Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

mercoledì 11 luglio 2012

LE VISIONI DI UN'ASPIRANTE DAMA DI COMPAGNIA


Ci pensavo ormai da qualche giorno, al mio esperimento, al tentativo di entrare in mistica comunione, domenica sera, con la piazza del concerto di Penne. D’altronde sono io  quella con la vocazione ai segni, alla comunicazione di pensieri, all’empatia, insomma a tutte queste belle cose alle quali, forse, non sempre è il caso di attribuire un significato particolare. Ad esempio, se tu prendi per la collottola qualcuno che, poveretto,  non ti ha chiesto niente, e da tre anni a questa parte,  a scadenza variabile, ma costante, quasi fossi sotto contratto e pagata per farlo, lo martelli con i tuoi editoriali, forse è normale che, alla fine, ti sembri di intercettarne qualche sconsolato pensiero. “Mollami, aiuto, basta! Cercatene un altro, il mondo è pieno di cantanti, io non ho fatto male a nessuno…” “Toh, ancora, eccola, lo sapevo che ci avrebbe ricamato sopra qualcosa.” Non posso che dare conferma della mia prevedibilità. Sull’attitudine al ricamo io stessa nutro qualche dubbio, in ogni caso, eccolo, il ricamo: sarà un pessimo lavoro da principiante, che si punge con l’ago e aggroviglia i fili, ed è capace solo di maldestri punti nervosi che strappano la tela, o il disegno spiccherà netto e armonioso sulla tela? Ai temerari  che vorranno leggere, l’ardua sentenza.

Domenica sera, intorno all’orario previsto, mi son messa davvero a pensare al concerto. Ho visto la Piazza che si riempiva, il Cantante che si faceva un po’ aspettare, il cielo che si faceva via via più scuro. Aria di festa tutt’intorno. Solo che a un certo punto quello che vedevo non era più Penne, non c’erano più la Porta e la piazza della piccola città di provincia abruzzese. No, era il mare della mia città visto da un punto panoramico, era il Bastione di Santa Croce il giorno di martedì grasso, con gli echi nella notte del carnevale che muore, mentre sotto si consuma il rogo di Cancioffali. Di Mimmo non c’era traccia, niente da fare; più ci pensavo, più lui si faceva inafferrabile. Brutta sensazione davvero, come non essere invitata alla festa cui tenevi tanto, da ragazzina, o, peggio, essere invitata, ma quello che ti piaceva non ti guardava nemmeno, anzi baciava platealmente, durante il ballo nel salone con i mobili appoggiati alle pareti, l’oca del gruppo, oca quanto vuoi però piuttosto sveglia e concreta. Cose dure da buttar giù, e siccome farsi male va bene fino a un certo punto, te ne andavi, dalla festa, e ti rifugiavi nei tuoi diari o nei tuoi libri o semplicemente nei tuoi pensieri. Sarà stata una reazione inconscia, forse perché la sensazione dell’esclusione prevaleva, e non era piacevole, ma proprio mi venivano in mente tutte le immagini possibili, domenica 8 luglio 2012, intorno alle 21,30-22, ma nessun palco, nessun cantante, nessuna canzone, nessuna band. Niente.

Ho preso un libro, mi son messa a leggere. Quanto m’è garbato il libro del Nesi, Storia della mia gente. Toh, guarda, questa è un’altra coincidenza, lo scrittore nelle pagine che mi trovo davanti, parla del suo rapporto con la musica, dice di non capirne niente, nel senso di non avere nessuna educazione musicale, di avere difficoltà a distinguere gli strumenti, quando ascolta una canzone o un brano musicale, però ne è attratto, e dalla musica che ascolta si aspetta qualcosa, e racconta questa sua attrazione e queste sue aspettative con parole che mi hanno lasciato qualcosa dentro, tanto che ne scrivo qui, non preoccupandomi minimamente di andare fuori tema. Vorrei trascrivere l’intero brano, perché citandone solo un frammento mi sembrerebbe di violarlo, ma è troppo lungo e non è questa la sede. Io, occupandomi di Mimmo, inevitabilmente  mi sono accostata a concetti che prima erano misteriosi, e lo  sono ancora, ma un po’ meno. No, non ho accresciuto la mia educazione musicale in senso stretto: lì, purtroppo sono e sarò molto carente; parlo di piccole cose, dell’essere venuta a conoscenza dell’esistenza di certi artisti, dell’acquisizione di una certa terminologia… Non sapevo cosa fosse, ad esempio, una title track, prima, ne’ una ghost track (questa mi ha molto colpito la fantasia) e non sapevo che esistesse uno strumento chiamato glockenspiel, forse non conoscevo neppure il significato dell'espressione concept album, anche se avrei potuto arrivarci, ne’esattamente di cosa si occupasse un produttore musicale, e che cosa si intendesse per arrangiamento. Tornando per un momento al libro del Nesi - giusto per chiarire - non parla però di musica: parla di Prato, dove ovunque si udiva il rumore, anzi la musica delle tessiture; parla di pezzi di vita e di storia che muoiono fuori, ma rimangono dentro chi li ha vissuti e risalgono poi in rigurgiti di nostalgia, parla delle conseguenze della globalizzazione, del mondo tutto uguale che gira troppo in fretta, di chi lavora nell’ombra e di chi esibisce sé stesso in una vanitosa vetrina perennemente illuminata, e si prende tutti i meriti dell’altro.

L’ho davvero amato e consumato in fretta, questo libro, però domenica sera a un certo punto l’ho abbandonato e mi son messa a dormire. Una fuga nel sonno, piuttosto breve, perché a un certo punto, è accaduta una cosa inattesa: sono stata svegliata da una voce nota, che cantava a squarciagola Tango dietro l’angolo, infervorandosi soprattutto sul verso Questa notte è dedicata à moi. L’ho anche visto, l'uomo che cantava: teneva gli occhi chiusi e batteva i piedi al ritmo della sua musica. Ho usato lo zoom per osservare meglio: era tutto rosso e goccioline di sudore gli imperlavano la fronte, rotolando fino al mento e al collo. Era visibilmente contento. Ho guardato l’ora: mezzanotte meno dieci. Tango dietro l’angolo è una di quelle che canta alla fine, in genere, una di quelle dove si lascia più andare, nel momento in cui il concerto raggiunge il suo culmine e il pubblico risponde con partecipazione più calda e gioiosa.  Ho avuto la percezione esatta che il concerto fosse arrivato alla fine, o finito da poco, e che il cantante fosse, oltre che terribilmente felice,  terribilmente frastornato, così carico da  fare tutta una tirata fino all’alba del giorno dopo, senza risentire della stanchezza.

Nel mio lettore CD guarda caso c’era proprio Tango dietro l’angolo, e mezzo addormentata l’ho fatto andare, a volume basso. Poi ho visto dei fuochi d’artificio, in lontananza, gente contenta che si abbracciava, voci allegre e cappelli che prendevano il volo, una bella tavola imbandita, ma non sapevo più dove tutto ciò avvenisse, perché c’era tutto, davanti a me, Il Bastione di Santa Croce e Il Duomo di Penne, Il Gran Sasso e la Sella del diavolo, le cantine della Borgogna e anche le mille luci di New York… Tutto insieme, una gran babele, gente che andava e veniva e ciascuno parlava la sua lingua ma si capivano tutti. C’era perfino Margarita d’Austria che tesseva, in fiammingo, le lodi del musico, e lui le rispondeva in pennese antico - lei quello di adesso lo capisce poco - che si sentiva onorato dei suoi elogi. Lui si dichiara spesso molto onorato, naturalmente se ci sono le condizioni per dichiarsi tale. Onorato è un termine classico del suo lessico.

Il pensieri fluivano veloci, si trasformavano in immagini, tutto appariva chiaro e netto, quasi tangibile, come spesso accade in quella fase di rilassamento che precede di poco il sonno, che presto mi ha trascinato nei suoi gorghi. La mattina dopo, quando ho aperto gli occhi, nel vedere la lucina verde, il led del mio lettore lasciato acceso,  piano piano ho ricordato. Mi sono sorpresa dello stato d’animo malmostoso dell’inizio della sera, ormai tutta dentro a una nuova, strana sensazione: ero stata anch’io alla festa, però nessuno si era  accorto della mia presenza. Non è male, vedere e non essere visti, solo che mi è rimasto il rimpianto di non essere stata presentata alla figlia dell’imperatore.

Mimmo se ci potessi mettere una buona parola tu, che frequenti l'ambiente…, mi piacerebbe propormi come dama di compagnia di Margarita. Se accettasse, mi sentirei molto onorata.

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