Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

lunedì 27 febbraio 2012

ANDANDO A RITROSO

C’è un vecchio post, uno dei primi, dentro questo blog, che si intitola Lo stetoscopio del Dottor L. e altri ferri del mestiere. Credo che sia uno dei più consultati, perché qui dentro si affacciano diverse persone in cerca di notizie sulla sua professione, a partire da quando, dove, con che votazione si sia laureato, dove e quando si sia abilitato, se abbia frequentato la scuola di specializzazione, in quale ospedale abbia lavorato, in quale branca della medicina abbia operato e operi, tutte cose a onor del vero assai note, fino a ricerche che si spingono più nel dettaglio, del tipo, Dieta L. oppure Dottor L. indirizzo studio, o ancora Dottor L. onorario. Mimmo medico desta molta molta curiosità. A ben cercare, anzi a cercare e basta, si trovano diverse notizie, in primis i siti ufficiali, dove c’è tutto, curriculum compreso, ma mi spiace, non si parla di onorario. Mai compariranno qui dentro, indirizzi e onorari e simili, anche se avessi qui sotto gli occhi un biglietto da visita e una ricevuta fiscale, e anche se questo facesse schizzare alle stelle il mio rank.

Insomma questo Stetoscopio…, che credo di aver scritto direttamente e senza troppo sforzo, ha il record di visite, con la Fame atavica, mentre altri post, che mi hanno fatto sudare sette camicie, nel senso che ho dovuto studiare, scrivere, correggere, riscrivere dieci volte, riverificare i dati raccolti, rielaborare, li hanno letti solo quelli della banda dei soliti quattro, (ho il sospetto siano i Musicanti di Brema, altro post di grande successo), combattendo gli sbadigli.

Com’è che oggi mi sono ricordata dello stetoscopio e mi sto preparando a riscaldare una minestra?
Molto semplice, perché mi son messa a setacciare la sabbia in cerca di qualche pepita d’oro e mi son resa conto di essermi persa una puntata di una trasmissione radiofonica medico-divulgativa, in cui era ospite Mimmo, in collegamento telefonico. Come può essermi accaduto di distrarmi, io che vanto la collezione più significativa di downloads di sue partecipazioni radiofoniche (non è in vendita), musica per le mie orecchie, nutrimento della mia mente e del mio spirito? Devo farmene una ragione e prendere atto dei miei umani limiti. La trasmissione è andata in onda nella prima decade di ottobre, io ci sono arrivata solo da pochissimo, scoprendo da quella conversazione telefonica - in cui a onor del vero si parlava anche di temi seri di etica medica - una cosa inaudita, e cioè che Mimmo non aveva mai sentito il pezzo (non di canzone sembra trattarsi, ma di brano musicale) che questi Torpedo di cui parlo nel mio antico post gli avevano dedicato. Mi è sembrato alquanto strano, comunque se così ha detto, così sarà, e se l’ha detto, sarà anche vero che è curioso di sentirlo. (Non c’è niente da fare, io faccio una lettura strettamente letterale di tutto ciò che dice.)

Spero che qualcuno gli abbia inviato tempestivamente il Cd (su Ebay compare), o che magari qualcun altro gli abbia inviato l’MP3, così ha potuto soddisfare la sua curiosità. Se non fosse pervenuto nulla, io tento di fare la mia parte fuori tempo massimo, inserendo un link, http://www.lastfm.it/music/Torpedo/_/Lo+stetoscopio+del+Dr.+Locasciulli cliccando sul quale si può ascoltare un minuto abbondante del brano.


...Ma il dottore avrà gusti classici, in fatto di stetoscopi, o seguirà la moda dei colori accesi? Un bel verde mela, un fucsia...

martedì 21 febbraio 2012

CARO CANTANTE

Non mi par vero di avere l’occasione per poterti scrivere, una lettera vera, anche se non ti sarà spedita ai tuoi indirizzi personali, e non la leggerai solo tu. Lo spunto mi viene da te, dai pensieri che lanci nella tua piccola, eterea pagina di artista. Un po’ penso di aver imparato a conoscerti, in tutto questo lungo periodo di studio e indagine sull’artista e inevitabilmente sulla persona. Gli strumenti di conoscenza sono stati molteplici, dalle canzoni alle interviste, dalle conversazioni nelle partecipazioni radiofoniche e televisive, agli scritti, dal modo di offrirti al pubblico nei concerti a quello di porti nel contatto diretto, per ciò che ho potuto osservare e valutare nelle poche occasioni in cui ti ho incontrato, poche, ma che mi hanno raccontato molto di te.

Tutti gli elementi che ho appena elencato, sono niente tuttavia rispetto a una cosa che non ha alcun fondamento razionale, non è basata su fatti, ne’ supportata dall’esperienza, ma si muove tutta e si agita in un ambito che ha a che fare con la sfera dell’intuizione e delle percezioni e della comunicazione dei pensieri. Aspetti molto coinvolgenti e suggestivi per chi è portato a viverli e a dar loro peso, e aspetti invece oggetto di ironia, che potrebbe diventare sarcasmo, da parte di chi si muove prevalentemente in una sfera in cui tutto deve poter essere dimostrato razionalmente.

Ora tu, che forse ti spazientisci un po’ quando un tuo interlocutore, nel tentativo maldestro di spiegarsi in maniera dettagliata, tende a dilugarsi, mi stai dicendo “ Arriva al dunque”. Il dunque è questo: mi arrivano i tuoi pensieri, anzi mi piombano addosso, pensieri che a volte diventano frasi che mi passano nella mente come su uno schermo, a caratteri grandi e fluorescenti, mi arrivano i tuoi stati d’animo. Percepisco la tua gioia, la tua piena soddisfazione in alcuni momenti, l’allegria, l’eccitazione e l’entusiasmo e allo stesso modo stati d’animo opposti, una certa nota di malinconica riflessione che solo qualche volta diventa tristezza, ma quel che mi arriva di più ha una connotazione negativa. Irritazione, fastidio, intolleranza, disappunto, noia: so che cosa te li potrà scatenare, e qualche volta ne ho la conferma dalle tue stesse parole. A volte ti sento un po’ irritato anche da quello che scrivo qui dentro, e nel momento stesso in cui lo scrivo penso: “Mamma, questo non gli piace!” non solo in riferimento all’esternazione di un determinato concetto, ma anche a un mio modo di essere che è del tutto manifesto in ciò che scrivo, essendo queste pagine una trasposizione autentica di ciò che sono, nei miei aspetti positivi e negativi.

Oggi leggendoti, al di là del piccolo moto di noia che il tema abusato mi ha suscitato, ho pensato: “Ma come, che ci fa davanti alla televisione, con tutte le cose interessanti cui si potrebbe dedicare?” (Ti ho visto nella tua dimensione domestica, col telecomando in mano, accomodato sul divano e con i piedi sul tavolino: ti mancava la canottiera, la bottiglia di birra in mano ed eravamo proprio a posto) ma poi ti sono stata grata perché mi era venuto il timore un po’ peregrino che poteste essere amici, tu e il signore dei finti salotti, per usare una tua espressione, e quel timore si è dissolto come neve al sole. Qui si arriva a un tema a mio avviso importante: l’artista che amiamo, che ci fa provare quelle emozioni così particolari, deve avere un’etica che condividiamo? Essere allineato al nostro modo di sentire, di vedere la vita, collocarsi nella nostra stessa area politica? E se fosse uno che predica bene e razzola male? Quella sarebbe la cosa peggiore, l’ipocrisia, i vizi privati e le pubbliche virtù. Quesiti aperti. Io direi che un po’ devo riconoscermi, in qualcuno che seguo, certo, con una buona dose di elasticità e senza essere troppo severa, che tanto perfetto non c’è nessuno, senza cercare un’aderenza totale, che ciascuno si tenga la sua individualità, ma un po’ di sentire comune deve esserci. Relativamente da poco sono venuta a conoscenza della appartenza politica di un tale che ho seguito molto in passato, che si è pure candidato, con quelli… e mi è venuta voglia di chiedergli un risarcimento danni per avermi imbrogliato. Colpa di internet, che svela tutti i segreti e gli scheletri nell’armadio, veri o presunti, e questo era vero.

Ora quasi quasi mi verrebbe voglia di saltare di palo in frasca e di elencarti (io) le cose per cui ti senti orgoglioso (tu), oltre aver lanciato e prodotto il nostro amico Haber (di cui scrivo il nome, e non l’iniziale puntata, perché credo ciecamente a quanto ha dichiarato: non sa neppure accendere un computer e non sa neppure cosa sia un avviso, quindi qui dentro non ci arriva, pertanto se metto il nome non è un tentativo di adescamento alla lettura): me ne sono venute in mente alcune, delle quali vai sicuramente fiero, ma mi sembrano oltre che vere, altrettanto scontate.

Ecco, non farci rimanere troppo in attesa, diccelo, che cosa ti rende orgoglioso. Il mio appello accorato potrebbe sortire l’effetto contrario, nel senso che tu, altra mia convinzione, se uno si aspetta troppo una cosa da te, ti diverti a fare l’esatto contrario. Ti piace dirigere il gioco e anche avere l’ultima parola.

Va bene lo stesso, comunque ti muova va bene lo stesso, Cantante, tanto io vado per la mia strada e finchè ce n’è, come diceva quell’altro tuo amico, ce n’è. Oggi mi son trovata tra le mani, anche questa volta per puro caso, non ci pensavo nemmeno quando è venuta da me, una cosa che tu caldamente consigli. L’ho tenuta ben salda: mai opporsi al destino. Se riesce a ispirarmi, te la racconto a modo mio, che tu la conosci già benissimo.



Abbi cura di te, amico.

venerdì 17 febbraio 2012

STRADE TROPPO FREQUENTATE




Non amo la poesia comune e odio

la strada aperta a chiunque.

Odio un amante goduto da tutti

e non bevo a una pubblica fontana.

Odio ogni cosa divisa con altri.

Certo, Lisania è bello! Bello! E ancora

non l'ho detto che un eco già ripete:

"È anche d'un altro."


Ho voluto riportare un epigramma di un poeta ed erudito vissuto nel III secolo a.C. - Callimaco di Cirene - che fu bibliotecario della Biblioteca di Alessandria, una delle più note dell'antichità.


La versione italiana, dal testo greco originale, è magistralmente resa da Salvatore Quasimodo.


I versi raccontano l'atteggiamento, da parte del poeta, di aristocratico distacco da ciò che si potrebbe definire, con parole attuali, consumo di massa.


Vorrei far mio, entro i limiti, per non ingenerare equivoci di atteggiamento snobistico, il concetto.


In genere non amo le strade troppo frequentate, per semplice inclinazione naturale.


A volte anch'io mi trovo invischiata nel traffico, e non sempre mi dispiace, ma sono più a mio agio se, nelle vie che percorro, transitano pochi viandanti e poche carrozze.


Forse anche per questo mi sono scelta il Cantante, del quale qui dentro amo cantare le gesta, e non un concionatore capopopolo dogmatico, superficiale e qualunquista, che avrebbe potuto tentare di utilizzare, per migliorarsi culturalmente, parte dell'enorme patrimonio accumulato in tantissimi anni di consensi del suo pubblico numeroso, e non mi pare lo abbia fatto. Evidentemente non è solo questione di soldi.


Detto per inciso, mi sono risparmiata arringhe, comizi, concioni e anche canzoni. Per queste ci sarà tempo, tanto le manderanno continuamente anche alla radio. Immagino che per i cantanti, anche per quelli che non apprezzano troppo, sia quasi un dovere stare a guardare. Dovere professionale.


Per fortuna non sono cantante.


Ho fatto il pane e letto qualche libro, in questi giorni, e sono molto contenta. Di aver fatto il pane, per la prima volta nella mia vita, in particolare. Mi è sembrato di aver messo al mondo una creatura: mi sono sentita felice.


Come quando canta Mimmo.

martedì 7 febbraio 2012

NEL VIVO DELLA QUESTIONE

“Che mestiere fa?”
“Il musicista.”
“Si, ma a parte quello,”
“che lavoro fa, veramente?”

Boutade utilizzata molto in ambito musicale, anche dallo stesso Mimmo, che in diverse occasioni ha spiritosamente dichiarato di aver scelto di fare il medico, per sapere cosa rispondere alla domanda “che lavoro fa, veramente”.
In genere quasi tutti dicono “Sono un privilegiato, fare musica non è un lavoro, è passione. Mi pagano per dare libero sfogo a questa passione.”

Cantanti-scrittori: apriamo il dibattito; alcuni sono bravi, e fanno bene a pubblicare; altri sono pessimi, e farebbero bene non solo a non scrivere, ma anche a non cantare più, godendosi in tutta tranquillità i sudati risparmi della loro carriera, lontano dalla ribalta. Altri ancora sono mediocri, e non li hanno neppure scritti loro, i libri, ma i soliti giornalisti di turno più addomesticati all’uso della scrittura. In genere dentro questi libri sono riuniti aneddoti raccontati in mille circostanze, più qualcosa di inedito. In genere a questi libri, se il cantante è molto noto, e in qualche caso anche bravo, si fa una poderosa promozione e talvolta anche i più riottosi sono tanto incuriositi da finire per comprarli, perché sono davvero dovunque e non si deve certo andarli a cercare nella libreria di nicchia. Insomma ce n’è per tutti i gusti. Per esprimere la mia opinione: di tanti di questi libri si farebbe volentieri a meno, anche i meglio riusciti non lasciano grandi tracce di sé, ma è tutto relativo. Non siamo quasi mai nel campo dell’alta letteratura, e nemmeno di quella media. Alla fine è chi compra a decidere, e chiunque è, per fortuna, libero di leggere ciò che vuole: ciò che è scadente per me, o irrilevante, può avere un senso per un altro, e viceversa. Esemplifico subito: io sarei davvero felice di trovare domani in libreria un prodotto dell’ingegno del mio Cantante, per i motivi più svariati; mi spingerebbero a volerlo possedere e fagocitare d’un fiato molti fattori: l’affetto, la dedizione da oblata, la curiosità, il dovere professionale. Potrebbe trattarsi di qualsiasi genere: romanzo, raccolta di racconti, saggio divulgativo, saggio più rigoroso, autobiografia, poesia. Leggerei e comprerei tutto, proprio tutto, anche se Mimmo impazzisse completamente e decidesse di dedicare le sue notti alla scrittura di un…Harmony in camice bianco. Mai dire mai, ma qualcosa mi suggerisce che la mia attesa di un H.C.B a sua firma, potrebbe durare intere ere geologiche.

Confesso che non avrei letto il libro di Enrico se i due non si fossero conosciuti e frequentati. In genere non trascuro di occuparmi, anche se non sempre è possibile, o troppo entusiasmante, farlo in modo approfondito, di gente con cui è entrato in relazione, con cui ha condiviso esperienze, per il semplice fatto che anche questo è un modo per entrare nel suo mondo. Confesso anche che questo Che giorno sarà, uscito circa un anno fa per Kowalski, è stata una lettura piacevole. Enrico, artisticamente attratto da esperienze molteplici, ama mettersi in gioco, e non è nuovo a prove letterarie. Chi ne abbia voglia può entrare nel suo sito ed essere ampiamente informato su questo e altri aspetti, non ultima la presenza di un diario di bordo in cui intrattiene una comunicazione, anche su aspetti personali, con i suoi estimatori, certamente felici di ciò.

Che giorno sarà è la storia, raccontata in prima persona, di un cantante che sembrava promettere bene, e invece non riesce a ottenere il successo agognato. Dopo un esordio che gli permette di raggiungere una certa notorietà, una tournée con un gruppo variegato di tipi canori e umani che Enrico descrive molto bene, incontri con discografici, produttori opportunisti cialtroni e arruffoni, finisce col cantare stabilmente in un locale, senza troppe soddisfazioni. Canta canzoni di altri, il più delle volte, canzoni molto note perché il pubblico vuole quelle, e il più delle volte il proprietario del locale non gli concede lo spazio per più di due canzoni sue. Una di queste è proprio Che giorno sarà; da qui il titolo del libro. La gente gli fa delle richieste specifiche, vuole questa o quella canzone, in genere quelle più lontane dai suoi gusti. Detesta il momento della musica a gettone, non è certo felice di ciò che fa, ma è sempre meglio che alzarsi la mattina con la sveglia e muoversi dentro una mediocre routine da modesto posto fisso, che sembra disprezzare. Senza contare che si fanno molti incontri femminili, a fare il cantante o il musicista: insomma a leggere il libro, non solo per l’esperienza del protagonista, ma per diverse citazioni riportate dall’autore ascrivibili a notissimi e geniali artisti, la molla a salire su un palco sembrerebbe essere la possibilità, anzi la certezza di sedurre e conquistare con facilità estrema. Lo sanno tutti che così non c’è gusto: forse per questo si stancano prestissimo delle conquiste facili, in genere.

In fondo lui, Francesco Ronchi, il protagonista, è un artista (sull’uso e l’abuso di questo termine si potrebbe discutere a lungo), ha scritto delle belle canzoni per la maggior parte inedite, ha una cultura musicale notevole e gusti musicali raffinati, ma non basta: a volte vanno avanti certi personaggi senza grandi qualità, con scarsa o nulla cultura, musicale e non, semplicemente più fortunati o che hanno fatto gli incontri giusti o sono arrivati nel posto giusto al momento giusto. Questi tipi li analizza con ottimo senso critico, ne conosce le vanità e le debolezze, si sente superiore, li disprezza, ma per qualcuno prova invidia livorosa.

Dal punto di vista umano è un pessimo soggetto: beve come una spugna, qualsiasi cosa e in qualsiasi momento, arrivando a rischiare davvero grosso a causa di quello che potrebbe essere un piacere, ma diventa una compulsione smodata, si abbina a qualsiasi gonna disponibile si trovi intorno a lui, prende a calci in faccia chi lo ama, sfrutta la buona fede e le risorse economiche della madre. Sembra tenere molto all’amicizia, ma la calpesta senza ritegno. Sembra innamorarsi anche lui, forse, ma prevale la gratificazione narcisistica e il senso del possesso, il pretendere senza dare niente in cambio. A un certo punto entra nelle grazie di una cantante nota e capricciosa, tale Linda Love, che non ne ricorda una in particolare, di quelle realmente esistenti, ma è una specie di concentrato non so fino a che punto caricaturale, di divismo canoro femminile assai ben rappresentato.

Non so perché, ma io l’ho vista, questa Linda Love, mi è apparsa da subito con le sembianze di una cantante italiana che esiste veramente. Poveretta, magari oltre ciò che potrebbero suggerire le apparenze, ama stare a casa a lavorare ai ferri, o trascorre il tempo a preparare tortellini.

Il romanzo è diviso in capitoli ciascuno con un proprio titolo, introdotti da un aforisma di un personaggio noto, musicista, o scrittore, o filosofo, accuratamente scelti da Enrico.

Enrico, che ha in comune con il suo personaggio l’età e certi gusti musicali, parla di un mondo che conosce bene, che ha potuto vedere e analizzare con senso critico e disincanto. Gente come quella raccontata nel libro, ne hanno visto tanta, lui e Mimmo. Ricordo che in più occasioni Mimmo ha raccontato come, a unirli, quando si incontravano nelle famose trasmissioni televisive in cui li facevano cantare in playback, negli anni ottanta, sia stato un comune sentire, totalmente diverso rispetto a quello di molti loro colleghi, nel panico più totale in attesa, ad esempio, del posizionamento raggiunto nella classifica del festival. Di altre cose riguardanti la frequentazione e le collaborazioni fra i due non parlo di nuovo, perché non ho molto di nuovo da aggiungere alle notizie già riportate qua e là qui dentro, e anche perché non voglio scrivere un romanzo (che non ho nessuna intenzione di pubblicare). Basti ricordare che tra loro era e spero sia ancora, questione di affinità elettive.

Il romanzo non ve lo racconto tutto; non è tempo perso leggerlo, intanto perché è ben scritto, ben strutturato e anche dal punto di vista del pathos narrativo… (niente da fare, ho già detto troppo), e poi perché si legge in fretta, in autobus, in sala d’attesa, dove volete. Enrico è uomo di buone letture, e si vede. Di ottima cultura musicale, e si sa. Roba che su di me fa in genere colpo: ne sa un sacco anche di calcio, come è noto, e questo in genere su di me non sortisce alcun effetto.

Mi pare di ricordare che soffre un po’ se in giro non lo riconoscono. Chissà se anche lui, o anche Mimmo, (ma l'avrà letto, il libro, lui che non ama troppo la narrativa contemporanea, ma per gli amici si sacrifica volentieri?) talvolta mettono in atto un trucchetto, usato anche in altri settori, descritto nel libro. Succede così: il cantante dopo lo spettacolo si mischia al pubblico, chiacchiera di qua e di là, si mostra sorridente e cortese e poco dopo arriva un tale che lo guarda costernato ed esclama : “Dobbiamo andare, è davvero tardi.” Così il divo ha fatto la figura di quello disponibile e alla mano e invece non gliene frega niente, ma gli fa gioco che lo credano così. Ora che ci penso, quando Mimmo è venuto qui, si è avvicinato un tipo che lo ha guardato costernato e ha esclamato proprio così: “Dobbiamo andare, è davvero tardi!!!”

Enrico caro, non è mia abitudine, l’ho fatto solo con il tuo amico, (sarei morta se non l’avessi fatto, tornassi indietro non so se lo rifarei) ma se capiterà, in contesto opportuno - perché per strada scordatelo - mi avvicinerò, ti dirò che ho letto Che giorno sarà, che non c’è giorno che non ti rivolga un pensiero grato per Una vita che scappa, ma subito dopo, con una certa nonchalance ti chiederò: What about Mimmo? Sappi che lo farò, per cui, se vedi una anziana signora in costume sardo, piccola e vivace, con gli occhiali e i capelli argentati che ti punta, e non vuoi correre quel rischio, chiedi a uno dell’organizzazione di reclamarti, perché si è davvero fatto molto, ma molto tardi.

lunedì 6 febbraio 2012

CANTANTI-SCRITTORI



Non essere geloso se con gli altri ballo il twist,

non essere furioso se con gli altri ballo il rock:

con te, con te, con te che sei la mia passione

io ballo il ballo del mattone


Che giorno sarà, si intitola il libro di questo bravo cantante-scrittore, esponente non banale di una categoria sempre più diffusa.


Che giorno sarà stato oggi per Mimmo? Lo so: un giorno felice; è tornato tutto contento dalla Sicilia dove l'hanno stretto in un abbraccio collettivo così caldo e avvolgente, che quando è sceso dall'aereo e si è trovato in una città tutta bianca, non ha neppure indossato il cappotto. Una volta a casa ha spento il riscaldamento e acceso subito il computer, per ringraziare ed esprimere la sua felicità. Qualcosa è cambiato in questo signore, da un po' di tempo a questa parte, lo sento. Non perchè ringrazia, quello credo che in molti casi lo abbia fatto anche in passato; no, è che mi sembra un ragazzino con molta voglia di giocare, e che si lasci andare di più a esprimere ciò che sente. Se così è, a me sembra molto positivo.


Conquistato da un pubblico a sua volta conquistato da lui e dalla sua amata piccola band, come usa definire il suo piccolino che in genere lo accompagna al contrabbasso, ma suona tanti strumenti da poter essere da solo, quasi un'orchestra da camera, non una band.


Devo dire che mi ha fatto un immenso piacere percepire questo reciproco entusiasmo. C'è stato un signore che ha pubblicato delle bellissime foto di Mimmo e Matteo; alcune sono in bianco e nero e gli saranno piaciute molto, credo. Ce n'è una buffa e ho provato a indovinare cosa facesse: 1) Fischiettava Buoni propositi; 2) Mandava bacetti al pubblico, oppure istigava il pubblico a mandare bacetti, forse mentre cantava Pixi Dixie Fixi; 3) Gli andava di fare un po' di smorfie.


Concludendo questo piccolo scritto che mi è davvero sgorgato dal cuore, perchè se è contento il mio Cantante non posso che esserlo anch'io, rinvio altri pensieri ad un eventuale nuovo temino, in cui potrei parlare del libro dell'immagine, che ho letto, e di cui ho utilizzato il titolo per introdurre il pezzo. Troverò il modo per farci entrare Mimmo, dentro quel libro, anche se non c'è.


Infine lo rassicuro: i nostri balli del mattone saranno solo virtuali; gli voglio troppo bene per costringerlo realemente a un ballo pericolosissimo per l'incolumità dei suoi alati piedini.

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