Nel portare avanti quello che forse un po’ pomposamente, definisco “lavoro”, ma che prima di tutto è stato per me un “momento ludico” nonché di crescita personale, mi sono posta più volte il problema dell’opportunità di trattare o meno certi argomenti. Qualcuno potrebbe obiettare che, più che altro, avrei dovuto prestare attenzione al come, li trattavo, essendomi, in alcune occasioni, concessa l’arbitrio di condire i miei scritti con un concentrato di (discutibile) ironia che, in genere, una persona di buon senso che contempli l’ironia nel suo corredo di qualità personali, dovrebbe cercare di dosare con equilibrio e intelligenza, riservandola a momenti e persone che sappiano riconoscerla, condividerla, e che, soprattutto, non siano sconosciuti riservati, nonché personaggi pubblici, che in una buona metà della loro vita di dedicano a un lavoro serio e delicato. Certo sarebbe stato un blog più “politicamente corretto”, più in linea col personaggio, che forse l’avrebbe ritenuto degno di qualche piccolo intervento per correggere inevitabili imprecisioni, ma non sarebbe stato il “mio” blog, e certo mi sarei divertita molto meno.
Per scrivere biografie autorizzate, ci sono addetti ai lavori più o meno preparati per questo, e documentati, che poi mettono in vendita le loro fatiche, oppure talvolta gli stessi protagonisti, per dare di sé l’immagine più corrispondente al proprio sentire, e per non essere costretti a leggere sciocchezze altrui, scrivono le loro autobiografie. Proprio oggi leggevo alcune note biografiche, scritte da lui medesimo, di un cantante, autore dei testi e delle musiche delle sue profonde canzoni, ottimo conoscente, forse amico di Mimmo Locasciulli, cui lo accomuna anche il percorso di studi, che nelle notizie fornite lamentava proprio la debolezza e la parzialità delle cose scritte da altri su di lui.
Ricollegandomi al discorso iniziale, sull’opportunità di trattare certi argomenti, devo a onor del vero dire che nel caso di M.L. anche volendo (e io non avrei voluto non essendo esattamente il mio genere) sarebbe stato difficile andare a pescare nel torbido, o fare gossip e parlare di aspetti scabrosi o imbarazzanti, per il semplice fatto che non ci sarebbe stato nulla da raccontare. Casomai il riferimento potrebbe essere ad aspetti che attengono alla sfera dei valori personali, come la fede, ad esempio, che possono essere questioni che un artista non necessariamente ha desiderio di partecipare. Ho pensato di parlare di quest’ultimo aspetto in relazione a Mimmo, perché mi pare uno dei punti nodali dell’esistenza di una persona, il rapporto con la fede, o quantomeno con la spiritualità, e perché Egli a suo tempo ne ha parlato in diverse interviste, e ciò mi ha dato una spinta ulteriore per affrontare l’argomento.
Mimmo, come la maggior parte dei ragazzi italiani della sua generazione, è stato indirizzato fin da bambino a frequentare l’Azione cattolica e la parrocchia. I momenti ludici e di aggregazione si alternavano ai momenti di partecipazione alle funzioni. Come abbiamo più volte accennato, il piccolo M. suonava l’organo in chiesa e le sue emozioni più forti, di intensa spiritualità in quell’età, sono legate alla musica, in particolare al canto gregoriano. Con l’avanzare degli anni, cresce nel nostro anche il senso critico: incomincia a non considerare più il rapporto con la chiesa e con la religione un fatto scontato, a cercare di leggere dentro di sé, a farsi delle domande. In perfetta sintonia con sé stesso, le risposte va a cercarle nell'indagine accurata, nella attenta lettura dei testi sacri. Scandaglia l’Antico e il Nuovo testamento, ma non si limita a questo, legge fino allo sfinimento tutto ciò che attiene all’argomento religione e fede, e non trova le risposte che cercava. Nel frattempo sviluppa una forte intolleranza verso tutto ciò che è dogmatico, e quindi da accettare acriticamente, verso ciò che è imposto e più che verso la fede, verso l’istituzione chiesa gerarchicamente intesa. La fede acritica della fanciullezza e dell’adolescenza abbandonano il giovane Mimmo, che da quel momento in poi entrerà in una posizione (alquanto frequente, siamo in tanti lì dentro) di agnosticismo più che di ateismo, e rimarrà sempre critico nei confronti della gerarchia clericale e dei dogmi.
Da medico che ha conosciuto la presenza di religiosi e religiose nelle strutture sanitarie, Mimmo asseriva l’importanza della loro funzione, non solo per il supporto professionale, ma soprattutto per il sostegno morale nei confronti degli ammalati. Anche nella sua esperienza personale, una suora in particolare è stata importante agli inizi della sua professione, una caposala di sala operatoria amica di sua madre che lo prese sotto la sua “protezione”. Credo che Mimmo la ricordi con affetto.
Totalmente intrisa di spiritualità è una bella canzone di Mimmo, che si intitola Padre mio, (Uomini, 1995) la preghiera che un uomo disperato invoca a un Padre trascendente, una disperata richiesta di aiuto. A proposito di interpretazioni personali delle canzoni, che spesso si prestano a essere decodificate in mille modi diversi, questa è una di quelle che mi pare non possa che avere un’interpretazione univoca. Cionondimeno, lo racconta lo stesso Mimmo, alcuni “recensori” del brano la considerarono una canzone che l’autore aveva dedicato a suo padre. Questo sembra francamente eccessivo anche a una come me che è strenua assertrice della teoria secondo cui ogni opera creativa e artistica parla al suo interlocutore e fruitore a seconda della sensibilità di recepire di quest’ultimo, sopratutto se le intenzioni dell’autore sono volutamente velate.
La metà degli anni novanta fu un periodo in cui diversi cantautori affrontarono il tema della fede e della spiritualità nelle loro canzoni e questo determinò l’attenzione e il plauso di un noto quotidiano cattolico, che dedicò un articolo alla questione e citò anche il nostro artista, forse non conoscendo bene la sua posizione di laico agnostico, seppur intriso di spiritualità. (Che non credo possa in certi ambienti essere considerata sufficiente.) In questi ultimi anni si assiste a un fenomeno di riavvicinamento alla fede, quando non addirittura di conversione, da parte di molti nomi noti, anche diversi colleghi di Mimmo. Frutto di riflessioni approfondite, desiderio di trovare risposte, conforto, di dare un senso a una vita, che pur ricca di tanti aspetti appare forse insoddisfacente, di qui la ricerca di tale soddisfazione nella fede, nella speranza di un oltre e di un altrove che ci allontani dalla tenebra del nulla.
Per scrivere biografie autorizzate, ci sono addetti ai lavori più o meno preparati per questo, e documentati, che poi mettono in vendita le loro fatiche, oppure talvolta gli stessi protagonisti, per dare di sé l’immagine più corrispondente al proprio sentire, e per non essere costretti a leggere sciocchezze altrui, scrivono le loro autobiografie. Proprio oggi leggevo alcune note biografiche, scritte da lui medesimo, di un cantante, autore dei testi e delle musiche delle sue profonde canzoni, ottimo conoscente, forse amico di Mimmo Locasciulli, cui lo accomuna anche il percorso di studi, che nelle notizie fornite lamentava proprio la debolezza e la parzialità delle cose scritte da altri su di lui.
Ricollegandomi al discorso iniziale, sull’opportunità di trattare certi argomenti, devo a onor del vero dire che nel caso di M.L. anche volendo (e io non avrei voluto non essendo esattamente il mio genere) sarebbe stato difficile andare a pescare nel torbido, o fare gossip e parlare di aspetti scabrosi o imbarazzanti, per il semplice fatto che non ci sarebbe stato nulla da raccontare. Casomai il riferimento potrebbe essere ad aspetti che attengono alla sfera dei valori personali, come la fede, ad esempio, che possono essere questioni che un artista non necessariamente ha desiderio di partecipare. Ho pensato di parlare di quest’ultimo aspetto in relazione a Mimmo, perché mi pare uno dei punti nodali dell’esistenza di una persona, il rapporto con la fede, o quantomeno con la spiritualità, e perché Egli a suo tempo ne ha parlato in diverse interviste, e ciò mi ha dato una spinta ulteriore per affrontare l’argomento.
Mimmo, come la maggior parte dei ragazzi italiani della sua generazione, è stato indirizzato fin da bambino a frequentare l’Azione cattolica e la parrocchia. I momenti ludici e di aggregazione si alternavano ai momenti di partecipazione alle funzioni. Come abbiamo più volte accennato, il piccolo M. suonava l’organo in chiesa e le sue emozioni più forti, di intensa spiritualità in quell’età, sono legate alla musica, in particolare al canto gregoriano. Con l’avanzare degli anni, cresce nel nostro anche il senso critico: incomincia a non considerare più il rapporto con la chiesa e con la religione un fatto scontato, a cercare di leggere dentro di sé, a farsi delle domande. In perfetta sintonia con sé stesso, le risposte va a cercarle nell'indagine accurata, nella attenta lettura dei testi sacri. Scandaglia l’Antico e il Nuovo testamento, ma non si limita a questo, legge fino allo sfinimento tutto ciò che attiene all’argomento religione e fede, e non trova le risposte che cercava. Nel frattempo sviluppa una forte intolleranza verso tutto ciò che è dogmatico, e quindi da accettare acriticamente, verso ciò che è imposto e più che verso la fede, verso l’istituzione chiesa gerarchicamente intesa. La fede acritica della fanciullezza e dell’adolescenza abbandonano il giovane Mimmo, che da quel momento in poi entrerà in una posizione (alquanto frequente, siamo in tanti lì dentro) di agnosticismo più che di ateismo, e rimarrà sempre critico nei confronti della gerarchia clericale e dei dogmi.
Da medico che ha conosciuto la presenza di religiosi e religiose nelle strutture sanitarie, Mimmo asseriva l’importanza della loro funzione, non solo per il supporto professionale, ma soprattutto per il sostegno morale nei confronti degli ammalati. Anche nella sua esperienza personale, una suora in particolare è stata importante agli inizi della sua professione, una caposala di sala operatoria amica di sua madre che lo prese sotto la sua “protezione”. Credo che Mimmo la ricordi con affetto.
Totalmente intrisa di spiritualità è una bella canzone di Mimmo, che si intitola Padre mio, (Uomini, 1995) la preghiera che un uomo disperato invoca a un Padre trascendente, una disperata richiesta di aiuto. A proposito di interpretazioni personali delle canzoni, che spesso si prestano a essere decodificate in mille modi diversi, questa è una di quelle che mi pare non possa che avere un’interpretazione univoca. Cionondimeno, lo racconta lo stesso Mimmo, alcuni “recensori” del brano la considerarono una canzone che l’autore aveva dedicato a suo padre. Questo sembra francamente eccessivo anche a una come me che è strenua assertrice della teoria secondo cui ogni opera creativa e artistica parla al suo interlocutore e fruitore a seconda della sensibilità di recepire di quest’ultimo, sopratutto se le intenzioni dell’autore sono volutamente velate.
La metà degli anni novanta fu un periodo in cui diversi cantautori affrontarono il tema della fede e della spiritualità nelle loro canzoni e questo determinò l’attenzione e il plauso di un noto quotidiano cattolico, che dedicò un articolo alla questione e citò anche il nostro artista, forse non conoscendo bene la sua posizione di laico agnostico, seppur intriso di spiritualità. (Che non credo possa in certi ambienti essere considerata sufficiente.) In questi ultimi anni si assiste a un fenomeno di riavvicinamento alla fede, quando non addirittura di conversione, da parte di molti nomi noti, anche diversi colleghi di Mimmo. Frutto di riflessioni approfondite, desiderio di trovare risposte, conforto, di dare un senso a una vita, che pur ricca di tanti aspetti appare forse insoddisfacente, di qui la ricerca di tale soddisfazione nella fede, nella speranza di un oltre e di un altrove che ci allontani dalla tenebra del nulla.
Di recente (31 maggio) si è tenuta a Roma, al Teatro Vittoria una manifestazione (In libero stato! L'occasione fa l'uomo laico) in difesa della laicità dello stato, cui hanno partecipato molti artisti, e tra essi anche Mimmo, allo scopo di ribadire l'esigenza di uno stato realmente laico, senza l'ingerenza clericale cui spesso assistiamo.
Eccola, dunque, Padre mio, l’ho ascoltata anche oggi, con immutata commozione. Uomini è uno degli album che ascolto di più. La cura prevede almeno due album al giorno, a volte anche tre, in sottofondo alle mie attività quotidiane, o come momento più intimo, mio, quando fuori è notte e silenzio. Mi sono comprata alla fine anche il famoso lettore Mp3, ma ci ho caricato altre cose, che dovrebbero avere per me una certa utilità, (non ne sono certa), ma Mimmo non ci abita ancora, dentro quella scatoletta magica. Una scelta non casuale: per ora devo ascoltare quelle altre voci, non così gradite, e quando sono sull’autobus, dove qualcuno inizia a cedermi il posto per la mia età ormai matura, voglio leggere. Se metto Mimmo è la fine: tutti i miei buoni propositi scardinati dalla sua amatissima voce, e io devo ricordarmi che non si vive di solo Mimmo. Lo porterò con me nel mio prossimo viaggio, quando sarà, così non patirò la nostalgia.
PADRE MIO Testo e Musica di M. LOCASCIULLI
©1995 Edizioni Musicali Piccola Luce
Padre mio che tutto vedi e sai
Che rispondi pure a chi non chiama mai
Fa’ che il giorno finisca veloce
E fa’ che la notte sia dolce per me
Padre mio che tutto senti e puoi
Che conosci pure quello che non ho
Fa’ che almeno nei sogni
Sia un poco diverso
Fa’ che sia meno triste di qui
Io non so bene come sei
Non so capire dove stai
Io non so il bene che mi vuoi
Mi basta solo che ci sei
Padre mio che tutto tieni e dai
Che consoli chi non ha sorriso mai
Fa’ che queste parole
Non restino sole
Nel freddo e nel vento così
Io non so quello che mi dai
E non so in cambio cosa vuoi
Io non so ancora se tu puoi
Ma dimmi almeno che ci sei
Padre mio che a volte chiamo Dio
Sono un uomo uguale agli altri anch'io
Sono anch'io solo polvere e cenere
Ma non posso vivere ancora così
Non ho niente di niente e sto qui senza niente
E nessuno fa niente per me
Fa’ che almeno nei sogni
Sia un poco diverso
Fa’ che sia meno triste di qui
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