Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

martedì 8 novembre 2011

VEDI ALLA VOCE CANE




Ancora voci da esplorare, in una sorta di piccolo dizionario dove non è condizione essenziale l’ordine alfabetico, ma casualmente in questo caso, lo rispetta: dopo i baci, viene il cane.

Che tra Mimmo e i cani ci sia un’ottima relazione me lo attestano alcuni fatti certi e le mie solite intuizioni, imprescindibili. Intanto l’ho visto, un cane, nella sua casa di campagna. Un bel pastore tedesco dall’aspetto tranquillo, inquadrato per qualche secondo dalla telecamera, unico essere vivente ripreso in quella circostanza, a parte il padrone di casa-anfitrione e la conduttrice. Molto telegenico, si mostrava a proprio agio e magari avrebbe gradito dire la sua. Non gli hanno chiesto niente e, riservato per l’educazione ricevuta, non si è intromesso.

C’è una nota canzone che si intitola proprio Il cane. La troviamo dentro Uomini, e siamo nel 1995. Ecco come Mimmo, in una intervista a Raro, (N.59, ottobre 95, pag.18-21: un bell’articolo monografico che ne ripercorre le gesta; accade anche oggi e chi scrive di lui, ha a disposizione un nuovo strumento da consultare, dove trova tutto con poca fatica) racconta la canzone. “Il cane ha un significato importante in questo disco, perché al di là dell’immagine del cane stesso, è una metafora sul cane zoologico, biologico, amico dell’uomo, e il cane invece che ti morde, che ti fa male, quello che chiami cane in modo spregiativo. Quando si deve offendere qualcuno gli si dà del cane; il cane poi ha un codice che l’uomo non ha, ma l’uomo può avere a volte una crudeltà e malvagità maggiore, può infierire e far male più di un cane. Questa è la chiave del brano”.






Proprio non riesco a capire perché si debba utilizzare come epiteto offensivo, nei confronti di qualcuno incapace o cattivo, anzi crudele, il termine cane. I cani non se lo meritano.

Al di là della chiave del brano svelata dal cantante, che in altre interviste è andata ancora più sul particolare, io mi vorrei soffermare sull’aspetto più immediato, e cioè sul rapporto di intesa complice e giocosa tra Mimmo e il suo cane di allora, o di altri cani che realmente gli hanno fatto compagnia in vari momenti della sua vita, e ai quali ha dedicato tempo, giochi e affettuose cure e attenzioni.

Un amico di Folgorata, le fece a suo tempo una soffiata: su un numero di Topolino di molto tempo fa, uscì un’intervista tutta imperniata sul rapporto tra Mimmo e Cane di Mimmo. Appena ricevuta la notizia, mi si sono parate davanti alcune paginette del giornaletto, mio compagno assiduo d’infanzia, e non solo, corredate di foto: potrebbe essermi realmente passato tra le mani quel numero, chissà, o potrebbe essere semplicemente un falso ricordo, scaturito dalla segnalazione. Mimmo ha simpatia per gli abitanti di Topolinia e ancor di più di Paperopoli; ha fatto proprie alcune delle espressioni più felici dei personaggi: è cosa nota.

L’amico di Folgorata è sempre tale, anche se la frequenta meno per validi e giustificati motivi. Se gli capitasse di leggere, gli lancerei un accorato appello: “amico, ho il sospetto che la tua cantina versi in condizioni di raro disordine; è piena di cianfrusaglie inutili, che non ti decidi a buttare via. Questo è il momento giusto: magari trovi quel numero di Topolino gelosamente custodito, e mi invii la copia dell’articolo”.

In diverse canzoni di Mimmo sono menzionati i cani, oltre quella citata prima. Ce n’è uno che gli sta morendo tra le mani, in Canzone di sera. Poi dovunque cani che abbaiano: per tutto e per niente; davanti al portone o alla luna; al vento finchè non ce la fanno più, ma c’è anche la certezza che non sia vero che i cani, se abbaiano non mordono: in questa canzone, 1904, che è la versione italiana di un brano dei suoi amici bernesi, dobbiamo cogliere la metafora. Anche qui si va oltre i quattrozampe, e si parla di pessima gente che, tra le altre nefandezze commesse, i cani li addestrava per mordere e aggredire. (Questa è una mia considerazione: nella canzone non si parla di addestramenti.)

Fin qui i fatti certi; ora passiamo alle intuizioni. Non è difficile pensare che i cani fossero compagni di giochi e di avventure di Mimmo fin dall’infanzia: le case in campagna, i campi, le vigne, sono scenari in cui cani e bambini in libertà, si muovono molto bene. Anche cani da caccia, magari, in un tempo e in una cultura in cui la caccia forse poteva avere un senso che ora, almeno per me, non può avere più. Difficilmente poi, in casa di un veterinario, potevano mancare i cani. Insomma, se non lo so con certezza, mi pare del tutto verosimile ipotizzare la presenza di amici pelosetti, fin dalla più tenera infanzia. Secondo me ci sa fare, Mimmo, con i cani. Ci va d’accordo; preferisce quelli grandi, insomma non ce lo vedo col pechinese, o col barboncino, ma niente vieta di supporre che i piccoli vivano in città, i grandi in campagna.

Non mi rimane che raccontare un sogno: un sogno vero, di quelli a occhi chiusi, non una delle mie solite fantasticherie da sveglia. Si, lo so, i sogni non si dovrebbero raccontare: non è elegante, è terribilmente noioso, (lo so perfettamente: sono una entusiastica estimatrice di Donna Letizia) e coi sogni si corre il rischio di svelare aspetti imbarazzanti di sé, tuttavia ho deciso di correre tutti i rischi possibili e di raccontarlo, questo sogno.

Una notte della prima settimana d’aprile, appena rientrata da Roma, dopo il concerto a teatro.

Appena sveglia l’ho annotato: mi aggiro per una Roma senza molto traffico, ancora assonnata, in un quartiere che è una commistione di strade e monumenti realmente esistenti, ma distanti tra loro. La Basilica di San Giovanni in Laterano prende sottobraccio Via dei Fori imperiali e il Circo Massimo. Antiche stradine acciottolate e pini giganteschi. Ruderi e vedute come di capricci settecenteschi.

Il mio vagare casuale a un certo punto sembra essere finalizzato: devo consegnare qualcosa al Cantante; un pacchetto dal contenuto misterioso: cosa sarà? Arrivo davanti a un’area archeologica molto mal tenuta: arbusti ed erbacce la infestano e la rendono poco praticabile. L’area è parzialmente recintata e ad essa si accede attraverso un cancello arrugginito. D’improvviso si apre, il cancello, e ne esce una moto rombante: ecco il Cantante, in tutto il suo splendore; solo i tratti del volto gli appartengono, per il resto sembra un lottatore di wrestling; molto alto e imponente, ha lunghi capelli biondi fermati da una fascetta celeste, e sopra il costume da wrestling, indossa un ampio manto azzurro e serico. Mi avvista e senza neppure permettermi di aprir bocca (i miei detrattori sostengono sia difficile), avendo capito che ho da fare una consegna, mi lancia un veloce: "Sto andando al lavoro, ora non ho tempo, parlane con la signora, la mia dog sitter, anzi dalle una mano". Si manifesta all’improvviso, la Dog sitter, prima non c’era; è un misto tra la Fata turchina e Jessica Rabbit oversize, e tiene due cani al guinzaglio: uno è un leccatissimo barboncino tinto d’azzurro, l’altro una specie di grosso schnauzer, anch’esso risciacquato con l’azzurrino. Non mi rimane che ubbidire; la Dog sitter si appresta a percorrere una discesa, con i cani al guinzaglio: mi ordina di seguirla, senza mezzi termini e mi mette in mano una paletta e una busta. Il Cantante, dall’alto della sua rombante Harley Davidson, solleva il pollice. OK. Forse ho speranze di lavorare finalmente nel suo indotto. Se non fantesca, raccoglitrice.

Fine del sogno: nei sogni ci sono sempre esperienze reali e cose viste, quotidiano e passato, desideri e qualcosa del nostro personale sottosuolo. Tutto quell’azzurro mi fa ben sperare. Ottimistiche previsioni, ma non per me, per il Cantante che attraversa una seconda giovinezza, pieno di nuovi progetti ed entusiasmo. Speriamo non gli venga davvero in mente di farsi biondo: per il resto, attendo fiduciosa gli sviluppi.










In una prossima puntata: VEDI ALLA VOCE...

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