Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

giovedì 24 maggio 2012

LA PALADINA DEL CANTANTE



Non mi sono ancora stancata di portarmi a casa libri, scritti da qualcuno che ha conosciuto e frequentato il Cantante, nella speranza di trovare qualche altro tassello da aggiungere alla mia opera in divenire. Al di là di questo, non considero in ogni caso questa attività di lettura tempo perso, perché in genere si tratta di testi scorrevoli, molto veloci, che implicano uno stadio di concentrazione bassissimo, e che anche nella peggiore delle ipotesi, fatta salva la soddisfazione di una blanda curiosità non sempre riferita all’autore, ma all’ambito in cui si muove, mi insegnano qualcosa di nuovo. L’ultimo libro letto in poche ore, tra tragitto in pullman e attesa del sonno, è di un cantautore assai noto, uno di quelli che mosse i primi passi nel locale romano entrato nel mito, in cui ormai mi sembra di essere stata e di cui sento nelle narici l’odore caratteristico così ben descritto, per quante testimonianze ho raccolto. La prima cosa che ho fatto, dopo aver annusato il libro e letto le primissime pagine, è stato andarmi a cercare quelle testimonianze, perché non potevano non esserci. Dei giovani cantautori di quegli anni sono citati in particolare i "quattro" più uno, fratello maggiore di un altro, poi ampio risalto è dato a nomi rappresentativi del folk e della canzone impegnata del tempo (e non solo) e a prestigiosi artisti stranieri che vi passarono, nonché agli intellettuali, con cui, racconta l’autore del libro, c’era un continuo scambio e confronto. Il mio Cantante, che protagonista lo fu a tutti gli effetti, magari qualche anno più tardi rispetto alla nota “banda dei quattro”, no. A onor del vero, non sono citati neppure alcuni altri che forse avrebbero avuto diritto di cittadinanza, ma io non mi occupo di loro, pertanto, come al solito, quando mi pare che sarebbe stato opportuno e doveroso citarlo, Mimmo, se non per amicizia per rigore di informazione, visto che non mi pare di secondo piano il suo ruolo nel panorama musicale italiano, vesto subito i panni della paladina. Mi viene proprio spontaneo, certo per affetto e per istinto protettivo, ma soprattutto perché l’esigenza di un profondo senso di giustizia mi è connaturata.  

Ho notato questa dimenticanza nei suoi confronti, forse solo casuale(?)  in diverse occasioni, e non solo in relazione al luogo mitico. In genere non riscontro molta generosità in questo ambiente artistico, seppur illuminato, ma, più spesso, piccole o grandi invidie e rivalità, una buona dose di permalosità, e quantità variabili, ma comuni a quasi tutti, di narcisismo condito di qualche  atteggiamento divistico. Forse è normale che sia così, magari sono io un po’ ingenua e molto fuori da certi meccanismi, che, d’altra parte, sono comuni a molti altri ambiti professionali e insiti nella natura umana.

Tornando al libro, di cui non fornisco autore e altri dati, peggio per lui che non ha citato Mimmo, ho trovato però certo un humus comune, anche questa volta. Stessi ricordi collettivi, o ricordi simili, stessi aneddoti, raccontati in modo neppure troppo diverso. Stesso clima, stesso senso di appartenenza. Simili anche le problematiche e le criticità riferite alla casa discografica del tempo, con scontri e allontanamenti dovuti a decisioni imposte, spesso ad insaputa degli interessati, ragazzi con le idee ben chiare sul rispetto dei loro diritti e con una chiara coscienza di sé in quanto artisti, e,  ça va sans dire, scontenti di avvalersi della collaborazione, anch’essa imposta, dei musicisti turnisti.

Se si effettua una rapida ricerca, si trovano delle foto, relative al locale romano, tutte dello stesso autore, che ci fanno entrare nell’atmosfera del luogo e del tempo. Barbe, chitarre, capelli lunghi, jeans e camicie aderenti, c’è anche Mimmo. Una foto è molto nota, ed è quella sul trespolo, con la chitarra. Nello stesso archivio ce n’è un’altra, più recente, in gruppo: una scacchiera, due concentrati giocatori, una bottiglia, e in piedi, un trentenne, molto elegante nel suo abito color foglia d’autunno, completato da camicia chiara e cravatta sottile, che potrebbe avere funzioni di osservatore di garanzia. Peccato per quei capelli sempre un po’ incolti: io, oltre che avere un profondo senso di giustizia, ed ergermi a paladina di signori che non ne hanno davvero bisogno, presto attenzione ai dettagli frivoli e sono un po’ fissata con capelli in ordine. Questo non mi impedisce di andare oltre e dare maggiore importanza a quello che c’è, dentro una testa, quando c’è: dentro quella del Cantante c’è materia, grigia e colorata, molto interessante. Per questo e per la voce che ha, si merita tutto questo dispendio di caratteri. Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso.

2 commenti:

  1. Mi domando leggendoti che cosa realmente ci sia nella tua, di testa... non so davvero capire dove sia il confine tra "l'esserci" e il "farci".

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  2. Non lo so nemmeno io, ormai non c'è confine: i due aspetti sono confluiti l'uno nell'altro.
    Io spero che ci sia un po' di sale, in zucca, ma spesso sento solo la presenza di una massa sciropposa, e la sento agitarsi.
    Ciao e grazie.

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