Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

giovedì 22 dicembre 2011

UN PADRE E UNA FIGLIA

La foto dell’anticipazione mostra un libro e un Cd, posati su una chitarra. Tutti e tre gli oggetti raccontano di Stefano Rosso. La curiosità di conoscere qualcosa di più su questo cantautore, del quale avevo ricordi lontani e ancora nelle orecchie le canzoni più note - a distanza di tanto tempo - e una rapida incursione in un sito a lui dedicato dopo la sua morte, mi è venuta quando si è verificata quella coincidenza di cui avevo parlato in passato: Mimmo scriveva qualche riga su Stefano e io aprivo a caso una pagina di un libro sui cantautori, e voilà, il caso mi faceva trovare di fronte la scheda a lui dedicata. Mi sono messa a cercare e ho trovato notizie relative alla recente pubblicazione del libro Che mi dici di Stefano Rosso?Fenomenologia di un cantautore rimosso (Mario Bonanno, Stefania Rosso, Che mi dici di Stefano Rosso? Fenomenologia di un cantautore rimosso, Viterbo, Stampa alternativa, 2011). Tre i motivi principali per cui l’ho comprato: la testimonianza della figlia Stefania, il Cd accluso al libro, e un contributo di Mimmo all’interno del libro. Sono sempre sensibile ai rapporti tra padri e figlie, per motivi del tutto personali e del tutto ininfluenti in questa sede; me ne interesso sempre, ne sono attratta e intenerita. Il Cd non poteva non attrarmi, perché prometteva l’ascolto di un concerto di Stefano, tenutosi al Folkstudio nel 1993. Quale migliore occasione per conoscerlo un po’ meglio? Infine il contributo di Mimmo. Non credo di aver trascurato niente di scritto su di lui, o in cui comparisse un suo contributo, anche modesto. Mi sono portata a casa libri di piccole case editrici che vorrei, ma non credo abbiano avuto grandi vendite, e ho perfino scovato e letto un libro in cui Mimmo era presente solo nella dedicatoria.

Esco, dunque qualche giorno fa, e trovo una copia (unica) del libro su Stefano Rosso. Lo apro subito per scoprire dove sia il Cd, che a tutta prima non svela tracce di sé, e lo trovo nella sua custodia di cartone in mezzo alle pagine. Mi metto a curiosare: la parte più strettamente giornalistica, a cura dell’autore di Sognadoro e altre storie – nota biografia di Mimmo che ha avuto il suo imprimatur - a cui evidentemente le storie piacciono molto, perché compaiono anche in altri titoli dedicati ad altri autori: anche nel libro su Rosso c'è un capitolo intitolato Lo spinello e altre storie (più o meno disoneste). C’è tutta la discografia di Stefano opportunamente commentata dall’autore, ci sono le notizie biografiche e artistiche essenziali date con sobrietà, perché l’autore proclama la sua distanza da chi, nello scriverne, fa le pulci ai cantanti.




La parte per me più interessante: Stefano nei racconti affettuosi della figlia Stefania, che descrive suo padre come un uomo dolce, mai aggressivo, passionale, e sincero, che certo commetteva degli errori, ma aveva la rara dote di saperlo ammetterlo. Uno che nelle persone, come qualità saliente, apprezzava la bontà. Stefano artista appassionatissimo della chitarra, (vederlo cambiare le corde era uno spettacolo) esperto in quella particolare tecnica denominata fingerpicking, (chiedete a Mimmo e a Carpi, ve la illustreranno come si deve) Stefano privato e quotidiano alle prese con i fornelli; i ricordi delle giornate trascorse al mare con la famiglia e i confronti delle rispettive abbronzature; la piccola vacanza insieme a Londra; i dubbi sulla sua capacità di essere un buon genitore, perché non lasciava grandi beni materiali ai figli. La netta convinzione, al contrario, di Stefania di aver ricevuto in eredità un patrimonio immateriale ben più considerevole di case e denaro. La selezione di immagini che ci presentano Stefano nel corso degli anni, da quelli della gioventù, fino a quelle dell’ultimo concerto del 2008, i baffoni nerissimi della gioventù, e i baffi più corti e imbiancati degli ultimi tempi. Ci sono anche racconti e riflessioni di Stefano, legati sia a vicende artistiche, sia a vicende personali, anche qualche poesia.

Infine i contributi degli amici, produttori, giornalisti, musicisti e cantautori che lo hanno conosciuto e frequentato, tranne uno, Lolli, che personalmente non lo ha mai conosciuto, ma riesce a scrivere su di lui un pezzo sobrio e coinvolgente. Ciascuno degli amici ne ricorda le caratteristiche, gli aspetti salienti e una serie di episodi vissuti insieme.



Mimmo esce un po’ da questi schemi e ci mette di fronte a una possibile serie di scatti fotografici o di sequenze di film che raccontano una canzone di Stefano. Ricorda l’amico senza citare ricordi comuni, in un modo a lui congeniale. Avrei riconosciuto che era un pezzo suo anche se fosse stato anonimo.



Il contributo di Mimmo è breve, per cui lo posso riportare integralmente.


Il treno avanza lentamente e piano si arresta nella piccola stazione di Roma Trastevere. Faticosamente, annaspando tra tre-quattro enormi bagagli un uomo scende traballando sul predellino. Si guarda intorno in cerca di qualcosa, di qualcuno. Cerca un orientamento di sé, o la conferma di qualcosa. Accende una sigaretta nell’attesa di prendere l’uscita, circondato dalle sue valigie. Dopo trent’anni passati a lavorarsi la vita in America, riconosce il cielo della sua città. È felice. Nel via vai frettoloso della piattaforma un uomo gli frena davanti, lo guarda, indugia, lo scruta, gli dice: “A Giovà,ma che fai, parti?”.
Ecco, questo potrebbe essere il soggetto di un film, o la trama di un romanzo. È invece lo svolgimento di una poco conosciuta canzone di Stefano Rosso. Ma è un po’ come la sua vita. Metteteci attorno una erre moscia che stona dentro un parlare “romanaccesco”, una tonnellata di tic, una sotterranea genialità, una barbetta confusa su una faccia a metà tra lo zingaro e il cortigiano della Roma papalina, uno sbattere ritmico e continuo di ciglia, una fragile vulnerabilità, il vino, un disorientato talento umano, i lupini, le coppie, Via della Scala, “mio padre diceva…non ricordo più”, due amici la chitarra e lo spinello, la continua urgenza di qualcosa, l’odore delle osterie, gli anni Settanta, chissà cos’altro ancora e voilà: “A Ste’, ma che fai, parti?”.

Infine l’ascolto del Cd. Canzoni che non avevo mai sentito prima, come la canzone dei mesi, che in realtà s’intitola Canzone per un anno, tema che attrae i cantautori, oppure la canzone nata in una pensione milanese, scaturita dalla provenienza di strani rumori dalla stanza a fianco (Gina blues). Poi quella in cui racconta con sincerità e ironia di un periodo non proprio positivo della sua vita, quella dei medici burloni*** (Neurologico Reggae). Le altre più note, qualche pezzo non suo. Qualche piccolo racconto di Stefano tra una canzone a l’altra, con quella sua voce così facilmente riconoscibile, al pubblico convenuto al Folkstudio nel 1993, epoca della tarda maturità del locale che chiuse l’attività nel ’98, ma che è rimasto sempre aperto nella testa e nel cuore dei ragazzi che lì si sono incontrati e hanno in molti casi mantenuto rapporti e legami; spesso il collante è stata proprio l’esperienza comune vissuta lì dentro.


Nel libro anche l'altra figlia di Stefano, Manù, ricorda il padre, rivolgendosi a lui in una sorta di lettera trasudante affetto, complicità e ironia e nostalgia.


Ho letto il testo di una canzone di Stefano (non presente nel Cd) che si intitola Odio chi. Qualche volta faccio il gioco del “Saremmo potuti andare d’accordo, o potremmo andare d’accordo io e...? avremmo potuto intenderci?" …L’altro è spesso uno del passato remoto, o qualcuno che esiste ma non conoscerò mai, o qualcuno che ho conosciuto ma non faremo mai nemmeno un pezzetto di strada insieme. L’ho fatto un pochino anche con Stefano basandomi sui versi, che mi sono molto piaciuti, di Odio chi…Forse non mi avrebbe odiato, ma un dubbio mi è rimasto: perché odiare chi ha un gatto, poveretto, senza coda? Si tratta di un mero fatto di rima o c’è qualcosa dietro? Essendo parte in causa, in quanto mamma putativa di un gatto con la coda mozza (storie di soprusi subiti nella prima infanzia, prima di approdare al caldo nido dove da anni vive) me lo domando, da buona scrittrice che fa le pulci ai cantanti: perché? Mah!

Ecco il testo di Odio chi
Odio chi va al mare la domenica, io neanche il lunedi


odio chi va a spasso con la moto mentre io rimango qui
odio chi ha il proiettore in casa per veder film svedesi
odio chi si compra un'automobile una volta ogni sei mesi.
Odio chi compra i calzoni come i miei ma a molto meno
odio chi quand'è che parto sta a fregarmi il posto in treno
odio chi ha una bella moglie che gli smania delle voglie
e siccome l'ha il mio amico, cosa faccio e che le dico?
Odio chi prende a calci i cani e a casa ha il pesciolino in vasca
odio chi si sposa e da una mano al cuore e l'altra sulla tasca
odio chi continua a raccontarmi che si è fatto la casetta ma così..."
mangiare poco e stare attento ad ogni sigaretta".
Odio chi va a messa la domenica e poi picchia i figli
chi in finestra sta a sparlare mentre sta innaffiando i gigli
odio chi mi dice quando che mi incontra per le scale
"non ti vedo tanto bene, ma che c'hai, ti senti male?".
Odio chi sta sempre a raccontarmi tutti i film prima visione
odio chi fa sciopero perchè l'ha detto la televisione
odio chi è un tipo serio solo quando sta telefonando
odio chi mentre sganascia un pollo "poverino il terzo mondo".
Odio chi fischia a un concerto, chi impazzisce per la moda
odio chi ha il passato incerto e chi ha il gatto senza coda
odio chi ha un miliardo in banca o un futuro senza rischi
chi è tranquillo sulla panca e chi non compra i miei dischi



*** Si tratta di una mia evidente imprecisione: questi "medici burloni" che mi sono tanto piaciuti si trovano in "Canzone per un anno".

3 commenti:

  1. Per far le pulci a me stessa, trovandone parecchie: chi ha il gatto senza coda potrebbe essere uno snob fissato con gli animali di razze rare e costose; esistono gatti con con code piccolissime,mi hanno testè detto.
    Ancora: volevo sapere quale fosse la canzone di cui parla Mimmo, perchè non sono riuscita a capirlo. Digito "Giovà che fai parti Stefano Rosso" e mi appare una nota sul Fb di Mimmo, Mi ero evidentemente a suo tempo fermata alle quattro righe di ricordo di Stefano, senza leggere di più. Solo oggi scopro che Mimmo aveva segnalato il libro e riportato il suo breve contributo.

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  2. Stefano Rosso mi ricorda la mia giovinezza e le serate trascorse a suonare e cantare le sue canzoni. Io le conoscevo bene, anche quelle meno note. Credo ti sia confusa, perchè i medici burloni sono nella "Canzone per un anno", oppure non ti sei confusa, hai sbagliato apposta per vedere se qualcuno era in grado di correggerti...

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  3. Mi sono confusa,nessun trabocchetto. Mi è venuto il dubbio dopo aver scritto, ma solo ieri, forse mentre scrivevi, ascoltavo di nuovo il Cd e davo conferma ai miei dubbi. Tra l'altro "Canzone per un anno", medici burloni proprietari di cliniche che da grandi giocano ancora al dottore, è una delle mie preferite. Avrò bisogno di altri ascolti, come ho scritto di Stefano conoscevo solo le canzoni ppiù mandate in radio, all'epoca in cui uscirono.
    Sono felice di aver trovato finalmente qualcuno disposto a segnalarmi errori o imprecisioni.
    Grazie.

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