Povero me è una delle mie canzoni preferite, una di quelle che posso ascoltare dieci volte di seguito senza stancarmi mai, immergendomi totalmente nel mare di sensazioni forti che mi fa provare, in apnea, lasciandomi travolgere dall’onda anomala dell’emozione, correndo quasi il rischio di annegare. Da sempre è stato così, è ancora così, e ancora lo sarà.
Da quando quei due l’hanno composta, quei due ragazzi irresistibili che sarebbero da comprare in blocco, ma non è roba che si compra, dischi a parte, ne’ che si vende, men che meno in offerta speciale, e meno male, mi è entrata nella pelle. La canzone degli sconfitti, dei vinti, dei perdenti, dei diseredati, di chi soffre disagio ed emarginazione, degli affamati d’amore, non solo di cibo, degli sfiduciati, di chi è allo sbando, degli abbonati alla totale mancanza di autostima, di chi non ha nemmeno un amico qualunque per bere un caffè, che come è noto, non si rifiuta a nessuno, di chi teme il silenzio, perché nel silenzio tutte le paure si amplificano, ma non sopporta nemmeno il rumore, che mischiato alle urla disperate che popolano la mente di tanti Povero me, le rende ancor più spaventose.
Ci sono diverse versioni, di questa canzone, composta da entrambi per quanto riguarda il testo, mentre la musica è di Francesco, diverse versioni di entrambi gli artisti. Nel 92 Mimmo l’ha inserita in Delitti perfetti e Francesco in Canzoni d’amore. Ancora Mimmo l’ha voluta in Aria di famiglia. Io nel mio lettore mp3 (ormai sono diventata anch’io un’ebete, una con lo sguardo de pisci alluau*, come si dice qui, mentre Mimmo mi canta nelle orecchie: ha davvero ragione una sua fan, quella fanciulla che dice che ascoltato in cuffia riscalda l’anima) ho tutte le versioni, che per un errore diventato alla fine un pregio, sono state riversate due volte ciascuna. La canzone è abbastanza nota, in particolare come canzone di Francesco. Molti non sanno che il primo a pubblicarla fu Mimmo; ci sono due fazioni: i fautori della versioni di F. e quelli della versione di M. Io, equanime, non posso non esprimere apprezzamento per entrambe le interpretazioni, anche se, con un mitra puntato (e anche senza) scelgo Mimmo, altrimenti non sarei la Folgorata che sono e voglio essere. Spesso la canto anch’io, e me la personalizzo, evidentemente: Povera me, diventa il ritornello. C’è su youtube una versione live di Mimmo, http://www.youtube.com/watch?v=K-oV1fiPNuo molto bella, molto sentita, molto partecipe; il video è pessimo, ma l’audio è buono, tuttavia l’espressione del cantante, per quel poco che si può vedere, denota davvero una totale empatia con il disperato della canzone.
Non conoscevo il fatto che ha ispirato la canzone. Ne sono venuta a conoscenza leggendo il libro di Enrico Deregibus, Quello che non so, lo so cantare : storia di Francesco De Gregori / Enrico Deregibus Firenze : Giunti, 2003 una monografia su Francesco, dove, è evidente, per il tipo di rapporto tra i due artisti trova spazio anche Mimmo. Non potevo, io sempre a caccia di notizie, e sempre più disperata (povera me) perché ormai non so più dove cercare (una soluzione potrebbe essere introdurmi nottetempo nella riserva e trafugare i diari di Mimmo: li terrà, li avrà tenuti i diari? Non gliene importa niente a nessuno, ma lo partecipo ugualmente: io per lunghissimi anni ho tenuto dei diari, e, in forma ridotta, continuo ad avere questa abitudine a mio avviso utilissima e terapeutica: prima o poi me ne disferò e li invierò a Pieve Santo Stefano, all’Archivio dei diari) non dissetarmi anche a questa fonte. Si tratta di un lavoro interessante che fornisce molte notizie sull’attività artistica e anche sulla vita personale di Francesco e in più, poiché nella trattazione si applica un ordine cronologico, si amplia il discorso puntanto l’attenzione anche sui fatti di rilievo che hanno caratterizzato gli anni in oggetto. Da leggere. Il titolo riprende un verso di una bella canzone di F. intitolata Battere e levare, all’interno dell’album Prendere e lasciare del 1996. Potrei rubarlo e parafrasarlo e applicarlo a questo mio lavoro, che, come dice Deregibus a proposito del suo, non so come sia venuto, ma nessun altro lo ha fatto (ah, che soddisfazione essere portatori di unicità!...) e dire “Quello che non so, lo so inventare” in riferimento a tutte le volte, molte, in cui mi son lanciata con le mie intuizioni: in alcuni casi “ci ho preso” in altri avrò preso delle cantonate.
Ecco cosa racconta Mimmo Locasciulli: Povero me è nata dal mio intercalare strascicato con accento dialettale abruzzese (pover’a mmé). Fui testimone di un incidente in cui due poveri operai autostradali erano stati travolti da una golf. Uno di loro non faceva altro che ripetere la frase “pover’a mmé, ecche ha finite li tribbulazione della vita me’ (qui sono finite le tribolazioni della vita mia). Quella drammatica singolare iella, (in quell’autostrada non passa quasi mai nessuno) fu la molla ispiratrice di una canzone, appunto, sulla sfortuna dei perdenti. È la canzone del no, della lontananza, della voglia di menare le mani, del non riconoscersi nei modelli correnti. “I simpatici mi stanno antipatici/I comici mi rendono triste”…
Sarei curiosa di sapere il seguito della storia, che ne è stato degli operai autostradali…
Eccola, Povero me, non c’è un verso che non condivida
.
Sono certa che la condivisione degli autori sia qualcosa di più di un mero fatto ideologico e intellettuale, che ci sia una vera partecipazione di cuore, e di fatti.
POVERO ME
Cammino come un marziano come un malato
Come un mascalzone per le strade di Roma Vedo passare persone e cani
E pretoriani con la sirena
E mi va l’anima in pena
Mi viene voglia di menare le mani
Mi viene voglia di cambiarmi il cognome
Cammino da sempre sopra i pezzi di vetro
E non ho mai capito come
Ma dimmi dov’è la tua mano
Dimmi dov’è il tuo cuore
Povero me povero me povero me
Povero me povero me povero me
Non ho nemmeno un amico qualunque
Per bere un caffè
Povero me povero me povero me
Guarda che pioggia di acqua e di foglie
Guarda che autunno che è
Povero me povero me povero me
Mi guardo intorno e sono tutti migliori di me
Povero me povero me povero me
Guarda che pioggia di acqua e di foglie
Che povero giorno che è
Cammino come un dissidente un deragliato un disertore
Cammino come un dissidente un deragliato un disertore
Senza nemmeno un cappello o un ombrello da aprire
Con il cervello in manette
E dico cose già dette
E vedo cose già viste
I simpatici mi stanno antipatici
E i comici mi rendono triste
Mi fa paura il silenzio
Mi fa paura il silenzio
Ma non sopporto il rumore
Dimmi dov’è la tua voce
Dimmi dov’è il tuo amore
Povero me povero me povero me….
Povero me povero me povero me….
Ed ecco anche
Battere e levare
Lo vedi tu com'è...bisogna fare e disfare.
Continuamente e malamente e con amore, battere e levare.
Stasera guardo questa strada e non lo so dove mi tocca andare.
Lo vedi, siamo come cani.
Senza collare.
Lo vedi tu com'è... è prendere e lasciare.
Inutilmente e crudelmente e per amore, battere e levare.
Ma non lo vedi come passa il tempo?Come ci fa cambiare?
E noi che siamo come cani. Senza padroni.
So che tu lo sai perfettamente, come ti devi comportare.
Abbiamo avuto tempo sufficiente per imparare.
E poi lo sai che non vuol dire niente dimenticare.
E tu lo sai che io lo so e quello che non so lo so cantare.
Lo vedi tu com'è... come si deve fare.
Precisamente e solamente, battere e levare.
Vedo cadere questa stella e non so più cosa desiderare.
Lo vedi, siamo come cani.
Di fronte al mare.
Di fronte al mare.
"Pisci alluau" è un'espressione cagliaritani che indica un particolare tipo di pesca, non consigliata, in cui il pesce è stordito con l'euforbia. Una persona definita "alluara" è quindi stordita, scioccata, insomma non particolarmente sveglia e presente. Come me che quando ascolto Mimmo in cuffia sono distante e assente perchè totalmente dentro un'altra dimensione. Chiaro???
RispondiElimina"Povera stella, povera bambina bella"
RispondiEliminaImmaginiamo che ce lo dica qualcuno mentre ci culla.
"Povera stella, povera bambina bella"
E c'è tutto: la comprensione, l'amore.
Ma "Povero me" è la desolazione.
No, non proprio. Qualcuno comprende ancora il nostro dolore e la sua solitudine.E ci consola.
Siamo noi stessi, e non è poco.
mari
Se siamo in tre è meglio: noi, un'amica filosofa da "sdongiare" con i nostri guai (che finalmente apre il link di youtube e guarda e ascolta) e un po' di autoironia, intendo...
RispondiEliminaPovere noi!
S.
Stasera dopo tanto tempo mi è venuta voglia di risentire la canzone e la voce di M.ricordo...era bellissima.Grazie Sandra.
RispondiEliminaOddio quante me ne sono perse!
RispondiEliminaSono indietrissimo
ma recupererò: a partire da adesso.
Un abbraccio volante
da un Piumino guizzante.
ps: l'autostrada dell'incidente, parole di M.,è la Napoli - Canosa.
Un paio di sere fa (tipo notte fonda!!), su radio rai, c'è stata una "mezz'ora con M. L.". Io,purtroppo, non l'ho sentita.
Ciaoooooo
Piumino! Spero bene che tu voglia recuperare il pregresso; coraggio, in un'ora o due dovresti farcela.
RispondiEliminaTi sento euforico, perfino le rime baciate! Vola pure, Piumino, anzi, vola vola, ma ricordati di atterrare su queste piste, perchè la povera Folgorata, non vuole più soffrire di sindrome abbandonica.
Bentornato, Piumino Guizzante, che qui dentro puoi considerarti non gradito ospite, ma padrone di casa a tutti gli effetti.