo noioso sondaggio. Io, pur riottoso, le ho risposto quanto segue...



Nella foto: Folgorata tiene in braccio uno dei pochissimi esseri di sesso maschile cui si dichiara totalmente asservita.
Intanto mi presento, mi chiamo Mignolo, nome scelto incautamente da mio padre che non prevedeva questa mia crescita, perché da piccolo ero gracilino e male in arnese. Sono nato da una relazione extraconiugale tra mio padre, di razza umana, e mia madre, una gatta bianca altamente seduttiva, molto libera, che dopo la nascita ci ha abbandonato per altre avventure, altri amori e sicuramente altri figli. Non ho mai risentito della sua mancanza: il babbo si è sempre preso cura di me, mi ha nutrito il corpo e lo spirito, e nulla avrei da rimproverargli se non la presenza di quell’orrida matrigna che per fortuna non abita con noi, ma talvolta viene e occupa i nostri spazi, miei e del babbo, compreso il letto dove egli mi permette di stare sempre. La matrigna mi è molto antipatica, anche se poveretta ce la mette tutta per tentare di conquistarmi, ma io proprio non la digerisco. Fa la svenevole, e vorrebbe con me un rapporto affettuoso e appiccicoso che non fa parte della mia natura. Ora da quando è Folgorata (io al posto di babbo l’avrei già liquidata: ancora non l’ha fatto, ma spero sia imminente) non fa altro che rompere con questo suo mito pre-senile come lo definisce lei. Siccome chiede a tutti se conoscano questo tizio che come me, dice lei, ha manto bianco e occhi verdi (mah!) non mi ha esentato dall’obbligo. Io questo signore proprio non lo conoscevo, ma da gatto avveduto mi sono documentato e dopo aver studiato a fondo la questione posso dichiarare quanto segue: Mimmo Locasciulli non risponde in nulla ai miei gusti per più di un motivo. Intanto nella sua famiglia ci sono diversi veterinari ed io, con tutto il rispetto per la categoria, non li amo per nulla. Il mio, che si chiama Guido come babbo, fa tanto l’affettuoso, poi appena mi fido un po’ mi ficca il termometro, non dico dove, tanto lo sapete tutti, e subito dopo zac, mi punge. Questo è il primo motivo per cui non mi piace questo mito della matrigna. Il secondo è che nelle sue canzoni ci sono sempre cani, cani che abbaiano alla luna, cani che abbaiano per tutto e per niente, poveri cani, e se devo essere sincero io preferisco i cantautori che parlano di gatti, se di gatte è meglio, anche se io da tempo non posso, qualcosa nell’istinto mi è rimasto. Le mie canzoni preferite sono La gatta di Gino Paoli e Penelope di Francesco Baccini, dove si narra una storia d’amore tra una gatta di nome Penelope, appunto e un umano di nome Francesco, che vorrebbe da lei un gattino. Mi intenerisce questa canzone, perché mi sembra di sentir parlare di mio padre e di quella svergognata di mia madre. A me i cani non sono per nulla simpatici anche se babbo ne ha avuto tanti, prima di me. Gli ho fatto promettere di non tenerne mai più uno. Un giorno in cui la matrigna era più noiosa del solito e io volevo starmene tranquillo, ma lei nulla, con la musica del suo amico a tutto volume a casa nostra, che cantava proprio una canzone dal titolo Il cane, ho dovuto impormi: intanto l’ho graffiata e poi le ho detto Senti il tuo amico canta davvero da cani. Se n’è andata tutta offesa! Un altro genere di bestia che non sopporto sono i pennuti, che vorrei tanto cacciare, ma siccome sono agli arresti domiciliari, non posso: dunque sentire quello che mi provoca canticchiando di uccellini, uccellacci, cornacchiette e via volando, mi rende molto ma molto nervoso.
Il terzo motivo per cui non mi è simpatico è che lui si dichiara contrario agli omogeneizzati (l’ho letto in diverse sue interviste, Folgorata lascia in giro documenti compromettenti, e io ci metto le zampe) io invece li adoro: il mio preferito é quello di coniglio. La matrigna dice che sono un po’ cannibale, perché io secondo lei somiglio molto a un coniglio: stupida e anche ignorante; io sono un nobile felino, quello un volgare roditore, per intenderci della stessa razza dei topastri, miei atavici nemici: ho visto che nella produzione di quello che la matrigna definisce uomo dal multiforme ingegno cìè pure un brano musicale che si intitola Topi, muri sporchi e lamé. Per non parlare della collaborazione con un gruppo di topastri che suonano e cantano, (da non crederci!) I Ratti della Sabina. E io dovrei apprezzare un tipo simile? Non se ne parla nemmeno! Dunque, matrigna, ti ho risposto per educazione. Così potrai dire di aver posto il tuo quesito non solo a cani e porci, come era prevedibile, conoscendo i tuoi gusti, ma anche a gatti rispettabili come sono io. Ora se permetti, ho da fare, babbo mi ha chiamato per la merenda. Cosa mangio? Mi pareva di essere stato chiaro, prima, l’omogeneizzato di coniglio. Alla faccia di chi non gli piacciono gli omogeneizzati.

sabato 12 dicembre 2009

Ma se t’incontro al semaforo, ti posso salutare?




Mimmo dixit che non gli interessa essere riconosciuto al semaforo. Sono d’accordo: una seccatura in meno. Immagino che allo stesso modo non gli interessi essere riconosciuto da qualsiasi altra parte. Sono ancora più d’accordo. Lui è fortunato perché è noto, ma non così noto, e poi se uno è appena appena intelligente, lo capisce subito che Mimmo non è tipo da fermare per strada. Venisse qui in questa enclave d’Africa del Nord, staccatasi dalla terraferma e divenuta isola, potrebbe dormire tra due guanciali, perché davvero in pochi lo riconoscerebbero, per il semplice fatto che non lo conoscono. Continuo la mia ricerca sul campo per tastare la popolarità di Mimmo, allargando l’ambito anche al di fuori della cerchia di amici e conoscenti; ho escluso i familiari: babbo che mi avrebbe compreso non c’è più da tanto tempo, e con gli altri davvero evito accuratamente di divulgare e la mia passione pre-senile per quest’artista “che non gli interessa essere riconosciuto”, e per le mie attività in rete. L’artista lo ficco dovunque, appena mi rendo conto di trovare una breccia nell’interlocutore. Da poco ho detto a un signore, che non è proprio un completo sconosciuto per me, ma neppure un amico: Sai che ho “creato” un blog dedicato a Mimmo Locasciulli? (Non perdo occasione per l’autopromozione, ci manca che giri con un cartello con l’indirizzo web.) Risposta: Ma chi è un cantante, (Io allora gli ho raccontato tutta la biografia) quello che cantava “Siamo noi che abbiamo intorno a trentanni” non era amico di de Gregori? (Per fortuna almeno questi due concetti li abbiamo incamerati!) Ma adesso è vecchio, esiste ancora? Fa ancora concerti??? Io: Vecchio, insomma, ha un anno meno di te. Concerti, si, ha appena concluso il tour 2009, ma qui non viene mai. - Un anno meno di me? Ah, non parlarmi dei sessant’anni…non pronunciare quel numero! I soliti discorsi che quelli di sessant’anni fanno e mi rendo conto che più stanno bene, più hanno una vita gratificante, meno accettano questa questione annosa del tempo che passa. (Per i motivi più disparati: Mimmo, guarda che ho studiato bene il tuo rapporto con i tuoi sessant’anni e ho capito perfettamente ciò che intendi dire, tutta quella faccenda della finestra aperta e davanti un viale non troppo lungo e invece alle spalle un’autostrada, e la vita che fa le bizze e non la tieni più al guinzaglio: quindi non pensare, dovessi leggere, Folgorata è una cretina e non ha capito nulla, perché è una sensazione che con un bel po’ di anni in meno provo anch’io, e con una vita molto, ma molto meno gratificante della tua.) I disperati in genere ci fanno meno caso al tempo che passa: hanno problemi più seri da porsi. Insomma questo sessantenne vanitoso mio conoscente che mi ha detto “lo leggerò il tuo blog” ma tanto non lo farà e io posso scrivere quello che voglio, ha dato del vecchio a uno più giovane di lui.

Il sondaggio è aperto anche tra i medici che per un motivo o per l’altro mi capita di incontrare. Anche qui, appena vedo che si apre un varco, inserisco subito Mimmo Locasciulli. Aneddoto: viene in Biblioteca un signore, di una certa età, di cui si occupa una mia collega. A un certo punto me lo passa perché pensa che io possa essere più adatta al tipo di informazione che cercava. Lo dico io… quando si parla di coincidenze! Davvero un bel signore, con un modo di fare piacevole e gentile. A un certo punto dell’intervista (in biblioteca si fanno le interviste) questo mi dice che lui era…in tale ospedale…ma che è andato in pensione perché nella vita ci sono un sacco di cose interessanti a parte la medicina. Ora si occupa di agricoltura. Secondo voi io che cosa potevo dire: Certo, però Mimmo Locasciulli, ad esempio, concilia benissimo la musica con la medicina. Dice che è questione di organizzazione, oltre che di passione. - E chi è Mimmo Locasciulli? – Esclama il suo collega in pensione. Parte il solito disco con note biografiche e panegirico e indicazione del sito di Mimmo su cui quel gentile signore potrebbe entrare e documentarsi ampiamente. Grazie signora, delle sue informazioni professionali, e anche sul dottor Locasciulli, ne farò tesoro. Io che uso ne abbia fatto non lo so, so solo che ormai sono lanciatissima sulla strada della divulgazione del verbo. Per cui potrebbe capitare che qualcuno a causa mia lo possa pure fermare e salutare al semaforo; potrebbe anche accadere che qualche signora poco avvertita si denudi il braccio e attraverso il finestrino glielo porga con un pennarello indelebile perché lui ci apponga un autografo (come scriverà Mimmo? Avrà la classica scrittura da medico, avrà dato anche lui il complementare di cacodisgrafia come tantissimi suoi colleghi? Oppure scriverà con una grafia chiara, pulita, con quelle belle penne che custodisce gelosamente nella Riserva? Mah!!!)


Insomma ora devo esprimere la mia opinione sul tema del post di oggi, che finora ho divagato, e per qualche riga voglio essere seria. Quella della popolarità e della gestione della stessa da parte di personaggi pubblici, più o meno famosi, è una questione delicata. Chi è davvero famoso, lo sa e sa anche che non può tanto sottrarsi a certi doveri, perché il pubblico è una fiera famelica che ha sempre bisogno di nutrimento, va accontentato e anche un po’ blandito, essendo il pane, ma anche il caviale e i diamanti di certi divi. Quelli famosissimi per strada cercano di girarci il meno possibile, proprio per evitare l’assalto dei fans, che spesso non sono così delicati, ma anzi spesso e volentieri assai assatanati e scomposti nel manifestare il loro entusiasmo. Bisogna un po’ fare buon viso a cattivo gioco, non essere troppo sgarbati, ricordandosi che ognuno ha il pubblico che si merita, nel senso che se sei uno che ha una enorme popolarità, uno che, per rimanere in ambito canoro, fa concerti negli stadi, si lancia dal palco, acchiappa folle oceaniche, dovrai ricordarti che non puoi permetterti di fare troppo lo schizzinoso e dovrai firmare una certa quantità di autografi, farti abbracciare e magari qualche volta anche spogliare da qualche assatanata che vuole portarsi a casa come trofeo la maglietta (sudata, dopo che hai zompato sul palco per due ore.)


Io personalmente sono una di quelle che sancisce il diritto per un personaggio famoso di girare tranquillo per strada, di andare al cinema o al ristorante con la moglie o chi per lei, senza essere continuamente disturbato, anzi senza esserlo per nulla. Guardare è lecito ma con discrezione, soprattutto per poi spettegolare: guarda guarda come è vecchio, mica è così bello come appare, ma sarà malato? Qui nel lembo d’Africa per strada s’incontra certo meno gente che a Roma o a Milano o a Firenze e Venezia, però talvolta capita. In due occasioni, una a Cagliari e una a Firenze, ho incontrato un noto attore di teatro, con un glorioso passato di giovanile bellezza, ora piuttosto appannato, e ho pensato tutte quelle cose poco carine che ho enumerato prima. Forse davvero a Firenze stava male, poveretto, era pallido come un cencio. Io non ho mai fermato nessuno, ma davvero non sono neppure andata a complimentarmi con nessuno al termine di un concerto, o di un altro tipo di spettacolo. Questo penso sia lecito farlo, senza passare per pericolosi molestatori, ma finora non ho mai pensato che potesse aggiungere nulla alla mia stima e ammirazione per qualcuno raggiungerlo per una stretta di mano in camerino. In un’altra occasione, in un bar, mi son trovata a tre centimetri di distanza da un cantante notissimo, bravo, che mi piace anche senza farmi impazzire, mentre beveva qualcosa con alcuni ragazzi del suo service, suppongo. Anche lì mi sono guardata bene dallo svenirgli davanti, e anche dal salutarlo semplicemente, essendo oltretutto in un suo momento molto privato (tamburellava sulla pancia di uno dei giovanotti) e questo mi è parso un po’ sorpreso, è stato lui a guardare me come dire: ma non hai visto chi sono? Perché molti di questi si seccano se li fermi e se non li consideri si seccano ugualmente: piccoli vezzi da divi.

In conclusione: a Mimmo non interessa quella gran popolarità che potrebbe attrarre quel genere di fan da cui uno come lui, sarebbe molto probabilmente infastidito. Credo anche tuttavia che essendo uno educato, se qualcuno lo incontri al semaforo, o da qualsiasi altra parte, ed educatamente lo saluti, lui educatamente risponda. Io ho pochissime probabilità di incontrarlo al semaforo: se dovesse capitare gli farei un misurato cenno del capo con un sorriso. Sarei tentata di avvicinarmi e tentare di pulirgli il vetro - e lui che non è insensibile al disagio sociale non mi caccerebbe via - ma al solo fine di sbirciare dentro la macchina e vedere cosa c’è: dimmi come tieni la tua macchina e cosa ci tieni, e ti dirò chi sei.

Se dovessi incontrarlo da qualsiasi altra parte e lui fosse solo e non avesse lo sguardo troppo scoraggiante, mi avvicinerei e al cenno unirei qualche parola. Andrei anche a salutarlo in camerino, se in questa vita dovessi avere la sorte di seguire finalmente un suo concerto. Sarebbe un’eccezione alle mie abitudini solo perché è lui, come sarebbero eccezioni quelle enumerate prima. Non ci terrei minimamente a posare con lui per una foto: intanto non siamo troppo fotogenici, ne’ lui, ne’ io, e poi mi è parso di cogliere nelle poche foto di Mimmo+fans che ho visto, un certo disagio. Mi sbaglierò, ma è quello che io ho colto. L’autografo lo vorrei, non tanto perché mi interessi in sé, anzi non mi interessano queste manifestazioni un po’ feticistiche, ma perché sono curiosa di vedere che scrittura abbia. (Farti gli affari tuoi, mai, eh, Folgorata!) L’unica cosa che mi interessa davvero, finchè dura, è la comunicazione scritta, che ho messo in atto sia nella forma tradizionale di missiva, (figlia di babbo) sia nell’attuazione del blog. Molto meno invasiva del contatto diretto, sempre che in forma garbata ed educata, se non è gradita, si può tranquillamente ignorare, anzi cestinare senza neppure aprirla: ugual cosa per il blog, che è lì, piccolo natante virtuale nel mare magnum della rete, a disposizione di chi voglia visitarlo.

Questo è e sarà il mio massimo tributo di affettuosa stima.

lunedì 7 dicembre 2009

Ma che splendido quarantenne!


Che bello quando ti sembra di aver visto tutto e invece, inopinatamente, nelle tue ormai stanche peregrinazioni per la rete, trovi qualcosa che ancora non avevi esaminato. Si tratta di un video molto bello, anche come definizione, che risale al lontano 1992. http://www.youtube.com/watch?v=E6sq_FYRNAU Ci testimonia di una partecipazione al Cantagiro di Mimmo Locasciulli: roba da non crederci! Erano tempi diversi e se l'idea della riserva albergava in qualche anfratto nascosto del suo "settore più imperscrutato" (citazione) ancora forse non erano maturi perché essa avesse piena realizzazione.

Io, a conoscenza della partecipazione sanremese cui su questi schermi abbiamo già dato il risalto che merita, ero del tutto ignara di questo Cantagiro che si è fregiato dell'ispirata esibizione del nostro amico Mimmo. A questo punto mi domando quante ancora saranno le cose di cui non sono al corrente, e di cui, probabilmente sarò per sempre orfana. Meno male che di tanto in tanto qualcuno lancia in rete qualche video come questo. A onor del vero io neppure sapevo che il Cantagiro esistesse ancora, nel 1992 e godesse buona salute. Nella mia memoria l'avevo archiviato a fenomeno degli anni sessanta, quando certi cantanti di musica leggera erano oggetto da parte di folle urlanti e di ammiratori e ammiratrici alquanto invasati, di assalti che definire eccessivi mi sembra eufemistico. Ne sanno qualcosa i vari divi dell'epoca, di cui non cito alcun nome per non fare torto a nessuno, alcuni ancora in auge, altri completamente coperti da strati di polvere e ragnatele. Ci sono dei filmati interessanti sull'argomento, e delle foto che testimoniano cosa fosse allora (e anche adesso, in certi casi) il delirio delle folle per i cantanti.

Lo stupore che mi ha colto quando sono venuta al corrente dell'esistenza di questo video di Delitti perfetti-Cantagiro '92-intervista, è stato niente rispetto alle piacevoli sensazioni della visione. Mi trovo davanti un Mimmo Locasciulli poco più che quarantenne, in forma smagliante nonostante fossero gli anni di tabagismo estremo, bella pelle e bel sorriso, e anche "fissico" niente male. (La maggior parte degli uomini comincia ad essere attraente dopo i quaranta, per raggiungere il picco a cinquanta, i più fortunati a sessanta e per decadere, ahimè subito dopo. Chi ha fascino continua ad averlo, anzi di più, per fortuna non è solo una questione di aspetto esteriore.) Una performance calda e partecipe, contento e gasato, sorridente e con uno sguardo complice verso il pubblico in estasi, non so se perchè in quella circostanza fosse d'obbligo essere in estasi, al di là di chi si esibiva sul palco, o se tutto quell'entusiasmo fosse proprio per Mimmo.

Poi sorpresa su sorpresa, Mimmo scambia due chiacchiere (non una vera e propria intervista) con la bionda e formosa conduttrice della serata, che gli manifesta i suoi dubbi: Ma tu che sei così riservato, così discreto che ci fai qui? - Ma - risponde il bel quarantenne sorridente - talvolta bisogna darsi un po' di più, giocare, e poi io ho fama di uomo discreto, ho questa faccia qui (seria, severa, come?) ma in realtà sono molto più allegro di come appaio. (come Jessica Rabbit, con le dovute differenze: io non sono cattiva, è così che mi disegnano!) Le telecamere mi incutono un po' di timore. Che Mimmo non desse il meglio di sè davanti alle telecamere, me n'ero accorta: non è a suo agio, ne risente anche il suo modo di esprimersi; (ho invece sentito una bella conversazione radiofonica, in cui si riscatta ampiamente: materiale per un eventuale prossimo post) per fortuna lo salva quella splendida voce, il suo più grande elemento di fascino, e non mi riferisco alle qualità vocali del cantante, ma alla voce dell'uomo, una voce con la quale potrebbe dire qualsiasi cosa, anche leggere l'elenco dei medici chirurghi della provincia di Roma, e io andrei comunque in sollucchero ad ascoltarlo. Se volete sapere le sue parole precise precise di quel lontanto Cantagiro '92, guardatevi il video e ascoltate. Almeno una che legge Folgorata, lo guarderà: vero, B.? Nella mia piccola ricerca sui video, dedicata a te, mi era sfuggito. In rete da novembre, ha al suo attivo 111 visualizzazioni, circa cinquanta (approssimato per eccesso?) sono le mie. Mi dà una grande carica, questo video, lo uso per doparmi. Mi pare un sistema discutibile, ma lecito. In fondo mi accontento di poco: video Cantagiro '92, un bicchiere di novello, (anche due) un po' di silenzio, e la produzione di serotonina aumenta vertiginosamente: finchè dura, che dopo inevitabilmente arriva il calo, ma questa è un'altra storia.

venerdì 4 dicembre 2009

Clandestina, Vanina, i pazzi d'amore e una inconsueta forma di Sindrome di Stendhal

Il signore della foto è Johann Wolfgang Goethe. Ho scelto questa immagine perchè nel "post " di oggi cito Werther, e anche perchè mi pare di cogliere una somiglianza...
Io ho una teoria: per dirla con Ruggeri non credo a ciò che in Francia chiamano coup de foudre, o meglio, il colpo di fulmine sicuramente ha un suo fascino, ed è molto bello quando accade di incontrare qualcuno e di rimanerne fortemente colpiti all’istante: poi non sempre le promesse si mantengono. Allo stesso modo può accadere di essere conquistati all’istante da un libro, da una musica, da un dipinto. Può accadere anche l’esatto contrario, e con le persone e con le categorie elencate sopra. Capita di incontrare qualcuno e di non notarlo neppure, o di trovarlo sgradevole, e invece sarà il tempo a decidere diversamente: piano piano la persona che ci era indifferente o addirittura non ci piaceva inizia a farsi strada dentro di noi e a conquistarci. Identica cosa con quel libro che avevamo messo da parte e che a un certo punto ci chiama ed esige di essere letto e sarà per sempre dentro di noi. A me è successo qualcosa di simile con Clandestina, l’album che Mimmo ha composto nel 1987. All’epoca non mi aveva tanto convinto, e non gli avevo dedicato tanto tempo, ne’ tanta attenzione. Quest’anno, con l’inizio del nuovo corso della mia frequentazione con la musica di Mimmo Locasciulli, ho riascoltato Clandestina. Mi ha scatenato delle strane sensazioni: non riuscivo a terminarne l’ascolto tutto di seguito; mi faceva male, e non capivo bene perché. Ho ascoltato le canzoni poco per volta, una ad una, ma con una sensazione di sofferenza, non di malinconia, di malessere vero e proprio. A un certo punto ho lasciato perdere, perché motivi di sofferenza ce ne sono già troppi e mi pare sciocco infliggersene anche con le canzoni. La diagnosi non è chiara; liquido la questione con il legame che può esserci tra le canzoni e il periodo in cui sono uscite, il 1987, in cui mi probabilmente è successa qualcosa che non voglio ricordare, ma piuttosto rimuovere, legata allora all'ascolto del disco.



Passa il tempo e decido che mi faccio forza e forse posso ascoltare Clandestina con una nuova predisposizione di spirito. Con il cuore aperto anche alla sofferenza e con attenzione verso la musica e le parole. Piano, con calma. Ogni tanto una fitta nel cuore, una piccola abrasione, che piano piano lascia spazio alle sensazioni piacevoli, che si dilatano sempre di più. Scopro dei piccoli capolavori che non avevo mai voluto ascoltare con la giusta predisposizione: Clandestina, Niente di più, Via di qui, Surrender; mi soffermo sulle parole, mi soffermo anche sulla famosa musica elettronica, o digital pop, su quei suoni che gli addetti ai lavori definiscono campionati. Mi metto a rileggere le recensioni dell’album, le interviste del tempo e trovo cose che mi erano sfuggite, perché forse nella mia scrupolosa ricerca avevo inconsciamente tralasciato ciò che si riferiva a Clandestina. Leggo che Mimmo aveva trasfuso nei testi dell’album le sensazioni che gli aveva lasciato la lettura del racconto di Stendhal Vanina Vanini, contenuto all’interno delle Cronache italiane. Ero letteralmente impazzito per il personaggio di Vanina - dichiara, e ho trasfuso nei testi delle canzoni di Clandestina ciò che mi era rimasto della storia di Vanina. Ora quando io sento che una persona, un uomo in particolare impazzisce per un personaggio letterario, un personaggio romantico, non posso che impazzire a mia volta per l’impazzito. Ho riletto il breve racconto di Stendhal, lettura fatta tantissimi anni fa e che mi aveva lasciato un ricordo sbiadito. Stendhal racconta senza un eccessivo pathos, senza troppa partecipazione con molta semplicità e senza fornire troppi particolari, la passione di Vanina per il giovane carbonaro Pietro Missirilli. Pietro la ama, ma è un patriota, un carbonaro, un idealista, e la causa forse vale più dell’amore per la ragazza. Lei lo vuole tutto per sé, non desidera dividerlo con la nobile causa, e per ciò arriva a commettere un atto estremo: denuncia i suoi compagni, omettendo solo il nome di Pietro, sperando in questo modo di tenerselo tutto per sé. Le cose non andranno così, perché Pietro si auto-denuncerà e verrà incarcerato. Vanina avvalendosi delle sue conoscenze, riuscirà a salvarlo dalla pena capitale, e arriverà a confessargli il tradimento, ma Pietro non vorrà più saperne di lei, la chiamerà addirittura mostro, quando lei durante un colloquio in carcere, gli confesserà la sua colpa. Lo aveva fatto per tenerlo tutto per sé: le aberrazioni dell’amore, o di un malinteso senso dell’amore e tutto ciò che ne consegue. A me dispiace, ma non sono impazzita per Vanina, o meglio per il racconto di Stendhal, che mi ha lasciato fredda, mentre i personaggi e la storia mi sono piaciuti, come i personaggi romantici in genere o i pazzi d’amore.



Io sono impazzita per tanti personaggi letterari, romantici e non. Uno di questi è il Werther di Goethe, che piaceva tanto a Napoleone. Werther che si commuove nel vedere Lotte che prepara la merenda ai fratellini, (anche le azioni più quotidiane sono trasfigurate dall'innamorato e diventano sublimi) Werther che bacia i bigliettini che lei ha scritto e si ritrova tra le labbra granelli di sabbia. Da un po’ che non lo rileggo integralmente. Non so più se potrebbe darmi le emozioni che mi diede diciottenne. Non voglio rischiare e preferisco mantenere il ricordo inalterato. Werther mi appassiona anche perchè è un romanzo epistolare ed io sono una che ama comunicare per iscritto, molto più che a voce. C'è un romanzo epistolare bellissimo di David Grossman, che s'intitola Che tu sia per me il coltello, nel senso che i due protagonisti, che non si conoscono personalmente, ma vivono un misterioso e sempre più coinvolgente e morboso legame epistolare, sentono l'urgenza di scavarsi reciprocamente dentro proprio come si potrebbe fare con una lama affilata: Voglio che tu sia per me il coltello, anch'io lo sarò per te. Mimmo tu che mi dici di Werther? Quanto al romanzo di Grossman, secondo me ti appassionerà: se non l'hai ancora fatto, leggilo. Sei ancora capace di impazzire per qualcosa, in questa tua età matura, o il tempo ti ha reso un po’ cinico?



Io a scoppio ritardato sono dunque impazzita per Clandestina, e per Mimmo impazzito per Vanina, ossessionato da Vanina e da quell’altra Vanina del film di Zurlini a sua volta impazzita per il suo professore, con cui condivideva la passione per Stendhal. Un pericoloso cerchio di follia, visti i risultati. La mia lucida follia mi ha aperto uno squarcio: credo finalmente di aver capito, che cosa fosse tutta quella sofferenza che l’ascolto di Clandestina mi infliggeva e da cui non volevo lasciarmi sopraffare: era qualcosa di molto simile alla sindrome di Stendhal.
I testi dell’album ora che li ho letti e ascoltati con attenzione, mi appaiono in tutto il loro romantico fulgore. Mi pare che si sia proprio lasciato prendere, Mimmo, quello di tanti anni fa. Pubblico il testo di una canzone dell’album, Via di qui: sentite cosa è (era) per Mimmo (l’artista) l’amore…


VIA DI QUI Testo e Musica di M. LOCASCIULLI
© 1987 Edizioni Musicali BMG Ricordi


La bocca è un fuoco che scotta

La tua è come la mia

Per questo gioco violento

O d’innocente poesia

Non so spiegarti perché

Non chiedermi cos’è

Se chiudi gli occhi è normale

Non resistere più

Ad occhi chiusi è impossibile

Non cadere giù

L’amore a volte consola

A volte è soltanto una prova

A volte è il conto di un viaggio,

A volte soltanto paura o coraggio

Il cuore é un cane che abbaia

Un grido in fondo alla via

Dove si aspetta qualcuno

E non si sa dove sia

L'amore ha troppi segreti

Per noi che siamo indiscreti

L’amore è un trucco speciale

Che fa sembrare speciale

Ciò che normale non è

Via via di qui corri lontano

Scappa da qui non è logico darsi una mano

Se niente di noi lascia un segno nel tempo

Se l'ultima traccia va via

Le lacrime del cuore non si asciugano mai

E tutto intorno gira senza continuità

L'amore a volte fa male

È una trappola mortale

L’amore è un colpo violento

Che uccide ogni cosa in un solo momento

Resta qualcosa che non puoi spiegare
Qualcosa che puoi ritrovare

Dietro uno sguardo che punta lontano

Dentro il palmo chiuso di una mano

L’amore è solo un confine ma non cercarne la fine

Non tentare di chiudere il tempo nei sogni che fai

Via via di qui…….

martedì 1 dicembre 2009

Risposta alla richiesta di un'amica

B. è un'amica che mi fa la grazia di leggere questo blog. Lei conosceva e seguiva Mimmo Locasciulli nei decenni precedenti. (Ottanta e novanta.) A un certo punto lo ha perso di vista, ma proprio del tutto, non come me che di quando in quando qualche piccola notizia la recepivo. (Avevo lasciato la solita porta semiaperta). Per farla breve, Baby: ti inserisco il link di una piccola video-intervista di quest'estate, così vedi il Nostro che avevi lasciato circa quarantenne, nel fulgore di questa sua fulgida maturità piena di gratificazioni, e percorsi di auto-introspezione. http://canali.kataweb.it/musica/2009/07/02/mimmo-locasciulli-scrivere-con-le-spalle-al-muro/. Siccome non mi risparmio, per le amiche che condividano con me qualsiasi cosa, (trattandosi di Mimmo sono ancora più generosa) te ne accludo anche un altro, di uno speciale andato in onda su La7 a maggio, subito dopo (o immediatamente prima?) la pubblicazione di Idra http://www.la7.it/intrattenimento/dettaglio.asp?prop=cognomeenome&video=26883.
Se poi vuoi fare un tuffo nel passato e rivedere Mimmo come lo ricordi, (ti prego, non commuoverti) eccoti accontentata. In piedi, size slim, camicia di jeans, chitarra elettrica, in una versione particolare "live" di Delitti perfetti, con una band di tredici elementi http://www.youtube.com/watch?v=hPkdXwuyZaA.
Voglio davvero esagerare e ti inserisco altri due link, uno di una decina di anni fa, suppongo, dato che la canzone (Stella di vetro) è uscita nel 1998: qui canta e suona l'armonica. http://www.youtube.com/watch?v=o0jQuzMdbPU&NR=1 Guardatelo bene, perchè Mimmo in piedi è una rarità, mentre più frequente è la versione "Tuttunocolpianoforte" elemento imprescindibile di ogni sua esibizione. Concludo con Povero me, dal vivo nel 2007. http://www.youtube.com/watch?v=K-oV1fiPNuo&feature=related. E anche oggi ho aggiunto un mattoncino nell'opera di catechizzazione, così stanotte dormo tranquilla, perchè qualcosa di buono, in questa mia fredda giornata d'autunno senza troppa speranza, l'ho fatta.

lunedì 30 novembre 2009

Eri tu o non eri tu?



Mimmooooo, ehi, que pasa? Folgorata urla, Vox clamantis in deserto, quasi implora, Locasciulli non risponde. Soffre indicibilmente, ma comprende: quest'uomo ha mille cosa da fare, mica vive dentro la rete come quella piccola creatura che ormai con gli essere umani ha solo i contatti necessari per la sopravvivenza; per il resto vive una vita semi-autistica, attaccata a un monitor o immersa nelle pagine di qualche libro. Ora dove sarà Super-Mimmo? In sala operatoria alle prese con l'applicazione delle ultime tecniche di chirurgia erniaria? Nel suo studio a mettere a punto la perfetta organizzazione del Convegno nazionale di Day surgery di gennaio (quando ho letto "Coordinamento scientifico dottor Domenico Locasciulli" mi sono troppo emozionata e ho provato un moto d'orgoglio; una domanda che come tutte la altre rimarrà senza risposta, ma io le pongo lo stesso: è vero che sei un chirurgo di fama mondiale, come ho letto? Incomincerò a fare una ricerca per vedere se scrivi nelle più accreditate riviste internazionali di chirurgia: le vie di Folgorata sono infinite, ho idea che si sia montata la testa.) al quale potrei partecipare come distributore automatico di bevande calde durante il coffee break, non essendo ne' infermiera, ne' medico chirurgo (ne' medico e basta, anche se ogni tanto mi chiedono Lei è medico, signora - oppure lei è assistente sociale, suora laica, missionaria? A nessuno viene in mente di chiedermi se faccio la soubrette o la cocotte, e mi secca un sacco), oppure a tenere una lezione sul tema: "Consigli nutrizionali dedicati alla classe dirigente del PD, al fine di avere mente lucida membra agili ed evitare l'abbiocco post-prandiale e il calo degli zuccheri tra un pasto e l'altro." Segue dibattito e degustazione di tutto ciò che deve essere evitato, così capite cosa può accadervi se mangiate male. Insomma è evidente che questo pezzo è davvero molto molto delirante, ma sono quelli che mi piacciono di più: ce ne sono alcuni, in questo blog, seri seri tristi tristi e senza ombra di ironia, che mi verrebbe quasi voglia di sopprimerli, da quanto mi deprimono; scrivendo roba di questo tipo almeno mi diverto un po', che sono messa davvero troppo male e mi devo dopare un po' con la scrittura delirante. A proposito, ecco dove potrebbe essere il mio oggetto di ammirazione e di indagine: a discutere sulle Doparie, www.doparie.it un autentico strumento di democrazia, nel senso autentico di partecipe intervento popolare. Magari invece oggi anche per lui è un giorno di noia, di fine novembre, non d'aprile, che qui piove, e forse anche lì, e magari è rimasto a letto senza telefono e senza giornali, al buio a trafficare... col meccano.


Ora basta divagare, arriviamo al nocciolo della questione, al motivo per cui ho sentito l'impulso irresistibile di battere le dita sui tasti: giovedì 26 guardo il TG3 delle 19: si parla della presentazione del libro intervista di Rosy Bindi Quel che è di Cesare curato da Giovanna Casadio, di cui allego se mi riesce, il video http://www.radio/radicale.it/scheda/291835 conclusasi poco prima alla Sala conferenze di Piazza Montecitorio. Partecipano Bersani, Fini, la curatrice Giovanna Casadio, il giornalista Giulio Anselmi e il vice direttore della rivista Il regno, Gianfranco Brunelli, insieme con la neo-eletta Presidente del Partito Democratico, naturalmente, con la quale mi felicito, e della quale apprezzo anche la misurata commozione che la colse l'8 novembre, durante la nomina ufficiale a presidente.


Folgorata ironizza molto, (forse talvolta a sproposito) ma in parte è una persona seria, quindi non può azzardarsi a recensire un libro che non ha ancora letto. Si limiterà a rielaborare notizie lette, o ascoltate: nel libro si affronta prima di tutto l'esigenza della convivenza all'interno del Partito democratico delle diverse anime, quella cattolica e quella laica, che necessariamente devono fare uno sforzo e venirsi incontro, rispettandosi. Si toccano anche temi etici importanti ed attuali, il testamento biologico, la ormai annosa questione della pillola Ru486 (quanta vergognosa resistenza) e soprattutto l'esigenza di fare una politica etica, al servizio del bene comune, dalla parte del più debole, e non nell'interesse bieco del potente. Cosa c'entra Mimmo Locasciulli in tutto questo: a mio avviso molto, nel senso che sono temi che lo coinvolgono e come cittadino e come medico, e nel senso che lui c'era, alla presentazione del libro: l'ho visto, ero senza gli occhiali, ma quando si tratta di Mimmo mi si acuiscono tutti i sensi, mi si aguzza la vista, l'udito e l'ingegno (si fa per dire). Era lui: almeno penso, altrimenti era un sosia quasi perfetto. Io tutta contenta, e di averlo visto, anche solo per due secondi, tanto è durata l'inquadratura, prima di fronte, poi di spalle, e poi che abbia trovato il tempo per andare alla presentazione del libro di una persona che conosce e stima (la stima e la simpatia sono reciproche: Quando a Rosy facevano quelle solite noiose domande sul suo dimagrimento, lei parlava sempre di questo dietologo con un tono particolarmente affettuoso e riconoscente e io allora ignara, mi dicevo - Deve essere molto in gamba questo dietologo e anche un gran figo -per scoprire, più tardi che era molto di più: Mimmo Locasciulli! Solo che a questo punto mi occorre un'altra precisazione: dietologo o nutrizionista, come mi pare sia, che sono due percorsi formativi diversi; voglio saperlo con certezza una volta per tutte, perchè anche tu Mimmo, in alcuni casi ti sei definito in un modo, in altri nell'altro. Si può sapere cosa c'è scritto sulla targa sulla porta dello studio?) e ancora, ma questo già lo sapevo, che sia un uomo che vive dentro la società, e che partecipa, e prende posizione. Bravo, Mimmo, promosso anche questa volta. Non abbassare la guardia, tuttavia, che Folgorata nonostante tutta la stima e l'affetto possibili, cerca sempre di mantenere quel minimo di distacco e obiettività, condizione necessaria per non cadere (del tutto) nella pericolosa condizione di idolatra. Almeno un pezzetto di testa, fuori, deve rimanere: se funzionante in maniera accettabile, meglio.

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