Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

domenica 28 ottobre 2012

FRAMMENTI 6

Sarà che adesso frughiamo spesso dentro al passato
Come si fruga dentro un soffitto abbandonato
E un'emozione nascosta dentro una fotografia
Prende i contorni della tenerezza e della nostalgia
Così a volte si plana sul tempo
Che ha il sapore di miele e di vento

L'inganno del tempo è una delle canzoni di Mimmo che mi suscita sempre, a ogni ascolto, una emozione forte: non mi stanco di ascoltarla, non saprei dire più per la sua bellezza in sè, o per la bellezza dell'emozione.
Inspiegabilmente, non l'avevo inserita tra le (famose) prime cinque, coperta da un velo d'oblio temporaneo subito volato via.
La amo alla follia, è una di quelle, nella produzione di Mimmo, che non ho resistenze a definire perfetta.
Non mi visitano, i frammenti di questa canzone, per il semplice fatto che stazionano in maniera permanente, sono lì, vergati con inchiostro indelebile, incisi nella pietra. Non avevo intenzione di inserirla in questo "ciclo", perchè mi appartiene troppo, e troppo intimamente, e anch'io, apparentemente così incline ad aprirmi, qualche volta ho resistenze e forme di ritroso pudore.
Inoltre pur senza troppo approfondire, mi ci ero già soffermata, e avevo trascritto l'intero testo, in passato.
Di recente lo stesso autore ha dedicato, dietro sollecitazione di un estimatore, alcune considerazioni alla canzone.
Insomma L'inganno del tempo non era prevista.
Poi... poi oggi vedo la foto di un ragazzino bellino, con la faccia pulita, gli occhi chiari, (si lo so, la foto è in bianco e nero, ma si intuiscono) il viso serio, una camicia bianca e un curioso gilet di vello di pecora, (molto abruzzese e molto sardo, anche) tutto impegnato in una cosa che sembra desiderare con grande intensità e che lo accompagna ancor oggi.
"1966 - A volte mi manca quella ingenuità." 2012. Tempo ne è trascorso parecchio. In mezzo c'è stata la costruzione di un uomo, strato su strato, e come è normale che sia, l'ingenuità ha ceduto il posto ad altro. Tuttavia, l'ho sempre sostenuto, qualcosa del ragazzo di allora è rimasto, e di tanto in tanto affiora, nel modo di esprimersi e negli atteggiamenti. Chissà fino a che punto lo percepisce, il Cantante, che il ragazzino ancora molto gli appartiene, così come l'uomo di oggi appartiene al ragazzino.
Vedere la foto e immediatamente collegarla ai frammenti che ho riportato, è stato tutt'uno.
Mi astengo dal sottoporre la canzone alla (s)tortura della mia interpretazione, un po' perchè mi pare in questo caso sia abbastanza univoca, un po' perchè mi sento molto coinvolta, tuttavia desidero soffermarmi un momento su un aspetto in particolare: per me passato e soffitto coincidono. Nella casa della mia infanzia e della mia adolescenza un ruolo fondamentale ha giocato  una soffitta: buia, lunghissima, misteriosa, al contempo fonte di paura e di attrazione irresistibile, piena degli oggetti più impensati lasciati lì da chissà chi, ma anche di topi e ragnatele e strane ombre inquietanti. Il set perfetto per un film di magia. Quando nel 1995 ascoltai per la prima volta la canzone, mi apparve immediatamente dinanzi agli occhi la soffitta della casa di via San Rocco, alla quale, forse per non continuare a soffrire troppo perchè il distacco era stato molto doloroso, (quando si lascia una casa con cui ci identifichiamo non è mai solo un fatto di mura e di stanze, ma di ben altro) non avevo più voluto pensare. Ricucii uno strappo e mi riconciliai con i ricordi, grazie alla canzone.
 
...Sono felice che Mimmo di tanto in tanto condivida il suo album dei ricordi, permettendo a chi lo segue di disegnare con lui i contorni della tenerezza e della nostalgia. A me il ragazzino con il gilet di pecora ha suscitato molta tenerezza. Qualche volta mi intenerisce anche il signore che è diventato.
A proposito, che fine avrà fatto quel gilet?

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