Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

lunedì 16 aprile 2012

OLTRE UNA PORTA SOCCHIUSA



Qualcuno ha definito questo blog una sorta di diario, e non ha sbagliato di molto: spesso ha tutte le caratteristiche di un diario. In questo periodo in particolare, mi son messa a rendere partecipe chi legge dei pensieri che mi accompagnano nella fase creativa, in cui sto tentando di analizzare in maniera più organica le canzoni di Mimmo. Avevo anticipato che avrei parlato dei luoghi e dei personaggi che si incontrano se si decide di vagabondare un po' dentro le sue canzoni. Mi sono venute delle idee e ho cercato di fermarle con e nella scrittura. Ho scritto due pezzi distinti. Il primo nel modo che più mi è congeniale, lasciando ampio spazio all'aspetto sentimentale. Nel secondo ho provato a essere più schematica e rigorosa, più comprensibile anche da chi si trovi casualmente a leggere e non conosca la musica di Mimmo, ma il sentimento s'è fatto un varco pure lì... Alla fine mi è sembrato che i due pezzi si completassero a vicenda, ma anche raccontassero in modo diverso le stesse cose. Per ora ne ho scelto uno. A quale avrò dato la preferenza e la priorità?





Mi sono messa a percorrerle in lungo e in largo, queste canzoni di Mimmo, per cercare di coglierne l’essenza, ma nel momento stesso in cui ho creduto di averla imbrigliata, continuava a sfuggirmi, capricciosa, imprendibile. Ho provato a catturarla, con le mani nude, con un retino per le farfalle, ma non c’è stato nulla da fare; ho capito allora che è meglio così, che è nella sua stessa natura non farsi cogliere completamente, perché è fatta di materia impalpabile: non può star chiusa dentro un contenitore, ne’ dentro una categoria mentale. Mi sono definitavamente convinta che entrare nelle canzoni di Mimmo sia un’esperienza del tutto particolare, se si trova la combinazione giusta che permetta di “aprirle”. Non c’è stato bisogno di usarla, perchè mi sono trovata davanti a una porta lasciata intenzionalmente socchiusa: ho solo dovuto leggermente spingerla ed ecco di fronte a me tante case, tante stanze; mi sono apparse così, tutte insieme, disposte su una grande parete bianca come quadri in una pinacoteca. Mi sono domandata se fosse il caso di proseguire perché dentro queste case ho intravisto delle persone intente in qualche attività, alcune private, intime, e mi ha colto la solita preoccupazione di essere invadente, indiscreta. Nessuno però faceva caso a me, e la tentazione era troppo forte. Ho messo da parte le incertezze e sono andata avanti. Ho visitato case di campagna e case di città. Le prime si somigliavano quasi tutte, e in quasi tutte si percepiva una sensazione di calore, che non proveniva solamente dai camini crepitanti, o dalle coperte sui divani, o dalle candele accese. Era un calore diverso, uno star bene lì dentro che veniva da dentro. C’era qualcuno che aveva freddo, labbra e braccia gelate, e qualcun altro che gli trasmetteva un calore rassicurante, e il freddo passava all’istante. Qualcuno che a un certo punto, sul far dell’autunno, sentiva l’esigenza di confessare segreti a un’altra persona che gli dormiva accanto. Uno che, pur dichiarando di non essere pronto per grandi cambiamenti, ha in realtà preso decisioni importanti, e comunica i segni che lo renderanno riconoscibile a chi vorrà percorrere un certo cammino per incontrarlo.

Mi sono affacciata a una finestra e ho visto un paesaggio innevato; ho staccato un pezzetto di ghiaccio dalla persiana e mi sono dissetata. Ho assaggiato le briciole di pane abbandonate sul vialetto d’ingresso. In un angolo, in penombra, c’era un uomo intento a scrivere, forse lettere, forse canzoni. L’ho visto soffermarsi davanti al camino e davanti alla finestra, l’ho visto ripercorrere la sua vita e sognare, progettare. Da un’altra finestra mi si è aperto davanti lo stesso scenario, ma è cambiata la stagione: mi sono apparse colline assolate e l’oro dei campi di grano e il rosso dei papaveri. Ho sentito il cinguettio degli uccellini, lo sciabordio delle acque di un ruscello. Ecco, sembra lo stesso uomo, eccolo appoggiato a un albero mentre suona la sua armonica: è stato lui a lasciare la porta accostata, grazie a lui sono riuscita a entrare. Vorrei ringraziarlo davvero, ma è talmente intento nella sua musica e nei suoi pensieri, è in un momento talmente suo, che mi sembra inopportuno: mi limito a osservarlo.

Mi dirigo verso altre case, quelle di città. Come sono diverse! Più piccole, meno calde; ci sono capitata di notte, e percepisco una certa inquietudine in chi le abita. Non riesce a dormire, forse aspetta qualcuno, guarda spesso attraverso i vetri della finestra, attratto o forse preoccupato da uno stridio di freni, da una macchina che si è fermata, incerto se uscire o meno. Ha le mani fredde e forse aspetta qualcuno che gliele riscaldi, chissà. Ha preso coscienza che senza amore non vuole più, e placa la sua inquietudine sotto il cuscino. Ha anche la tosse, fuma troppo. In queste case di città ristagna un acre odore di fumo, ci sono molti bicchieri e tazze di caffè, sul lavello, che non sono state lavate. C’è un’aria un po’ claustrofobica, un che di trascurato; vorrei aprire le finestre e mettere un po’ d’ordine, ma, seppur a malincuore, desisto.

In un’altra casa di città c’è uno che mi è simpatico, ama la vita, anche se non se la passa tanto bene. Vorrei cucinare per lui qualcosa che non sia un polletto della rosticceria sotto casa, e stirargli qualche camicia come si deve, scambiarci due chiacchiere dopo cena, ma pare che in questo mio percorso io possa solo guardare, toccare, sentire, annusare, ma non mi è consentito intervenire e modificare ciò che è stato già scritto e deciso da qualcun altro.




Vedo anche qualche stanza d’albergo; qualcuno mi sembra un po’ scalcinato, qualche altro ha l’aria di un romantico piccolo hotel de charme; vorrei entrare, ma il portiere deve aver avuto precise consegne: non mi permette di passare. Non si preoccupa di nascondere un sorriso sarcastico quando, bluffando, gli dico che sono attesa di sopra.

Esco per strada, attraverso uno dei portoni delle case di città. Atmosfere oniriche e notturne, spicchi di luna e cieli stellati, macchine che sfrecciano, cani che abbaiano, caffè che stanno per chiudere, baristi e disperati accomunati da qualcosa, sul banco l’ultimo bicchiere; donne bionde che ammiccano dai vicoli, una coppia che esce da un locale, lui l’abbraccia un po’ tentacolare, lei fa un po’ la preziosa, perché le hanno insegnato così, ma si sa come andrà a finire: andranno in una di quelle stanze d’albergo dove mi è stato vietato l’accesso?

Strade di città grandi e strade di cittadine di provincia, strade che fanno pensare a una metropoli modernissima caotica e inquietante o a una romantica capitale europea in una dimensione temporale sospesa, ancora insegne di caffè, arredi urbani, panchine e lampioni. Gente che cammina, treni che partono: inquadro un passeggero che scrive il nome di una donna sul vetro del treno, e ne vedo la sagoma in un altro treno e in molti altri ancora.

Durante il mio peregrinare incontro tante figure maschili, o forse è lo stesso uomo in momenti diversi della sua vita, a tratti allegro, gioioso e giocoso, a tratti malinconico e pensoso, con uno sguardo rivolto al passato e ai ricordi, e uno al presente e ai progetti futuri; guarda sempre più spesso dentro di sé, ma non perde di vista ciò che lo circonda, è attratto dal mondo.




Mi imbatto anche in un signore non più giovane dall’aspetto noto, con la barba bianca, che forse non va più d’accordo con la vita.

Per strada attira la mia attenzione una donna che ha nelle tasche il fumo della ferrovia, lo sguardo perso. Vorrei entrare nei suoi pensieri. Incontro delle altre donne e delle ragazze, che si dirigono ciascuna verso il suo cammino; Nadia verso un’altra città, Lucy col volto ancora pieno di lividi, ma tutta tesa verso un’altra vita; ecco la bella signora senza nome, con un portamento altero e sensuale, che attrae tutti gli sguardi e non posa il suo su nessuno; un’altra giovane e spensierata, che sta così bene con la sua camicetta e la sua gonna giusta e la borsetta piena di segreti come tutte le ragazze della sua età, che va incontro alla vita. Vedo Lucia che rischia di essere investita da una macchina, intenta com’è a mangiarsi con gli occhi una lettera tutta spiegazzata, che ha l’aria di essere stata letta decine di volte. La strada continua ad affollarsi di sagome femminili: quelle due sembrano così amiche, hanno talmente tante cose da dirsi che l’una ruba le parole dell’altra, rimanendo quasi senza fiato. Infine ne incrocio un’altra, l’ultima, che quasi mi viene addosso, perché la sospinge la smania di arrivare da qualcuno che forse ancora non conosce, ma la accoglierà esclamando “Benvenuta”.

A un certo punto non riesco a vedere più niente, la vista mi si offusca, e mi sento molto stanca. Cerco di rientrare in casa, quella che mi piace di più, con la vista sulla collina innevata. La porta è ancora aperta e non vedo nessuno. La stanchezza mi fa perdere ogni ritegno e mi fa dimenticare di non essere a casa mia. Come se fosse la cosa più naturale del mondo, mi distendo sul divano e mi avvolgo nella coperta. Vorrei tanto addormentarmi, ma non ci riesco. Rifletto: chi l’ha detto che le canzoni si ascoltano soltanto? Una canzone qualunque, forse, magari distrattamente, ma quelle di Mimmo si percepiscono con i cinque sensi. La vista è stata appagata, ho udito il cinguettio degli uccelli, il ticchettio della pioggia, i rumori della città, ho aspirato il profumo della legna nel camino, e quello di collina e di grano; ho sfiorato volti e incrociato sguardi, ho toccato oggetti, e mi è rimasto in bocca il sapore salato delle lacrime, sulle guance il rossore della fiamma, e sui capelli l’odore del fumo. Alla fine mi sono addormentata, e al risveglio ho provato una sensazione simile a quella che si prova dopo aver fatto un sogno molto bello che lascia addosso uno strano languore. Vivere in modo così intenso le canzoni in fondo è come sognare, o vivere in un’altra dimensione. Le amo, queste canzoni, e sono profondamente grata a chi le ha scritte, per avermi lasciato la porta socchiusa, e avermi permesso di entrare.

4 commenti:

  1. Il pezzo che hai scritto è bello, ma solo chi conosce il cantautore da te esaminato può cogliere i riferimenti alle canzoni.

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  2. Sicuramente, ma forse questo pezzo lo hanno letto solo quelli che conoscono lui, o qualcuno che conosce me. Per gli eventuali altri mi interessrebbe di più riuscire a comunicare "un mondo" che non le singole canzoni.
    Grazie.

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  3. Una delle particolarità di firefox è quella di poter tenere aperte più schede e poi ritrovarle intatte, o meglio aggiornate, al riavvio successivo.
    Non so quanto questo possa interessare, ma ti assicuro che tra le pagine che riapro, da un po' di giorni c'è anche questa. Come dire, mi fai involontaria compagnia...
    E anche se di Mimmo, lo riconosco, non conosco che poche canzoni, te lo dico: si sta bene qui.
    Ho mandato avanti te, attraverso quella porta socchiusa, e poi ti ho seguita anche quando sei uscita, per le strade, con la stessa musica nelle orecchie. E chissà, magari fra i tanti visi di gente che hai visto, con i tuoi occhi che stanno lì a guardare e non si stancano di cercare, c'ero forse anch'io, che son qui quasi per caso...
    Un sorriso per te, sorpreso e meritato.

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  4. E per te, chiunque tu sia infinita gratitudine.
    Continua a cercare e a sorridermi, se vuoi.

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