Aspettavo con ansia la data odierna da quando, ben più di un mese fa, avevo saputo che avrei visto Mimmo in Tv, magari per pochi minuti, ma l'avrei visto. In questi casi non posso fare altro che indossare il solito ventaglio di penne (o piume?) di pavone, che già mostra segni di usura perchè, dichiarazioni programmatiche a parte, lo indosso molto spesso, e mettermi a scrivere. Forse avrei dovuto farlo prima, per darne annuncio alla nazione, ma la parte della nazione interessata, lo sa già, e non aspetta i miei proclami. Per farla breve, nella seconda serata di Rai uno, intorno alle 23,45, sarà trasmessa la serata di gala del Premio internazionale del vino 2010, in cui Mimmo, ma non solo lui, una nutrita schiera di cosidetti vip, (alcuni da non perdere) consegneranno gli ambiti "Oscar del vino". Allora io da fan assatanata che cosa faccio? Santifico il mio sabato notte (che di solito trascorro in vesti succinte, appollaiata su un cubo, in una discoteca equivoca) attaccata al piccolo schermo, in attesa che appaia il nume in tutto il suo splendore, per vederlo mentre (già ho la scena davanti) vestito di scuro consegna, con un sorriso e una stretta di mano, il premio a un'azienda toscana rinomata. Forse canterà anche una canzone, scommetto La disciplina dell'amore, e io starò lì buona buona, o magari un po' scalpitante, perchè stasera sono di pessimo umore e in più anche sorda ad un orecchio, completamente "tappato" per usare un termine altamente scientifico, (come il protagonista di un bel racconto di Raymond Carver, che si consola bevendo spumante di pessima qualità direttamente dalla bottiglia: pessima scelta, ma quello non è un fine intenditore, è un alcolista che non va tanto per il sottile...) in attesa che la gentile conduttrice, sempre lei, quella che di me ne fa due, (GRRR) annunci ispirata: "Consegna il premio Mimmo L.".
In genere queste manifestazioni sono un po' noiose, un po' lente, ma oggi mi tocca: la biografa autrice di novanta post (aiuto, fa paura: ma quanto ho scritto? Sempre incinta come la mamma dei cretini...) seppur non accreditata, non può esimersi: semplicemente deve, il ruolo glielo impone. Comunico fin d'ora che terrò per me le sensazioni intime che scaturiranno dal breve incontro con Mimmo, stanotte. Cioè domani all'alba, quando mi alzerò, eviterò, seppur con un certo sforzo, di mettermi a raccontare cosa si è agitato nel mio povero cuore, in questa rovente notte africana piena di zanzare.
E ora eccoci alla parte più interessante dello scritto, che si rifà al titolo.
Ho deciso di inserire su Folgorata uno scritto non mio, ma di un signore amico di Mimmo, che è stato suo produttore musicale per un decennio circa, tra gli ottanta e i novanta, anch'egli personalità poliedrica, mi pare, che si chiama Riccardo Rinetti. Non vorrei sbagliarmi ma mi pare di ricordare che quello della canzone di Sergio Caputo, Io e Rino, (Un sabato italiano, 1983) fosse proprio lui. Almeno così racconta Sergio, (è venuto di recente vicino a Cagliari, Sergio, si è esibito in un piccolo club) che mi ha fatto compagnia, musicalmente parlando, negli anni ottanta e novanta, e che ora vive in California, e per il quale per fortuna non ho avuto neo-folgorazioni, che l'energia non mi sarebbe bastata davvero per seguirne due. Questo signore, del quale sono andata a cercare notizie, imbattendomi nel sito di un Riccardo Rinetti fotografo, che intuisco sia la stessa persona con più emanazioni, ma anche notizie che mi fanno supporre operi nel campo della pubblicità, nonchè che sia, o sia stato, giornalista musicale, ha scritto, un "ritratto" di Mimmo che mi ha profondamente colpito, e al quale voglio rendere omaggio trascrivendolo qui. Non sono andata a scovarlo chissà dove, si trova nel sito di Mimmo, ma non è proprio accessibilissimo: uno deve essere proprio molto molto molto interessato e paziente, altrimenti si ferma prima e lì di sicuro non ci arriva. Non ci arriva neppure se lo metto qui, per i ben noti motivi di calo dell'audience, ma davvero ne sono rimasta conquistata, e ho fatto anche di più: l'ho inviato per posta elettronica a un' amica (una sola, quella a cui posso raccontare senza timore anche i segreti più inconfessabili, con lo stesso entusiasmo dell'adolescenza: in fondo non è cambiato niente) che conosce la mia condizione di mimmotica grave, per condividere un tale piccolo gioiello. C'è tutto Mimmo, lì dentro. Mi verrebbe una gran voglia di fare l'esegesi del brano, ma devo correre a trovare un rimedio per questo maledettissimo orecchio che non mi dà tregua. Intanto dalle mie finestre aperte arrivano gli echi dello spettacolo di un gruppo teatrale comico locale, che stasera, all'interno di una rassegna estiva del genere panem et circenses, si esibisce proprio a cinque minuti da casa mia. Che faccio, mi vesto e vado a dare un'occhiata? Sono le 22: se mi impegno riesco a sentire qualcosa e poi ad arrivare in tempo per la premiazione, che non me la posso perdere: la aspetto dal 6 di giugno.
E ora ecco il ritratto di Mimmo, che non commento se non per dire che concentrata dentro queste poche righe c'è tutta l'inquietudine e la complessità di un uomo erroneamente recepito da molti come tranquillo, semplice e umile. A me non sembra per nulla umile, Mimmo, e umile è una parola che racchiude un concetto che non mi piace neppure. Odio l'arroganza, ma non amo neppure l'umiltà. La tollero nei santi, gli unici a vestirsi di umiltà con nobiltà.
Ho immaginato di entrare in un negozio, una di quelle vecchie botteghe di paese che profumano di tutto perché hanno di tutto. Sapete, uno di quegli empori che ci ricordiamo da bambini, dove sembra che la pubblicità non abbia mai messo piede, dove tutto ciò che si vende è puro, dove si domanda e si esce soddisfatti. Con esattamente ciò che si desiderava. Ecco, in questa bottega ho immaginato di chiedere: "mi dia un uomo". E zac, eccolo: Mimmo Locasciulli. Proprio un uomo. Non è poco. Cosa si può raccontare, cosa si può aggiungere su qualcuno che "è" esattamente come sembra? Locasciulli è scopertamente interprete di se stesso, si racconta facile facile, a cominciare naturalmente dalle sue canzoni, dove c’è tutto ciò che serve per scoprire le sue verità, le sue reticenze, la sua pudicizia. Tenerezze di una personalità ruvida. Per saperne qualcosa di più basta guardare come si muove, sopra un palcoscenico o per la strada... non c’è quasi differenza. Locasciulli ha sempre quel suo modo d’andare "un po’ così", che non si capisce mai se arriva o se parte; sempre quell’espressione dispersa su una faccia piena di segni, e naso, e occhi. Un’espressione che ho visto ben definita soltanto al di sopra di un camice bianco tra le corsie dell’ospedale. Assolutamente perfetta: l’espressione di un uomo che va a letto ogni sera dopo Carosello. E invece non dorme mai. Anzi, adesso che ci penso, mi sembra di non aver mai visto un letto in casa Locasciulli. Fachiro o riservato fino in fondo? Chissà... Comunque deve dormire davvero poco, sennò come farebbe a fare anche il medico? Questa è una delle cose di cui non parlerà mai nelle sue canzoni, ed è un riserbo che dice molto di Locasciulli. Uomo e musicista. Per lui la musica non è mai scivolata nel "mestiere"; è rimasta sempre e soltanto autentica passione.
Segnale orario: sono le ore o.36; non è ancora l'alba, quindi senza fare la figura di quella che dice, anzi scrive una cosa e poi ne fa un'altra, posso, a caldo, esprimere le mie sensazioni. Intanto ho indovinato la canzone: sarà la canzone televisiva per eccellenza; tre volte che ti vedo, Mimmo, tre volte che canti la Disciplina. A me va benissimo, intendiamoci, mi va bene tutto. Che eleganza! Complimenti! Babbo e figlio bellissimi. Certo sentire due parole in più non mi sarebbe dispiaciuto, ma me ne faccio una ragione. E ora posso dedicarmi ad altro, perchè confermo la mia impressione iniziale. Queste manifestazioni hanno un senso per chi partecipa, per i premiati, ma vederle in tv è una gran noia. Per Mimmo questo e altro, ma dopo di lui, il diluvio. Per cui spengo, passo e chiudo. Buonanotte, vado a ninna, orecchio permettendo.
RispondiEliminaEccomi al blog, fonte sorgiva, che ospita la naiade Sandra.
RispondiEliminaQuesta ninfa cura la sua fonte con tale dedizione da mostrarsi con sembianze celate e mostruose (visto che si...mostra!) per non offuscare la bellezza della divinità che alimenta la fonte.
Però è generosa, la naiade Sandra, dà spazio anche agli altri estimatori del nume!
mari
Guarda che sono stata di recente in un prestigioso istituto di bellezza: la foto documenta la mia condizione attuale. Io mi piaccio molto, ma so che non tutti sono in grado di cogliere questa bellezza del tutto peculiare.
RispondiEliminaCerto come Naiade sono un po' troppo provvista di pelliccia, ma fa sempre piacere essere assimilate a creature del mito. Grazie, amica mia, che ti sciroppi tutta questa pappa di cui altrimenti mai ti saresti cibata.
io posso testimoniare; Folgorata è bellissima!!!!
RispondiEliminaIo cercavo di resistere, ma dopo questa affermazione tra pochi minuti partorirò un nuovo blog dedicato a te, che ti equiparerà, mutatis mutandis, alla condizione di simil-Locasciulli e come tale, accessoriato di blog. Il titolo: trafitta da un...pennastilografica, of course.
RispondiEliminaCommo mi pogno a iscriere, ca tanti non tegno atra cosa 'e faere, comment'iscisi.
P.S. Non serve la testimonianza! Finalmente ho messo la foto che mi rende giustizia, ma grazie lo stesso!