Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

martedì 28 maggio 2013

IMPRONTE DIGITALI





Si sa come sono gli scrittori, annusano l'aria, osservano la realtà circostante, ascoltano conversazioni, sono incuriositi da nomi, fatti, personaggi. Attingono a questi e ad altri stimoli a piene mani, depositano nella cassaforte della memoria, e anche in substrati più profondi e poi, voilà: plasmano, modellano, reinventano, dando così vita alle loro opere. Accade talvolta che durante la lettura di un romanzo siamo colpiti dalla presenza di personaggi, protagonisti o marginali, fondamentali o solo comparse che non lasciano traccia, che portano lo stesso nome di personaggi noti, o che abbiano avuto una qualche notorietà. Spesso sono nomi particolari, poco diffusi, curiosi. Ad esempio uno scrittore cagliaritano, Luciano Marrocu, che prima di tutto è un illustre docente di storia contemporanea (una specie diffusa, docente universitario-romanziere, più che medico-cantante musicista), ha chiamato uno dei due investigatori, protagonisti della sua saga di romanzi noir, Eupremio Carruezzo. E chi è Eupremio Carruezzo, direte voi? A tutta prima sembra il nome di un personaggio di un romanzo di Garcia Marquez, invece è stato, qualche decennio fa, (me lo ricordo benissimo anch'io, che di calcio mi occupo poco, anche se potrebbe essere in atto, nei miei recessi più nascosti, una inaspettata conversione bianconera...) un giocatore del Cagliari, e - ma questo lo scopro solo ora - di tante altre squadre. Non mi ero mai occupata di lui, e pensavo che fosse di origine sudamericana, invece è di Brindisi. Sarà stato colpito dal nome curioso, il nostro Scrittore, nome che richiama alla mente un uomo di età matura, pachidermico e incline agli eccessi a tavola, (come è nei romanzi) e non un giovanotto dal fisico atletico come era, e forse sarà ancora benchè ormai cresciuto, il calciatore pugliese.

Un altro scrittore cagliaritano, Francesco Abate (ci sono tanti scrittori in Sardegna, proprio tanti, alcuni anche molto bravi, e Abate è uno di questi)  in un suo romanzo intitolato I ragazzi di città, Mister Dabolina remix, (Nuoro, Il Maestrale, 2007), alla pagina 134, tira fuori dal suo serbatoio di esperienze una comparsa, necessaria al romanzo in quel punto, ma ininfluente nella sua economia complessiva, e la battezza... indovinate come? Adesso ve lo faccio raccontare direttamente da lui.

Furio badava a questi particolari quando un tipo con dei grandi baffoni e una valigetta nera sotto braccio entrò nella stanza. 
- Locasciulli. Per cortesia attenda fuori, la chiamo io. 
- Disse nervosamente il capo della Squadra mobile. ... 
- Locasciulli venga! 
La porta si riaprì e ricomparve il tipo con i baffoni. Dalla valigetta tirò fuori tamponi assorbenti e inchiostro. Impiastricciò le mani di Furio di china nera. Poi gliele fece appoggiare su dei fogli e su delle lastre trasparenti. ...
Finita l'operazione, Locasciulli richiuse tutto dentro la valigetta e allungò a Furio un pezzo di carta assorbente per pulirsi le dita nere. 
- Dottò, ci vuole almeno un'ora. 
Ugo Masala gli fece cenno di andare.

Ora io ringrazio molto Abate per avermi dato lo spunto per scrivere un post, e, inevitabilmente mi domando come e perché questo tipo con i baffoni neri -anche se non c'è alcun riferimento al colore dei baffi, ma solo della valigetta, me li immagino neri, questi baffoni, magari tinti - (altrettanto inevitabilmente mi si para dinanzi un volto molto noto ornato di baffoni neri...) lo abbia chiamato proprio Locasciulli. Superando la mia totale avversione all'abbordaggio di personaggio più o meno noto, per le vie cittadine e dovunque sia, giuro che lo scoverò, prima o poi, lo intervisterò, e non lo lascerò andare via se non mi avrà fornito una spiegazione più che convincente. 

lunedì 20 maggio 2013

ANNUNCIO ALLA NAZIONE

Tornata a casa dal lavoro, svolte le incombenze normali che tutte noi (chi più chi meno) ragazze svolgiamo, ho subito voluto dedicarmi a una piccola modifica, che desideravo da tempo applicare al layout del mio blog. Ecco, si sono verificate le condizioni favorevoli e posso permettermi di sostituire la vecchia, cara, amata immagine del soundcheck sotto la pioggia tardo primaverile al concerto di Penne, (13 giugno 2011) con quella che attualmente mi piace più di tutte le altre.  Possiamo ammirare un "Mimooo" intento a sedurre l'ignara cliente di un bar di periferia, che non ne vuole sapere perché di uomini non capisce niente, e un Greg intento a sedurre la platea con il suo contrabbasso. Ormai lo sanno tutti, e anche la foto lo racconta, ma lo ripeto ancora una volta: siamo al FolkClub, il 20 aprile 2013, intorno alle 22,00, e ci troviamo di fronte a una strepitosa interpretazione di "Una vita che scappa".
Essendo un fatto di vitale importanza, di questi tempi, l'aggiornamento dell'immagine di copertina, ho ritenuto opportuno gridarlo alla Nazione. Che dico, al Mondo!

martedì 14 maggio 2013

TU SI

Domenica mattina, intorno alle 11,30. Ascolto una trasmissione radiofonica di Radio Due. Sono in giro, ho le cuffie, e nelle mie orecchie entrano le note di Tu no. Ad eseguirla è un gruppo che ha dedicato un recente lavoro a Piero Ciampi, e che nel 1999 ha anche vinto il Premio a lui dedicato. Molto omaggiato, Ciampi, molto citato. Meritatamente e non da adesso, anche se un numero sempre maggiore di artisti sembra accorgersi di lui. Capita di frequente, spesso dopo che uno è morto e in vita non è stato tanto fortunato. Si innesca una specie di meccanismo a catena, a volte anche una moda. Capita anche a chi in vita invece ha avuto successo, è stato molto considerato, poi muore e c'è la gara a chi lo omaggia di più, a chi fa più spettacoli per ricordarlo, spesso in contemporanea, come è accaduto negli ultimi anni a un artista in particolare, che secondo me avrebbe potuto pensare "Va bene l'idea del tributo, ma ora stanno esagerando...." Sto divagando e non intendo lasciarmi andare ad alcun tipo di giudizio: mera cronaca. Varcata la soglia di casa, dunque, ho sentito immediato il desiderio di mettere su Piano piano e di ascoltarmi la versione di Mimmo, di Tu no, e mi sono subito riappropriata della canzone. Anche qui questione di gusti e di abitudine a sentire quella versione, quella interpretazione. "Tu si" ho pensato io, ma mi rendo conto che è una valutazione soggettiva: di sicuro per altri, quella proposta dal gruppo ospite del programma di domenica, potrebbe essere più gradita, più sentita.
Sono anche andata su YouTube e ho trovato un vecchio video in cui Ciampi, ospite a una puntata di Senza rete, interpreta proprio Tu No. Un uomo alto e magro, ancora molto giovane, ma che dimostrava più anni, fermo davanti all'asta del microfono, sembrava chiedersi "che ci faccio qui", ma poi via via si calava nell'interpretazione, sentiva la canzone, via via si scaldava, senza mostrare tuttavia di sentirsi del tutto a proprio agio, in quello studio televisivo. 
Dietro l'orchestra, diretta dal maestro Pino Calvi. Poi il  pubblico che sembrava applaudire con partecipazione. Chissà se ascoltava davvero la canzone, se si soffermava sulle parole... "Sono a tua disposizione per la vita e per il cuore"... "I milioni di rinunce che ti ho fatto sopportare, le ho pagate care"... E sono qui a domandarmi ancora una volta cosa ci sia davvero dietro una canzone e a riflettere sul fatto che spesso testi bellissimi siano nati da situazioni tormentate, da inquietudini profonde, da esperienze estreme. Quasi che la sofferenza, il tormento, il disagio, gli stati di alterazione, le difficoltà, siano le condizioni più favorevoli, per alcuni, per dare il meglio di sé. Non sempre è così, ovviamente e per fortuna. Tuttavia, è innegabile che gli artisti, quelli veri, anche quelli che non si nutrono di eccessi e di tormenti, e che conducono una vita "normale", siano portatori di una sensibilità particolare, che li mette nelle condizioni di entrare in stati d'animo e in situazioni diverse da quelle che vivono nelle loro vite vere, quasi fossero preda di una trance, di un misterioso processo di possessione o di trasposizione, o semplicemente di immedesimazione. 
Ho guardato Ciampi che cantava, l'ho ascoltato e ho pensato: "Tu si, tu si" e una piccola vena malinconica ha preso a pulsarmi dentro, e mi ha tenuto compagnia per un po' di tempo ancora, dopo la fine della canzone.

giovedì 9 maggio 2013

CALDO COME UN CAPPUCCINO

Capita che a volte scriva, e poi archivi, per motivi diversi. Accade che dopo un po' il pezzo archiviato sappia di stantio: scritto sull'onda di uno stimolo che mi cattura, non mi pare tuttavia opportuno pubblicarlo. Ci penso su e poi, semplicemente, dopo qualche tempo non ha più senso (ammesso che ce l'avesse prima). Accade anche che mi imbarchi in qualcosa in cui l'aspetto meccanico-burocratico, compilativo, prevalga su quello creativo, e qui, semplicemente, mi annoio. Mi dico che ci ritornerò, ma soffro solo al pensiero di dedicarmi ancora a cose già viste mille volte. Avevo in mente di ricostruire la carriera di Mimmo, attraverso i titoli che i principali quotidiani italiani gli avevano dedicato dal 1980 in poi. Ho iniziato, ho letto e riletto, ricopiato un gran numero di titoli, poi ho iniziato a sforbiciare, poi a rimpinguare e di nuovo a sfoltire. Alla fine ho lasciato un lavoro a metà, mutilo e alquanto informe, e ho conservato la bozza. Oggi, mi son messa a girellare tra le bozze in attesa di giudizio e mi son detta: "Informe quanto vuoi, ci hai lavorato, agiografa dei miei stivali! (senza i diamanti dentro, purtroppo). Mandalo in stampa."

"Ogni volta che sono dentro un bar e vedo le tazze colme di cappuccino, denso, morbido, schiumoso, ne sono incredibilmente attratta, ma solo visivamente, perché il latte non è per me. Qualcuno ha pensato di assimilare Mimmo a un cappuccino, ma io preferisco paragonarlo a una bevanda corroborante, come quella che mi preparo spesso in questi ultimi giorni, un caffé doppio con cacao brasiliano e zucchero di canna.



Oggi, complice una giornata di pioggia scrosciante e di vento ululante, e una condizione fisica non ottimale, mi sono rintanata e mi sono messa a giocare, come il piccolo malato della poesia di Diego Valeri. Solo che invece della matita dai giocondi color rosso e turchino, ho pescato tra i titoli che nel corso della sua lunga e onorata carriera, i giornali hanno dedicato a Mimmo (nell'ordine La StampaLa Repubblica, ll Corriere della sera e infine L'Unitàe li ho, con una banale operazione di copia-incolla,  trasferiti qui. Quelli sottolineati sono della Stampa e  del Corriere  - il link dovrebbe essere attivo - così se qualcuno volesse, può andarseli a leggere. Il medico che canta va per la maggiore, nei titoli. Anche le canzoni pulite, la vocazione a raccontare storie intime in atmosfere raccolte, il romanticismo. Ne ho scelti alcuni, cercando di rappresentare un po' le tappe della sua carriera. 
Il titolo La sfortuna di Locasciulli non deve trarre in inganno, perché nessun evento sfortunato ci fu, ma solo un bel concerto in cui, in anni in cui era abituato a un pubblico più numeroso, ricevette molti applausi, ma da pochi estimatori.
I due che condividono un'ideale di vita garbata sono M. ed Enrico.
L'azzardo è riferito all'album Tango dietro l'angolo, il Jack con cui M. ricomincia, si riferisce all'opera teatrale Jack lo sventratore, di cui M. scrisse il commento musicale. (Mi domando sempre dove sia possibile ascoltarlo, se sia confluito in qualche album sotto mentite spoglie... o chissà che altro).

Mi sono divertita a rimescolare i titoli, in parte scompaginando qualsiasi tipo di ordine, e ne ho riportato qualcuno (pochi pochi) che, Vostra Eccellenza mi perdonerà, non è strettamente legato alla musica, per dovere di cronaca.
Uno dei titoli di Repubblica ci racconta di un Mimmo scatenato. Confesso che a me Mimmo scatenato, quindi bevanda corroborante, intriga (come direbbe lui) molto di più di Mimmo misurato, attento a non andare sopra le righe, troppo soffice, quindi Mimmo cappuccino.

Ricordiamoci però che non è detto che un menù debba essere sempre monocorde: viva la molteplicità, e i vari aspetti che caratterizzano il nostro amico, anche se spesso contrastanti. 

Iniziamo il breve viaggio".



Locasciulli jazz narratore delizioso 
Trent' anni di carriera concerti con Locasciulli 
L' Idra in dieci canzoni con Mimmo Locasciulli
Le fantasie di Locasciulli ballate folk rock per Idra 
Le canzoni di Locasciulli per battere l' autismo 
Il jazz va in campagna con Locasciulli e Salis
Uno 'Sglobal' per Locasciulli il vero folk-singer
Locasciulli, il folk-rock e nuove canzoni 'sglobal' 
Torna Mimmo Locasciulli il sognatore della canzone 
Le canzoni raffinate e la voce di Locasciulli
Locasciulli al FolkClub Una serata da camera
Locasciulli dal vivo per il cd 'Piano piano'
Canzoni, appunti di vita il ritorno di Locasciulli 
Scenari di Costiera con Haber Locasciulli
COME FOSSE UN TANGO DANZATO A NEW YORK 
Locasciulli: Il futuro è tutto nelle mie radici 
NOI DUE, LA MUSICA E UNA VITA... GARBATA
QUANTA GRINTA IL 'NUOVO' LOCASCIULLI ANCHE TROPPA



Mimmo e Alessandro, due amici sul palco
In coppia tra musica e teatro
E io ricomincio da Jack
Locasciulli: vede, vedi, questa volta tocco anche il rap
Vita quotidiana di "Uomini maturi"
Locasciulli canta "Piano piano"
Locasciulli "al limite dell'azzardo"
Locasciulli "il clandestino"
Insieme è bello anche se i due sono "Confusi in un playback"
Ma che fatica tradurre Neil Young
Mimmo Locasciulli e Riccardo Cocciante "duello sul palco"
Locasciulli cantautore per passione






















martedì 7 maggio 2013

VORREI CONOSCERLA... PUNTI DI VISTA A CONFRONTO




Lo sanno molto bene, i personaggi pubblici, con una notorietà grandissima o anche molto limitata, ed a qualsiasi ambito appartengano. Non importa se scrittori o cantanti, musicisti o attori, conduttori o altro: nella corrispondenza che ricevono, sia essa copiosa o ridotta, ma comunque esistente, spesso ci sarà la richiesta, da parte di chi scrive, di poterli, almeno una volta, incontrare.
Magari non sarà una richiesta perentoria, magari sarà la garbata esternazione di un desiderio, magari oltre che garbata sarà anche timida, ma è un fatto veramente comune. Capita più o meno a tutti, e non da ora. Se è vero che, nell'era tecnologica che viviamo, la comunicazione diretta è facile e veloce, anche in passato non era impossibile, ne' inconsueto, entrare in contatto con le celebrità del tempo. Alla apparente freddezza della posta elettronica (apparente perché non conta tanto il mezzo, quanto il contenuto, che può essere glaciale o incandescente, o tiepido, anche se si usano carta e inchiostro) basta sostituire una missiva tradizionale vergata a mano, in bella e chiara grafia, e il gioco è fatto.

Certamente a mano avrà scritto l'appassionata e colta francese Henriette D'Hussieres, una delle tante ammiratrici che volle entrare in contatto epistolare, indovinate con chi? Niente meno che con Lord Byron, e certamente a mano, a meno che non avesse, ma non erano ancora tempi, una scrittura poco leggibile, e anche in tal caso il galateo non lo avrebbe permesso, scrisse a Italo Calvino una aspirante, e a quanto pare promettente, giovanissima scrittrice di Sulmona. Diversi i tempi, diversissimi i personaggi in questione, diverse le estimatrici, accomunate dal desiderio di conoscere personalmente, l'esponente più noto del secondo romanticismo inglese, e il grande e riservato scrittore italiano. Entrambi risposero, ciascuno secondo la propria indole e le proprie convinzioni.
Propongo entrambe le risposte, prima quella di Byron e poi parte di quella di Calvino. Non ci è dato conoscere le missive delle ammiratrici. La lettera di Lord Byron è datata 8 giugno 1814, quella di Calvino è del 22 aprile 1964.

A Henrietta D'Hussieres

A parte i vostri complimenti (che sono scusabili solo perché non mi conoscete) voi scrivete come una donna intelligente, ragion per cui spero che non ne abbiate minimamente l'aspetto – ne ho conosciuta una sola del vostro paese – Mme de Stäel – ed è terrificante come un precipizio. Poiché venirvi a far visita mi sembra poco pratico – non potete fare in modo di venire voi a trovare me? dicendomi in anticipo l'ora perché mi trovi sul vostro percorso – e se questo colloquio condurrà al «tuffo nel Serpentine»* cui accennate, - possiamo fare il salto insieme – sarete in ottima compagnia – poiché io nuoto come un'anatra – una delle poche cose che faccio bene) e voi dite che il vostro genitore vi ha insegnato la stessa utile perizia. – Mi piace soprattutto la vostra educazione – per qualche verso assomiglia alla mia – poiché i primi dieci anni della mia vita furono trascorsi in gran parte tra i monti – e avevo anche una tenera e autoritaria genitrice che talvolta mi concedeva delle vacanze e ogni tanto uno scapaccione. – Se farete la mia conoscenza – vi prometto di non farvi la corte a meno che la cosa non vi vada a genio – e anche in tal caso non avrete motivo di riceverne più di quanto vi farà piacere: – dovete tuttavia farmi due favori – il primo è di non confondermi con S** – che è un uomo eccellente – ma con il quale non ho l'onore di avere la minima (non voglio dire la più piccola, perché ha la circonferenza di un assessore comunale) somiglianza – e il secondo é di ricordarvi che «come nessun uomo è un eroe per il suo valletto», così io non sono un eroe assolutamente per nessuno – e non trattatemi con un tanto offensivo rispetto e timore reverenziale – che mi fa sentire come se avessi il busto. - Sarete un'eroina tuttavia se preferite e io sarò e sono
il vostro umilissimo servitore
B
P.S. «Sorpreso»? oh! no! - io non mi sorprendo di nulla - se non del fatto che vi disturbiate tanto per uno che non lo merita. […]

*il lago artificiale a Hyde Park, meta di suicidi (ci si sarebbe annegata, anni dopo, anche la moglie di Shelley)
**Forse un altro poeta, Southey?

Gentile Signorina
ho letto la sua lettera e i Suoi racconti. I Suoi racconti nella loro «giovanilità», testimoniano l'occhio sensibile e senza diaframmi letterari con cui Lei guarda il mondo. Tutto quel che si può dire è che Lei è «su una buona strada». È poco? È moltissimo.
La sua lettera pone un problema che credo si riproponga ogni volta che un lettore vuole conoscere l'autore d'un libro che gli è piaciuto. Prova sempre una delusione. Perché l'autore non esiste: cioè esiste solo nelle sue opere; al di fuori di quelle (se non è un dannunziano o altro genere di trombone) è un tipo qualsiasi che si guarda bene dall'«identificarsi» con un personaggio ideale. Io, come molti della mia generazione, ho una possibilità in più d'aver rapporti con il prossimo – oltre a quella dell'autore (che si può realizzare solo attraverso le opere) e quella dell'individuo (che si realizza nel tran-tran della vita quotidiana): sono uno che lavora (oltre che ai propri libri) a far si che la cultura del suo tempo abbia un volto piuttosto che un altro. Credo molto in questo aspetto della mia vita e mi dispiace che lei si senta respinta se persone come […] o il sottoscritto s'interessano al Suo lavoro da questo punto di vista. Non c'è sotto nessuna Macchinazione Misteriosa dell'Industria Culturale per soffocare l'Umanità, mi creda.
Amici come prima e un cordiale saluto

Il tema della conoscenza con l'autore è affrontato anche in un'altra lettera, posteriore alla precedente solo di qualche giorno, di risposta a una studentessa di Padova che intendeva fare una tesi su di lui.

Gentile signorina, se vuole un consiglio, non cerchi mai di conoscere di persona gli scrittori. Uno scrittore, se vale, è nelle sue opere. La conoscenza della persona non aggiunge nulla. Per di più, gli autori sono i meno autorizzati a parlare della propria opera. Proprio per questo gli studi letterari riescono molto meglio quando trattano di autori morti che di autori vivi. […] Scusi se sono brusco ma questo studio dei contemporanei nelle Università è una cosa che non mi va giù, e ogni volta che ne sento parlare mi arrabbio. Probabilmente nessun contemporaneo italiano resisterà nella memoria dei posteri. E quasi certo che tra cinquant'anni quando sapranno che si facevano lettere su x o y, o su di me, scoppieranno a ridere.

Due stili molto diversi, due toni molto diversi. Galanteria e tono brillante e mondano nel primo caso, ironia, leggerezza e giocosità. Asciuttezza, riservatezza e fermezza nel secondo. In entrambi correttezza ed educazione.
Due posizioni distanti, ma non del tutto. Neppure Lord Byron, in fondo, ha un grande desiderio di incontrare l'ammiratrice, ma neppure lo esclude. Gioca, recita il ruolo di se stesso.

La vita, la società, i costumi, gli strumenti a disposizione, sono molto mutati dai tempi di Byron e lo sono anche da quegli anni sessanta in cui Calvino esprimeva le proprie convinzioni.

Dunque: conoscerli direttamente, incontrarli, questi personaggi che ci interessano, ci attraggono, ci affascinano, ci suscitano emozioni, rappresentano forse un altrove nel quale rifugiarci, oppure limitarci alla conoscenza che di essi ci fornisce la loro opera, letteraria, musicale, figurativa o di qualsiasi altro tipo? Un conto è l'artista, un conto la persona. Con l'artista si può entrare in contatto, di questi tempi, perfino in tempo reale, se ne possono conoscere le opinioni e i pensieri, se l'artista in oggetto utilizza, e lo fanno veramente in tanti, anche se non tutti allo stesso modo, gli strumenti che lo consentono. Ci si può anche incontrare, nelle sedi opportune, cioè quelle in cui l'attività artistica o pubblica trova la sua realizzazione, e che prevede anche (non sempre) uno spazio e un momento dedicato all'incontro con gli estimatori. Non è detto che, come dice Calvino, l'incontro possa aggiungere altro alla ricchezza che abbiamo raggiunto tramite la fruizione dell'opera. Anzi, potrebbe pure togliere, nel senso che potremmo rimanere scontenti, o delusi, o amareggiati. Potremmo anche rimanere molto colpiti, tornare a casa felici e custodire un bel ricordo, e magari potremmo rinverdirlo in molte occasioni successive, questo ricordo. Siamo nella sfera della soggettività, e quindi della estrema varietà dei punti di vista. In teoria niente è impossibile: ci sono ammiratori che hanno instaurato un bel rapporto personale con i loro beniamini, qualche volta sono nate delle amicizie e in casi non isolati anche degli amori. Niente di strano e niente di male: solo che le cose nascono se ci sono le condizioni, se scatta quel quid che le fa accadere, e questo vale sempre nelle relazioni tra persone, note o comuni che siano. Pertanto non esiste un comportamento giusto e uno meno giusto, almeno non in maniera troppo rigida o schematica. Esistono l'affetto, la curiosità, l'entusiasmo, ma anche la discrezione, il rispetto, il buon senso e la buona educazione: è dentro il giusto equilibrio tra questi elementi che ci si dovrebbe muovere, anche se non sempre è facile.

...Per tornare un momento a Calvino. Son passati cinquant'anni e a nessuno verrebbe in mente di scoppiare a ridere, davanti alla mole di tesi e studi di cui è stato oggetto.

Per chi come me, fosse interessato a conoscere la persona dentro l'autore, anche attraverso le lettere:

George Gordon Byron, Vita attraverso le lettere, a cura di Masolino D'Amico, Torino, Einaudi, 1989

Italo Calvino, Lettere, 1940-1985, a cura di Luca Baranelli, Milano, Mondadori, 2000




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